Il cinismo è una corrente filosofica nata tra il IV e il III secolo a.C. in Grecia, ma nel tempo il termine “cinico” e l’intera filosofia hanno assunto una connotazione diversa, più negativa
Oggi il cinismo è la nuova cultura imperante, tra le nuove generazioni e non. Con cinismo intendiamo generalmente quell’atteggiamento di ostentata indifferenza verso i valori sociali e morali condivisi, che è la millenaria evoluzione di una corrente filosofica nata tra il IV e il III secolo a.C. in Grecia, improntata a raggiungere la felicità e a vivere la vita secondo virtù.
Questa indifferenza generalizzata si incarna perfettamente nel tipo di comunicazione a cui ci hanno abituati i social network, che oscilla tra lo scherzo leggero e innocente e una desolazione di fondo molto profonda. A mero titolo esemplificativo, potremmo pensare alle svariate pagine Facebook che ci ricordano incessantemente i drammi della nostra epoca, quali le prospettive minime nel mondo del lavoro, il senso di precarietà e di sfiducia in sé stessi che ne deriva, la fluidità delle relazioni sociali, la psicosi dilagante
Quella dei social è una prospettiva cinica perché la discussione di questi argomenti si arresta a questi momenti di scherno, che non concepiscono la possibilità di trovare una soluzione o un miglioramento. I giovani non possono che accettare le condizioni precarie che il mondo del lavoro offre loro, oppure non accettarle ed emigrare. Andare dallo psicologo rappresenta ancora in buona parte uno stigma sociale e la gente non affronta le proprie inquietudini. Insomma, niente viene preso sul serio perché sembra non meritarlo, e l’unica via di sopravvivenza – e di difesa- è il cinismo.
Chi è il cinico, dall’Antica Grecia a…Gesù!
Il termine cinismo ha due probabili derivazioni: secondo una farebbe riferimento al ginnasio di Cinosarge, la sua prima sede; secondo la seconda, al termine greco kynes, che vuol dire “cani”.
Infatti il cinico nell’Antica Grecia è colui il quale non cerca di soddisfare bisogni inutili – quali la ricchezza, il potere, la fama – per raggiungere l’autosufficienza, il totale controllo su sé stesso, e vivere una vita secondo virtù. L’obiettivo del filosofo cinico è la felicità, proprio come nella maggior parte delle filosofie greche, tra cui quella di Epicuro. Il maggior esponente del cinismo era Diogene di Sinope (483 a.C- 323 a.C.), il quale predicava un ritorno alla dimensione naturale dell’uomo e il disprezzo delle convenzioni umane e dei bisogni superflui comunemente accettati. La sua posizione era così radicale che Diogene finì per essere al centro di numerosi aneddoti, si racconta persino che abbia vissuto sempre da mendicante, abitando in una botte, così come lo vediamo raffigurato nell’immagine.
Alcuni studiosi, tra cui Burton L. Mack e John Dominic Crossan, avvicinano la figura di Gesù al cinismo, perché ritengono che la regione della Galilea fosse un punto di incontro tra ideali ellenistici e tradizioni giudaiche. Inoltre, i primi scrittori cristiani – quindi parliamo del IV secolo d. C. – elogiano la povertà dei cinici e si servono della loro retorica.
Chi è il cinico, dall’età moderna a quella contemporanea
Nell’età moderna, e soprattutto a partire dall’800, si è andata affermando un’incredulità nella sincerità e nella bontà umana, e quindi la convinzione che gli umani siano tutti egoisti per natura. È una concezione che ritroviamo nel pensiero di Machiavelli, Hobbes e in cui iniziamo a riconoscere degli elementi di nichilismo, oggi più che comuni. Proprio la sincerità era una componente fondamentale degli antichi cinici, che praticavano la parresia, ovvero un’estrema franchezza nel dire tutto ciò che si ritiene vero, una trasparenza e aderenza tra idee e modalità di esistenza.
Possiamo dire che il cinico nell’età contemporanea sia ancor più radicale, in alcuni aspetti, del cinico dell’Antica Grecia: il distacco e lo scherno dalle illusioni comuni non è finalizzato all’autarchia, al controllo su sé stessi, perché anche questo è divenuto un miraggio nella nostra età, quindi il cinismo è la nuova cultura generalizzata, a metà tra una forma di prudenza e una conseguenza delle aspettative mancate.
Francesca Santoro