Dagli Stati Uniti all’Albania, dall’Europa del Nord al Brasile, scopriamo insieme quali sono i termini utilizzati nel mondo per indicare gli italiani, e a quali pregiudizi si ricollegano.
Due secoli di massicce migrazioni hanno sparpagliato gli italiani ai quattro angoli del globo. Nonostante la retorica degli “italiani brava gente”, i nostri concittadini, come spesso accade agli immigrati in qualsiasi luogo e qualsiasi epoca, erano tutt’altro che ben visti nei Paesi d’approdo. A dimostrarlo, oltre alla Storia, le tracce linguistiche lasciate dal nostro passaggio.
Sì, perché in moltissime lingue del mondo sono stati coniati epiteti non proprio lusinghieri per definire e descrivere il popolo italiano. In gergo tecnico si parla di etnonimi, ossia termini impiegati per identificare specifici gruppi umani. Come è facile immaginare, quando gli etnonimi vengono assegnati a una minoranza da parte di un gruppo dominante, essi assumono spesso valore denigratorio, diventando veri e propri insulti etnici.
Quelli relativi agli italiani, indagati e raccolti tra gli altri dal giornalista Gian Antonio Stella, sono vari e numerosi, e testimoniano pregiudizi tutt’altro che scomparsi. Ma vediamoli insieme.
Insulti etnici contro gli italiani negli Stati Uniti
La storia migratoria degli italiani negli Stati Uniti è stata tutt’altro che felice, nonostante una certa retorica odierna cerchi di presentare i nostri connazionali come onesti lavoratori che non ebbero alcun problema a integrarsi (qui un riassunto di come andarono in realtà le cose). Ecco quindi come ci chiamavano (e, in parte, ci chiamano ancora) negli Stati Uniti:
WOP: diffuso ancora oggi, secondo alcuni sarebbe la sigla di with out papers, ossia “senza documenti”. Potrebbe anche trattarsi della storpiatura in lingua inglese del napoletano guappo.
DAGO: dal nome proprio Diego, considerato tipico delle popolazioni latine, o da dagger, pugnale, per via della fama di attaccabrighe e criminali attribuita ai nostri connazionali.
GUINEA: si riallaccia a un luogo comune molto diffuso in passato, secondo il quale gli italiani non apparterrebbero alla “razza” bianca; essi sarebbero più affini agli africani, per colore della pelle e presunta arretratezza culturale.
GREASEBALL: “palla di lardo” o “testa unta”, potrebbe riferirsi all’abuso di brillantina da parte dei giovani italo-americani, oppure alla loro scarsa igiene.
MOZZARELLANIGGER: “neri che mangiano mozzarella”, altro accostamento della popolazione italiana a quella afroamericana, tra le più discriminate negli USA.
GUIDO: nome proprio italiano, veniva usato per designare gli appartenenti alla manovalanza urbana italo-americana. È diventato sinonimo di individuo rozzo, spaccone, spesso maschilista e appariscente nel vestire.
Insulti etnici contro gli italiani negli altri Paesi
Gli Stati Uniti non furono però la sola meta delle migrazioni italiane. Ecco allora i termini diffusi in altre parti del mondo:
SPAGHETTIFRESSER: versione tedesca del classicissimo “mangiaspaghetti”. Particolarmente denigratorio per via dell’uso del verbo fressen, che più che “mangiare” significa “divorare”, ed è spesso associato agli animali.
RITAL: diffuso in Francia. Forse una contrazione di Réfugié italien, oppure una presa in giro della pronuncia italiana della r francese. Ad oggi sta perdendo il suo valore denigratorio, anche per via del suo impiego in opere di narrativa e saggistica.
CINCALI: usato storicamente in Svizzera, deriverebbe dalla parola “cinque” pronunciata dagli immigrati italiani durante il gioco della morra. Fortemente dispregiativo, è accostato per assonanza al termine “zingaro”, con riferimento al nomadismo degli italiani.
CARCAMANO: in Brasile, si riferisce all’abitudine dei commercianti di premere la mano sulla bilancia per aumentare il peso della merce. Rimanda al pregiudizio dell’italiano disonesto.
BRESHKAGJI: in Albania, da breshkë “tartaruga”, con riferimento alla pigrizia degli italiani.
BABIS: “rospi”, nella Francia di fine Ottocento.
MAFIA MANN: parola tedesca per “mafioso”.
DING: impiegato in Australia, indica il suonatore di campanello, e, attraverso un gioco di parole, il cane selvatico (dingo).
MACCARONI: un classico, presente in molti Paesi (Belgio, Slovenia, Paesi anglosassoni) con specifici adattamenti, per indicare i “mangiapasta”.
MAISER: coniato a Basilea, significa “uomo di mais”, “polentone”.
MESSERHELDEN: adottato nella Svizzera tedesca, significa “eroe del coltello” (ennesimo richiamo alla natura rissosa e disonesta degli italiani).
KATZELMACHER: Germania e Austria, etimologia incerta. Forse “fabbricante di cucchiai”, per indicare gli impieghi modesti degli italiani, o “fabbricanti di gattini”, con riferimento alla loro tendenza a fare molti figli.
PAPOLITANO o TANO: in Argentina, storpiatura ironica di napoletano.
BROSCAR: “mangiarane”, adottato in Romania.
Insulti etnici contro gli italiani… usati da altri italiani
L’Italia non brilla di certo per coesione nazionale. Il campanilismo è anzi un fenomeno ancora rilevante nel nostro Paese. E infatti non mancano, nei dialetti come nella lingua standard, termini dispregiativi usati per indicare altri italiani, frutto di altrettanti pregiudizi.
Oltre ai notissimi “polentoni” e “terroni”, ve ne sono alcuni che affondano le radici nella storia dell’Unità. Come quelli nati nelle regioni del Nord Est Italia durante il periodo della dominazione austriaca, quando gli altri abitanti della penisola erano a tutti gli effetti degli stranieri. Eccone alcuni:
REGNICOLI: indicava i cittadini del Regno d’Italia che si erano trasferiti nei territori controllati dagli austriaci. Era impiegato in senso dispregiativo anche dalla stampa italiana filo austriaca.
CIFARIELLI o CIF: altro nomignolo adottato a Trieste per riferirsi agli italiani. Il termine deriva dallo scultore napoletano Cifariello, che, nel 1905, si macchiò di un delitto d’onore, una pratica sconosciuta nell’ordinamento giuridico mitteleuropeo. Il fatto fu considerato l’ennesima prova dell’arretratezza culturale degli italiani.
TALIAN DE LEGNO: “italiani di legno”. In uso dopo la vittoria dell’Austria nella battaglia di Lissa (1866), in cui, come narra la Storia, “uomini di ferro su barche di legno sconfissero teste di legno su barche di ferro” (i combattenti italiani, appunto).
Pregiudizi sugli italiani: quando i nomi raccontano la Storia
I termini fin qui raccolti sono molto di più che semplici insulti: essi raccontano i pregiudizi sugli italiani più diffusi nella storia recente. Mafiosi, attaccabrighe, disonesti, terroristi; ma anche sporchi, poveri, ignoranti, sempliciotti; e al tempo stesso furbi, accaparratori, infidi.
Luoghi comuni che in parte abbiamo condiviso con altri gruppi altrettanto discriminati, e che colpiscono di continuo gli immigrati, in qualsiasi epoca e in qualsiasi luogo. Dietro la paura dello straniero, sembra quasi nascondersi un’altra paura, più insidiosa e sottile: la diffidenza per i poveri e i disperati, per chi non ha nulla, per chi vive di espedienti o lavora come uno schiavo, per chi non riesce a trovare un posto nella società. Italiani ieri, africani oggi, e domani, chissà.
Elena Brizio
Ill.ma Sig.ra Bruzzo
Le riporto altri tre nomignoli che, ancora quando ero io un ragazzino ( ho sessanta anni) venivano abitualmente usati a Trieste, la mia città natale, per indicare gli italiani:
BUMBARO: designava nella fattispecie i calabresi, ignoro da cosa derivi
CARABU’: indicava i carabinieri, non è solo una contrazione del termine carabiniere, l’accento sulla u deriva, probabilmente, o dalla provenienza sarda di non pochi appartenenti all’arma o dal tentativo, riuscito, di dare un’assonanza “africana” alla parola
MARINEL: usato sopratutto tra la popolazione del Carso, sembra che derivi da Marinelli, il cognome del primo soldato italiano a sposare, poco dopo la fine della Grande Guerra, una ragazza di lingua slovena, residente in quella zona. Esisteva anche una filastrocca popolare triestina che finiva con il verso “Stè tente mule mie che el marinel ve frega”, cioè “State attente ragazze mie che il marinel vi inganna”. Inoltre le segnalo che la frase italiani di legno viene usualmente pronunciata invertendo le sillabe diventando un incomprensibile “Lantai de Gnole”. Questa inversione sillabica era abitualmente usata, ovviamente con chi non era nè triestino nè proveniente da zone limitrofe, per rendere inintelleggibili ai forestieri ciò che si diceva. In particolare questa specie di criptolalia era utilizzata parlando con persone provenienti da zone dell’Italia differenti dalle Tre Venezie, non solo con gli italiani del sud, ne erano “vittime” anche toscani, romani e padani. E, sperando di non annoiare nessuno vorrei segnalare il termine genovese, e ligure in generale, di CABIBBO, che oggi indica il ben noto personaggio televisivo, ma che il Liguria è usato come sinonimo di Terrone. Deriva infatti dalla Cabila nordafricana, una sorta di clan familiare. Sempre in tema di Africa ho sentito spesso, nei confronti degli italiani del sud, il termine ASCARO in origine soldato delle truppe reclutate nelle colonie passato a indicare i meridionali. Ho trovato interessante il suo sito, ovviamente è libera di non pubblicare quanto ho scritto e di omettere passaggi che risultassero, a suo giudizio, ripetitivi o noiosi. Cordialmente Andrea
Grazie Andrea, commento preziosissimo se si è interessati al tema dell’articolo