Giulia Lamarca, 28 anni. Donna, psicologa, travel blogger, formatrice e molto altro ancora.
Il 6 ottobre 2011 Giulia rimane vittima di un incidente stradale. Da allora, la carrozzina è diventata la sua inseparabile compagna di viaggio, il suo modo di camminare nel mondo.
La diagnosi? Paraplegia incompleta.
Rimane in ospedale per nove lunghi mesi, durante i quali conosce anche l’amore, quello vero. Andrea Decarlini, allora studente di fisioterapia, diventerà poi suo marito. Il compagno di vita con cui condivide quotidianità e avventure in giro per il mondo.
L’incidente non è riuscito a toglierle il sorriso. Giulia ha raccolto tutte le sue forze e ha fatto della sua vita – con incredibile resilienza – una continua opportunità. È stata capace di riscoprirsi e reinventarsi, come dimostra il suo blog My Travels The Hard Truth. Inizia a viaggiare, dimostrando, così, che niente è impossibile se sei tu a volerlo davvero.
Giulia, avevi solo 19 anni quando la tua vita è cambiata per sempre. Prima dell’incidente, ti era mai capitato di soffermarti sul concetto di “disabilità”? Come è cambiato il tuo sguardo nei confronti del tema prima e dopo quel fatidico giorno?
I miei genitori fanno parte di una comunità che ospita, tra le altre, persone con disabilità. Quindi sì, prima del mio incidente ho avuto a che fare con il mondo della disabilità. Sono sempre stata di mente molto aperta e ho sempre avuto grande rispetto di questa categoria. Ovviamente, però, da quando mi ci sono ritrovata dentro la mia prospettiva è cambiata letteralmente. Oggi, quando incontro una persona con disabilità tendo a non adottare un approccio assistenzialistico. Questo perché mi rendo conto che dietro al suo fare le cose c’è un grandissimo impegno e una grandissima capacità di adattamento.
Come insegna la psicologia, i grandi traumi della vita ti segnano e riuscire a mantenere uno sguardo gioioso e propositivo non è per nulla scontato. Nella vita sei stata messa a dura prova, ma tu sei stata capace di raccogliere le tue forze e andare oltre. Oltre ai limiti che gli altri ti avevano imposto, oltre alle etichette e alle discriminazioni, oltre ai “no, questo non puoi farlo”. Qual è il traguardo di cui ti senti più orgogliosa in assoluto, quella volta in cui hai detto “finalmente, ce l’ho fatta”? Pensi che il tuo essere psicologa ti abbia aiutato ad affrontare tutte queste difficoltà e ti aiuti nella vita di tutti i giorni?
Sicuramente, Machu Picchu è stata quella meta che, una volta raggiunta, mi ha fatto esclamare “ce l’ho fatta”. Nella testa della gente è qualcosa di impossibile, ma noi, insieme, l’abbiamo fatta. Eravamo solo noi con le nostre forze e con quelle di chi incontravano sul percorso.
L’essere psicologa non credo mi abbia aiutato ad affrontare le difficoltà. Anzi, credo che se sono riuscita ad arrivare dove sono è perché ho trovato soluzioni creative e alternative partendo dai miei problemi reali, che in realtà è un po’ il contrario di quello che ti insegna la psicologia quando ti insegna a razionalizzare, ad analizzare bene i problemi, a programmare etc. Io ho fatto il processo inverso: non mi sono vista come una persona con disabilità, ma come una persona che doveva trovare un nuovo modo per fare le cose.
Dici spesso che sei una grande fan dell’ingannare la propria mente. Quando hai delle giornate no, in cui tutto sembra nero, cosa pensi/fai per “ingannare la tua mente”? Ti capita ancora di sentirti arrabbiata con il mondo, di sentire di non potercela fare? E a cosa ti dedichi per ritrovare la serenità che, invece, ti contraddistingue?
Le giornate no, quelle in cui sei arrabbiato con il mondo, capitano sempre. Non per ultimo, in questa quarantena abbiamo subito un aborto. È un momento molto difficile delle nostre vite! Ciò che mi aiuta molto quando mi sento così è “cambiare aria”, cioè recarmi altrove. Prendere del tempo per me e per chi amo, andare al mare, incontrare gente nuova etc… faccio di tutto per uscire dai soliti schemi abituali che la mente mi propone. E poi progetto, in una maniera tutta mia. Chiudo gli occhi e sogno e così facendo inizio a progettare dentro di me.
Ciò che più ti rende particolare e che ti distingue nel mondo dei social è che Giulia-personaggio non esiste. Mi spiego meglio: sui tuoi canali parli di tutte le innumerevoli passioni di Giulia, offrendo svariati contenuti, dai più seri (viaggi, vita di coppia, disabilità etc) ai più leggeri (sigle di cartoni animati, anime, serie tv etc). Qual è il messaggio che si nasconde dietro a questa scelta?
La mia grande sfida è questa: rieducare le persone ad essere se stesse. I social sono pieni di personaggi che dicono “io sono solo questo”. Sono una psicologa? Parlo solo di psicologia. Amo viaggiare? Parlo solo di viaggi etc. Invece, io credo che nessuno sia così. Ognuno di noi è bello perché esposto al cambiamento, perché costantemente interessato a qualcosa di nuovo, perché curioso… bisogna lasciarsi stupire dal mondo! È questo il messaggio che vorrei che passasse alle persone.
Hai raccontato che, dopo l’incidente, hai dovuto lottare con te stessa per accettare di poter essere amata realmente e in maniera così incondizionata da qualcuno. Andrea lo fa, ogni giorno. Andrea è quel “qualcuno” nel mondo, il tuo eroe e ciò che vi lega sembra essere indissolubile. Vi siete sposati da giovanissimi. C’è un motivo particolare dietro a questa scelta? Ti sarebbe piaciuto conoscerlo prima dell’incidente? Sarebbe cambiato qualcosa nel vostro rapporto? Avreste fatto qualcosa, insieme, che ora non avete modo di fare?
Io e Andrea ci siamo sposati giovani perché volevamo urlare al mondo il nostro amore. Secondo me, mettere quella firma, vuol dire tanto. Ti senti diverso. Credo che l’unico mio più grande rimpianto sia che Andrea non mi abbia mai visto, nemmeno una volta, prima dell’incidente. Mi piacerebbe che lui potesse avere anche solo un’immagine mentale di me più “completa”, come ce l’ho io. Perché quell’immagine fa parte di me. Tuttavia, non penso che il fatto di averlo conosciuto dopo l’incidente renda il nostro rapporto manchevole, anzi. Non sento la mancanza del “classico giro in bici”, perché ci sono moltissime altre offerte accessibili.
Una delle tue più grandi passioni sono i viaggi. Ad oggi, tu e Andrea vantate nella lista 5 continenti, 29 paesi, e più di 90 città visitati. Raccontaci un po’: qual è il paese che ritieni più accessibile a persone con disabilità? E quale quello meno? Secondo te, come cambia – se cambia – la percezione della carrozzina nei diversi paesi del mondo? Lo sguardo delle persone è diverso di paese in paese?
Il paese più accessibile è sicuramente il Giappone. Il paese meno accessibile è, forse, l’India. Però, bisogna dire che il discorso “accessibilità” è sempre piuttosto complicato. Ad esempio, Parigi potrebbe sembrare una città accessibilissima, ma la sua metro è tra le peggiori (a livello di accessibilità) che io abbia mai visto. Anche l’Italia dovrebbe lavorare molto su questo versante; qui c’è ancora molto la mentalità del “poverina”. Invece, quando sono stata nel nord Europa, i ragazzi nemmeno si accorgevano della mia carrozzina… mi guardavano per rimorchiare! Quindi sì, la percezione cambia di paese in paese ed è proprio per questo che le persone con disabilità dovrebbero tornare a viaggiare, ad avere fiducia in se stessi e a far valere i propri diritti.
Un’ultima domanda, quali sono i tuoi e i vostri progetti per il futuro? Quale sarà la vostra prossima “meta”?
Nel prossimo agosto, io vorrei riuscire a prendere il brevetto da sub. Andrea vorrebbe conseguire il titolo di “assistente per persone con disabilità”. Inoltre, io e Andrea vorremmo tanto diventare genitori. Siamo pronti a vederci cambiare. Un altro nostro grande obiettivo è quello del “Viaggio di Gruppo”: aperto letteralmente a chiunque, persone con disabilità e non. Questo perché il diverso è vincente, perché dove c’è spazio per una diversità c’è spazio per tutte. Ultimo, ma non per importanza, siamo progettando il “Giro del Mondo”. Stiamo cercando sponsor, partnership etc. Credo che il 2021 sarà il suo anno. Ci credo e ci spero.
Tutto questo – e anche un po’ di più – è Giulia Lamarca, la cui disabilità non ha mai impedito di guardare la vita con occhi di sfida, come dimostra il suo coloratissimo profilo Instagram. Per le persone con disabilità, viaggiare può essere incredibilmente difficoltoso, ma Giulia ci insegna ogni giorno come, talvolta, gli unici limiti esistenti siano quelli percepiti dai nostri occhi.
Giorgia Battaglia
Una ragazza, una donna ammirevole. Ha fatto bene a parlarne.
Che sia un esempio per tutti, perché difficoltà ce ne sono sempre, basta volerle affrontare e superare.
Grazie per il bell’articolo.
Un saluto,
Marina
Grazie, Marina!
Un saluto a te