Mentre alcuni governi stanno approfittando della pandemia per tornare indietro sulla lotta all’omofobia, le donne sono poco rappresentate negli organi decisionali nell’ambito della sanità. Il momento è giusto per ricordare Mariasilvia Spolato, grazie a un lavoro di alcuni storici dell’Università di Padova.
Un messaggio del mio relatore di tesi mi ha riportato alla mente Mariasilvia Spolato, scomparsa due anni fa, una donna da ricordare in pandemia. Di lei abbiamo già parlato in Ultima Voce. Le sue colpe erano essenzialmente due: essere donna ed essere lesbica dichiarata. Non era solo il regime fascista ad avere atteggiamenti retrogradi nei confronti delle donne, ridotte ad “angelo del focolare”, ma parte di questi atteggiamenti sopravvissero nell’Italia repubblicana. Nel 1948 (quando Mariasilvia aveva tredici anni) molti uomini consideravano la donna un essere a metà fra il bambino e l’adulto, tenuto conto della presunta debolezza fisica e psicologica e persino del tono della voce.
Le donne e il lavoro
Quando la dottoressa Spolato cominciò a insegnare matematica, tenere una cattedra per una signorina era considerato un mero passatempo prima di sposarsi. Persino la costituzionalista Carlassare perse il posto dopo il matrimonio. Se l’essere donna era difficile, ancora di più lo era dichiararsi omosessuali, sani non malati e liberi di amare chi si desiderava di più. Basti pensare che fino agli anni settanta fare violenza su una donna era un conto, fare violenza su una lesbica un altro. Come se fossero due categorie diverse, l’una umana, l’altra non del tutto umana. Per il superamento di questa assurdità dobbiamo ringraziare Mariasilvia Spolato, che purtroppo non ha potuto godere a pieno dei frutti della sua lotta, essendosi ritirata dalla vita pubblica.
L’omofobia e il virus
Ora il covid rischia di mettere a rischio alcuni dei suoi risultati. Si pensi alla Corea del Sud, dove i gay sono considerati più untori degli altri, dopo che uno di loro è stato trovato positivo. Oppure alle Filippine, dove un omosessuale contagiato ha dovuto subire umiliazioni sessiste e violenze, poi postate sui social addirittura da un politico. Il video è poi stato rimosso. In alcuni paesi, poi, ci sono ancora limitazioni per i gay che volessero donare sangue e il preziosissimo plasma. In Regno Unito, devono astenersi dai rapporti sessuali per tre mesi, in conseguenza di una vecchia legge anti-HIV, senza alcun fondamento scientifico.
L’idoneità alla donazione dovrebbe essere basata su una valutazione individuale, non sulle preferenze sessuali. Infine Orban ha approvato una legislazione anti-gender, dopo aver assunto i pieni poteri. Inoltre, le associazioni per i diritti civili giapponesi mette in guardia sull’uso della app di tracciamento. Certamente è necessaria, dobbiamo proteggerci, ma rileva le frequentazioni delle persone e queste frequentazioni possono rivelare le preferenze sessuali. Sarebbe triste e avvilente essere costretti a fare coming out da una app.
La missione di Women in Global Health
Un altro motivo per ricordare Mariasilvia Spolato è la scarsa visibilità delle donne in questo periodo. La fondazione americana Women in Global Health, attiva dal 2015, che si occupa di parità di genere sul piano sanitario, ha svolto alcune ricerche: solo il 10% dei membri della task force USA per l’emergenza sanitaria è donna e il 16% di quella cinese, nonostante la maggioranza degli operatori in prima linea sia femminile.
All’inizio dell’emergenza sanitaria si vedevano molte donne in televisione, ma man mano che la situazione si è fatta seria la partecipazione femminile è diminuita: adesso un solo esperto su quattro sul piccolo schermo è donna. L’operazione 50/50, lanciata dalla fondazione, punta a sfruttare tutta l’esperienza delle donne: mediche, virologhe, epidemiologhe possono registrarsi sul sito di Women in Global Health e mettere a disposizione le loro competenze.
Lungi dall’essere un livellatore, il virus ha accentuato disuguaglianze già esistenti, per questo ricordare Mariasilvia Spolato è tanto importante.
Cecilia Alfier