Il governo polacco annuncia la disdetta della cosiddetta “Convenzione di Istanbul” e promuove una nuova e ulteriore stretta contro la gender equality.
In seguito alla vittoria alle presidenziali del suo candidato Andrej Duda, il governo polacco annuncia che da oggi, lunedì 27 luglio 2020, verranno avviate le procedure per l’uscita del paese dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne.
La Polonia firmò l’accordo internazionale, conosciuto anche come Convenzione di Istanbul, nel dicembre 2012 e lo ratificò 3 anni più tardi. Al potere vi era il partito di centro-destra filoeuropeista di Piattaforma Civica, quest’ultimo rappresentato alle ultime presidenziali dallo sconfitto Rafal Trazskowski.
Alla luce di questa sconfitta, l’annuncio del governo appare come un forte gesto simbolico. La volontà è forse quella di sottolineare ulteriormente la forte presa di posizione conservatrice del paese, eliminando qualsivoglia piccola speranza di apertura progressista.
Lo stesso attuale presidente, Andrej Duda, nella sua campagna elettorale, aveva annunciato di non condividere ciò che compare scritto nella Convenzione di Istanbul. Il trattato risultava lontano dalla cultura nazionale e dalle tradizioni del paese.
È il ministro della giustizia Zbigniew Ziobro a dare l’annuncio. Ziobro descrive l’accordo come ideologicamente ispirato a concetti ideologici appartenenti alla “Lobby LGBTQ+”, dato che, nel trattato:
“si introduce il concetto di sesso socio-culturale come concetto opposto al sesso biologico”
Secondo Ziobro, la Polonia dispone già di leggi in grado di proteggere adeguatamente le proprie donne da episodi di violenza, domestica e non. La legge polacca sarebbe già sufficiente a tutelare in modo esemplare i diritti delle donne, rispondendo già autonomamente a tutte le esigenze imposte dalla Convenzione di Istanbul.
Aggiunge, inoltre:
“basta leggere le Sacre Scritture per sapere che non si picchia una donna, non occorre aderire ad alcuna convenzione mossa da ideologie distorte”
Le proteste
Nei giorni scorsi, non sono mancate le proteste. La voce delle donne polacche si è fatta sentire nelle piazze di oltre venti città del paese.
Tra queste compare Varsavia, già teatro di scontri tra attivisti della comunità LGBTQ+ e non. Infatti, in città – e ormai in quasi un terzo del paese – compaiono numerose “LGBT free zones”, ossia zone dichiarate libere dall’ideologia LGBT.
Secondo Marta Lempart, una delle organizzatrici della marcia a Varsavia, l’obiettivo del partito Prawo i Sprawiedliwość (PiS) – ossia Diritto e Giustizia – sarebbe quello di legalizzare la violenza domestica.
Solo pochi mesi fa, il PiS, in piena emergenza sanitaria, aveva presentato due disegni di legge per bandire l’educazione sessuale a scuola e per rendere illegale l’interruzione di gravidanza.
Alla luce di questi fatti, si possono comprendere i cartelli esposti da alcune donne durante la marcia di venerdì: “il PiS è l’Inferno delle donne”.
La disdetta della Convenzione di Istanbul sembra quindi essere solo l’ultima delle innumerevoli prese di posizione conservatrici della Polonia, un paese ormai stretto nella morsa di un’ideologia estremamente soffocante e tradizionalista.
Giorgia Battaglia