L’Italia brancola nell’omotransfobia come non aveva mai fatto prima. È una nebbia fitta quest’odio. Nasconde i volti e libera le mani. Si dovesse approvare una legge per contrastarla, resterà sempre sotto la cenere il carbone acceso di un odio ormai sdoganato. E oltre quello, il sospetto che lo sforzo di mettere insieme le diversità, di ricavarne un popolo civile, aperto, moderno, sia naufragato nel fallimento.
Sono queste le parole con le quali il giornalista Simone Alliva apre il suo libro-inchiesta. Caccia all’omo. Viaggio nel paese dell’omofobia, edito da Fandango Libri, è un metaforico megafono grazie al quale si è alzato in aria un nuovo, potente grido contro il tarlo infestante dell’omotransfobia.
“Vento nero”, “paura che scatta”, “cultura diffusa, radicata e amorevolmente gestita”. Le sue mefistofeliche radici si sono infiltrate “sotto la pelle delle persone che la abitano”.
L’omofobia è una fiamma che si muove nelle nuove generazioni e trova legittimazione negli adulti. Una staffetta con passaggio di testimone. Una coscrizione obbligatoria di padri e figli. Una prova di virilità contro l’omosessuale.
Simone Alliva si fa portavoce delle vittime di quest’odio: gay, lesbiche, bisessuali, trans, tutti accomunati da “un bisogno vero di raccontarsi”.
Percorrendo il nostro Paese da Nord a Sud, ha ascoltato e poi raccontato le storie di violenza e disumanità – ma anche di coraggio – che vedono protagonista la comunità Lgbt, costretta a sopportare insulti, minacce, atti di bullismo, aggressioni e maltrattamenti di ogni sorta.
Raccolgo voci dai paesi, dalle frazioni, dai piccoli centri a ridosso delle città. Voci? Urla, piuttosto […]. Urla che esprimono tutte lo stesso dolore. Appartengono a migliaia di persone che, dopo aver sofferto a lungo l’isolamento, il pregiudizio, illusi dalla possibilità di cambiamento, si sono ritrovati addosso le mani di chi vorrebbe buttarli indietro nel tempo, rinchiudere negli armadi o nei manicomi […].
Le voci sono quelle di Salvatore, Laura, R., Desy, Lucia, D., Eugenio e di tante altre persone che ogni giorno devono lottare per essere accettate e rispettate, per trovare uno spazio nel quale poter vivere in tranquillità, libere dagli attacchi verbali e fisici. Le loro sono testimonianze cariche di sofferenza, paura, senso di solitudine e di smarrimento. Testimonianze che ci ricordano che dietro i fatti di cronaca si celano sempre nomi, volti, sentimenti.
Nomi, volti e sentimenti nei quali dovremmo provare a immedesimarci, oggi che soltanto una “virtuosa minoranza di italiani” è “ancora capace di mettersi nei panni degli altri”.
In Campania un uomo trans viene massacrato sul pianerottolo di casa con un bastone su cui sono stati conficcati tre chiodi arrugginiti. Colpi alla schiena e a una mano. Il vicino alza il bastone e poi lo sferra contro la carne di Alberto. E i chiodi penetrano sempre più a fondo. Non si ferma finché la moglie accanto non lo implora. La vittima rimane a terra in una pozza di sangue.
Caccia all’omo è verità priva di fronzoli e di veli, è impatto forte e necessario con una realtà descritta in maniera così cruda da poter sentire l’odore del sangue, il dolore delle ferite, la disperazione di chi viene perseguitato in quanto semplicemente e innocentemente sé stesso.
La realtà di un’Italia che dalle elezioni del 4 marzo 2018 cammina a passo di gambero, che ha invertito il processo evolutivo e corre all’indietro falcata dopo falcata. Un’Italia “che ha vissuto l’era delle grandi libertà sociali”, ma che oggi più che mai utilizza la parola diverso come movente per colpire e, perché no, uccidere.
Questo è un libro scritto per capire, per sapere cosa pensa una persona che ne ammazza un’altra senza conoscerla.
Poi per capire meglio basta fare silenzio e mettersi in ascolto. Dall’uscita dell’inchiesta “Caccia all’Omo” pubblicata sul settimanale L’Espresso, quell’Italia l’ho girata.
Sì, Simone Alliva l’Italia l’ha davvero girata. L’ha setacciata. L’ha ascoltata. Con le orecchie, ma soprattutto con il cuore. Ha dato nuovo fiato a voci soffocate, ha prestato attenzione a chi desiderava far sentire il proprio grido insonorizzato dall’indifferenza.
Vogliono raccontare cosa è successo. Non cercano titoli di giornale, ribalta, non cercano pietà, cercano comprensione, ascolto.
Sono persone che vogliono capire. Vogliono capire perché vengono costantemente ignorate dai media, come si esce da questo tempo. Tra Nord e Sud, non c’è tanta differenza. Lo capisci attraversandoli.
“Di città in città gli attacchi omofobi esplodono come mine a catena”. I dati parlano chiaro e i numeri preoccupano non poco.
In Italia casi di omotransfobia registrati soltanto nel 2019 sono 212 e due morti. In tutto il 2018 sono stati 211. Nel 2017 si contano 144 casi. Mentre nel 2016 la stima è di 109. C’è qualcosa che pulsa nell’anima di questo paese e fa paura.
Caccia all’omo non è soltanto un’inchiesta – nello specifico, la prima inchiesta che indaga la violenza omotransfobica in Italia – e non è soltanto un libro. È una possibilità di riflessione e presa di coscienza. Di risveglio. Di guarigione da una cecità diffusa e da una sordità dilagante.
È educazione alla comprensione del mondo che ci circonda e del momento storico attuale, ma anche di noi stessi. Ci permette di metterci in discussione e di attuare quel processo di estraniamento dal sé, dal prepotente io tutto individualista ed egocentrico, per compiere il miracoloso passo verso l’altro. Via i paraocchi: è ora di guardare oltre il nostro naso. Via i tappi dalle orecchie: è ora di ascoltare.
Questo libro non vuol essere niente di più di ciò che è: una finestra e uno specchio. Sulla vita delle persone Lgbt, su quello che è diventato il paese che ha dichiarato silenziosamente caccia aperta a fratelli e sorelle, figli e figlie. Insulti, aggressioni, morti sono una scia. Illuminano una grande domanda: in nome di cosa?
Annapaola Ursini