Il ghiacciaio alpino assume un misterioso colore rosa e non è un buon segno. I ricercatori: il fenomeno è causato da un’alga ed è stato rilevato nel ghiacciaio italiano. Non è pericoloso per l’uomo, ma accelera la fusione di neve e ghiaccio.
Il ghiacciaio alpino della Presena, fra Lombardia e Trentino, è spesso chiamato il “gigante delle Alpi” si trova a 3.069 metri sul livello del mare. È stato descritto come un “paradiso per tutti coloro che amano la natura, la storia e gli sport di montagna”. A causa delle crescenti temperature globali che sciolgono il ghiaccio sulle montagne, nel 2008 è stato avviato un progetto di preservazione.
Il progetto prevede l’impiego di enormi coperte di tessuto geo-tessile per proteggere la superficie ghiacciata durante l’estate. Mantenendola fredda e proteggendola dallo scioglimento. Sono oltre 100 mila i metri quadrati coperti, per un lavoro che riduce la fusione del 52%.
Tuttavia, nonostante gli sforzi, il ghiacciaio alpino affronta ora una nuova minaccia sotto forma di neve rosa. L’aspetto di questa tonalità rosata sarebbe dovuta dalle alghe unicellulari di diversa specie. Quali Coenochloris, Chloromonas e Chlamydomonas. Vivono nella neve e proliferano con lo scioglimento della stessa.
Nello specifico, sul ghiacciaio alpino, la responsabile di questa colorazione rosa, spiegano gli esperti, è l’alga chiamata Ancylonema nordenskioeldii. In Italia non era mai stata osservata ed è emersa prepotentemente quest’anno. Mentre fino a qualche anno fa era conosciuta la Chlamydomonas nivalis, presente un po’ in tutto il mondo.
Le alghe, appartenenti a questa specie, sono presenti anche in Groenlandia, nella dark zone. La loro origine è controversa, ma il colore rosa della neve, osservato su sezioni del ghiacciaio alpino della Presena, è probabilmente causato dalla stessa pianta trovata in Groenlandia. Secondo gli esperti l’alga non è pericolosa ed è un fenomeno naturale.
Biagio Di Mauro, ricercatore presso l’Istituto di Scienze Polari del CNR spiega che non solo questa alga è tipica dei paesaggi alpini, ma non è pericolosa ed è un fenomeno naturale. Qui trova l’ambiente perfetto per crescere quando le temperature si fanno più miti.
Un disastro ecologico
Questa specie di alghe microscopiche darebbe il colore rosa alla neve, senza essere pericolosa per l’uomo. D’altra parte, avrebbe conseguenze dannose sull’ambiente partecipando all’accelerazione del riscaldamento globale. La superficie bianca e luminosa di un tipico ghiacciaio alpino ha generalmente un alto albedo, il che significa che riflette circa l’80% della radiazione solare nell’atmosfera.
La presenza dell’alga, infatti, rende il ghiaccio più scuro, riducendone l’albedo, una proprietà delle superfici che quantifica la frazione di energia di radiazione elettromagnetica che viene riflessa e assorbita. Una superficie bianca, difatti, riflette tutte le lunghezze d’onda visibili. Mentre una scura le assorbe tutte. Quando il ghiacciaio non è più di colore bianco assorbe quindi più calore, favorendone così la fusione.
Indipendentemente dal colore, le alghe non aiutano i ghiacciai già in pericolo. Oscurano la neve, che assorbe più calore e si scioglie più velocemente. Nel corso di un anno, queste alghe potrebbero quindi aumentare lo scioglimento del ghiaccio del 13% . Un vero disastro ecologico.
I ghiacciai delle Alpi europee svolgono un ruolo importante nel ciclo idrologico, fungono da fonte di energia idroelettrica e hanno una grande importanza turistica. La futura evoluzione di questi ghiacciai è guidata dal bilancio di massa superficiale e dai processi del flusso di ghiaccio.Di cui quest’ultimo non è stato finora esplicitamente incluso nelle proiezioni regionali dei ghiacciai per le Alpi.
Secondo uno studio condotto nel 2019 si prevede che nel prossimo secolo, i ghiacciai perdano una parte sostanziale del loro volume. Mantenendo la loro posizione come uno dei principali contribuenti all’innalzamento del livello del mare. Nelle Alpi europee il ritiro dei ghiacciai avrà un grande impatto. Poiché i ghiacciai svolgono un ruolo importante nel deflusso dei fiumi e nella produzione di energia idroelettrica.
La principale causa di fusione del ghiaccio è dovuta dall’accumulo di “carbonio nero” generata dalla combustione di combustibili fossili. Ridurre significativamente la nostra dipendenza dai combustibili fossili è il modo migliore per impedire lo scioglimento del ghiaccio in luoghi come le Alpi e l’Artico.