La notizia la troviamo sul sito della Società Europea di Cardiologia, anche se lo studio viene dalla Cina, perché è sulla rivista scientifica European Earth Journal che è stato pubblicato.
La notizia la troviamo sul sito della Società Europea di Cardiologia, anche se lo studio viene dalla Cina, perché è sulla rivista scientifica European Earth Journal che è stato pubblicato.
I ricercatori guidati dal professor Zhe Zheng per la parte medica, col prezioso aiuto del professor Xiang-Yang Ji (capo del Brain and Cognition Institute nel dipartimento di Automazione presso la Tsinghua University di Pechino) per la parte informatica, hanno realizzato un algoritmo di deep learning (una branca del machine learning uno degli approcci all’intelligenza artificiale) in grado di individuare da foto del volto persone a rischio di cardiopatie coronariche (abbreviato in CAD dall’inglese Coronary Artery Disease).
Stiamo parlando di diagnosi da un selfie? Ovviamente no!
O meglio non esattamente. gli esami diagnostici non sono soppiantati ma uno strumento come questo può servire per una scrematura, utilizzandolo su gruppi a rischio, i servizi sanitari nazionali sono sempre in cerca di sistemi veloci ed economici per avere una prima indicazione.
In realtà almeno in questo primo approccio (il sistema ha bisogno di essere raffinato e di essere validato con prove su altre etnicità) non stiamo parlando di una sola immagine e tantomeno di un selfie.
Le foto dei volontari (ben 5796 in un primo gruppo e 1013 in un secondo gruppo) erano quattro per ciascun individuo e prese da infermiere, una foto frontale, una della nuca e due di profilo.
Non entro nei tecnicismi dello studio, che poco interessano i non addetti ai lavori, quello che è importante è che il tasso di predizione corretta dell’algoritmo ha raggiunto l’80% di reali patologie individuate ed è superiore a metodi precedenti di prima scrematura.
Ma come funziona la “diagnosi da selfie”?
Non si tratta di magia, le persone in effetti si portano in faccia dei segni che sono indicativi di possibili patologie cardiache ma per un occhio umano non è facile coglierli.
E allora vediamoli questi indicatori: diradamento e ingrigimento dei capelli, rughe, grinze sul lobo dell’orecchio, xantelasmi (depositi di lipidi sotto la pelle, spesso attorno le palpebre).
Secondo i ricercatori l’algoritmo dà ancora troppi falsi positivi causando ansie inutili, ma la solidità del loro approccio è tale che contestualmente al loro articolo ne è stato pubblicato un altro di accompagnamento firmato da due ricercatori di Oxford intitolato Selfies in cardiovascular medicine: welcome to a new era of medical diagnostics (ecco perché mi sono sentito in diritto di semplificare in “Diagnosi da un selfie” anche se abbiamo visto che per ora almeno si tratta di 4 foto prese da tutti i lati). L’articolo dei ricercatori di Oxford oltre a evidenziare tutte le potenzialità di questi strumenti di pre-diagnostica basati sull’intelligenza artificiale, mettono in guardia anche sui rischi per la privacy.
Gli autori dello studio concordano, sarà importante che questi tool siano usati solo in campo medico non in altri ambiti per dedurre informazioni riservate sulla salute delle persone, pensate per esempio l’uso che se ne potrebbe fare in campo assicurativo.
Roberto Todini