La Cultura sommersa, torna a riemergere con forza nel Presente. Grazie al lavoro di un istituto di ricerca francese, gli scavi effettuati nell’ultimo periodo a Pompei hanno riportato alla luce reperti incredibili: una tomba sannitica risalente al V secolo a.C., qualche oggetto d’oro, gli scheletri di alcuni fuggiaschi rimasti intrappolati durante l’eruzione e un forno, unico nel suo genere, che sarebbe molto probabilmente servito per fabbricare il bronzo.
Pompei torna a farci sentire che ha ancora molto da raccontarci, che, nonostante i crolli, gli scarsi investimenti e un afflusso minimo di risorse umane, resta uno dei luoghi culturalmente più affascinanti della nostra italica terra che documenta l’evento storico più disastroso per il Sud-Italia: l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
Una scoperta che andava approfondita, condivisa, ma soprattutto divulgata. Eppure, a parte qualche piccolo trafiletto su vari quotidiani partenopei, questo pezzo di cultura non è sembrato degno di balzare agli onori della cronaca o di avere il suo minuto di celebrità su qualche piattaforma social. Sembrano molto più interessanti dunque il topless della showgirl di turno o le vicende amorose dell’ultima coppia di “defilippiana” creazione, per non parlare delle notizie costruite ad arte per adescare il “populino” con riferimento a fantomatici delitti ad opera di immigrati e a continue lamentele contro il mondo della politica.
Non bisogna sforzarsi molto per notare che sia questo ciò che le principali fonti di notizie ci propongono, relegando sempre di più l’informazione, quella vera, e la cultura, quella seria, in soffitta. Chi vuole davvero sapere, deve fare da solo: cercare, scavare, proprio come gli archeologi a Pompei, tra miriadi di falsità e inutili scandali esibiti in prima pagina, per trovare qualcosa che valga la pena conoscere, sapere, leggere o vedere.
Alle letture sotto l’ombrellone si sostituiscono i selfie da spiaggia, le visite nei musei vengono soppiantate da maratone di serie-tv e provate a chiedere ad un adolescente di parlarvi di attualità: dovreste prima di tutto sperare che lo faccia senza farcire la frase di incommentabili “orrori” grammaticali. Ci affanniamo quotidianamente a lamentarci dell’economia, del lavoro, di uno Stato allo sbaraglio e continuiamo a non capire che le cose si cambiano a partire dalla base, che il vero nemico non è chi governa ma chi è governato. Combattere l’ignoranza a colpi di cultura e di istruzione, è questa la vera rivoluzione. Prima di pensare ad “aprire Parlamenti come scatolette di tonno” faremmo meglio ad aprire libri, ad imparare ad utilizzare grammatica e sintassi, a conoscere la nostra Storia e il patrimonio artistico incommensurabile che possediamo. Un bambino che sa, sarà un uomo che saprà. Saprà fare, saprà agire, soprattutto saprà scegliere.
“Con la cultura non si mangia”, tuonava qualche celebre uomo politico qualche anno fa. Eppure la cultura è indispensabile per creare un mondo in cui mangino tutti. Nel Paese in cui la cultura è nata, il nostro, oggi l’analfabetismo funzionale è pari al 47%, un dato allarmante e non è solo colpa delle catastrofiche riforme del sistema scolastico o dei mancati investimenti in campo culturale. La colpa è, in primo luogo, nostra. Noi, che condividiamo decine e decine di post sui social senza neanche leggerli; noi che non insegniamo ai nostri figli ad amare la lettura; noi che lasciamo vincere la fretta e scriviamo saltando le vocali ed esprimendoci con sigle; noi che non siamo più curiosi di sapere, di scoprire; noi che ci offendiamo se ci correggono, invece di imparare; noi che abbiamo bisogno di Benigni per apprezzare i capolavori della letteratura italiana che restano negli scaffali in bella mostra; noi che tolleriamo un sistema in cui domina chi ne sa di meno.
Alla fine del XIX secolo Paul Gauguin rappresentò le domande fondamentali della vita dell’uomo in un quadro: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. Il percorso dell’umanità era tutto lì in tre momenti nella stessa tela, conseguenziali, complementari, indivisibili. I reperti archeologici di Pompei ci dicono da dove veniamo. E senza sapere questo non possiamo né darci un’identità attuale, né futura. Allora dove andiamo? A quanto pare, verso una futura classe dirigente che opta per le foto simil-erotiche accompagnate da citazioni inopportune e verso una scarsa cultura che non mi stupirei qualcuno cominciasse a scrivere con la “k”.