Siria: terra di soprusi e violenze. Una guerra civile crudele che coinvolge l’intero mondo. Amnesty International denuncia i crimini di guerra contro la popolazione attuati dai gruppi armati in rivolta contro il governo di Bashar al-Assad.
Da una parte c’è il regime di Assad, dall’altra i gruppi armati e gli oppositori, ma i fronti sono molteplici e le alleanze risultano fragili e pericolose.
I ribelli, sostenuti da vari stati quali Arabia Saudita, Turchia e Stati Uniti, combattono contro il governo di Bashar al-Assad, quest’ultimo cerca, con il sostegno della Russia e dell’Iran, di proteggere se stesso e il suo potere dalla rivolta interna e, al tempo stesso, eliminare dalla Siria i combattenti dello Stato Islamico, esso sembra essere il nemico comune di tutti gli attori attivi nella guerra siriana.
Una situazione frastagliata e complessa dall’esito imprevedibile.
Il fronte stesso dei ribelli risulta essere diviso in più fazioni, alcune più moderate altre più radicali, ma tutte traggono vantaggio dal sostegno di Stati potenti come Arabia Saudita e Usa.
Una guerra resta pur sempre una guerra, indipendentemente dal fatto che si stia combattendo dalla parte giusta o sbagliata, le violenze restano crudeli.
Crudeli come le azioni dei gruppi armati che, combattendo contro un regime ritenuto ingiusto e aggressivo, commettono essi stessi atti ingiusti e atroci.
Amnesty denuncia la libertà con cui questi gruppi armati commettono crimini di guerra senza che nessuno intervenga o protesti contro la palese violazione dei diritti umani.
Philip Luther, direttore del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International, sollecita con queste parole l’intervento di quei Stati che risultano essere in qualche modo complici di queste barbarie: “Gli stati che fanno parte del Gruppo internazionale di supporto alla Siria, tra cui Arabia Saudita, Qatar, Stati Uniti d’America e Turchia, devono sollecitare i gruppi armati a porre fine agli abusi e a rispettare le leggi di guerra e devono inoltre cessare di fornire armi o altre forme di sostegno a gruppi implicati in crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani“.
Dei cinque gruppi armati più radicali che, negli ultimi quattro anni, esercitano il loro controllo nelle province di Aleppo e Idlib, quello del Fronte al-Nusra sembra essere il più importante.
Esso è composta da jihadisti salafisti e sembra avere come obbiettivo quello di creare in Siria un emirato islamico, instaurando un governo fondato sulla shari’a (legge islamica).
Proprio questa posizione così rigida, accompagnata ad un’interpretazione estremamente ferrea delle legge islamica, porta il Fronte al-Nusra a perpetrare azioni violenti quali la tortura e le esecuzioni pubbliche.
Molti, tra giornalisti, media-attivisti, operatori umanitari e comuni cittadini, sono i testimoni che narrano le ingiustizie subite.
Chiunque si oppone o protesta contro l’operato dei gruppi armati rischia il rapimento, la tortura e morte; lo testimonia una giovanissima media-attivista: “Loro controllano quello che possiamo e non possiamo dire. O accetti le loro regole sociali o svanisci nel nulla. Negli ultimi due anni, quelli del Fronte al-Nusra mi hanno minacciato tre volte dopo che li avevo criticati su Facebook“.
Ma non è solo avere un’opinione è rischioso, anche essere ritenuti colpevoli di adulterio o essere considerati omosessuali comporta una condanna a morte.
Le sentenze capitali vengono emesse sommariamente senza l’intervento di alcun organo giudiziario e i prigionieri vengono uccisi in piazza sotto gli occhi della folla.
Tutto questo costituisce un’ evidente violazione del diritto internazionale umanitario, ma nessuno sembra esserne troppo preoccupato o interessato, nemmeno coloro che si definiscono protettori dei diritti e delle libertà di tutti gli uomini.