Di Otello Marcacci
Londra è stato il mio primo amore, come di tutti coloro nati negli anni sessanta che si ritrovavano a sognare della Swinging London a cavallo tra i settanta e gli ottanta.
La prima volta che ci sono andato è stato nel 1982, l’anno della maturità, quando, dopo essercela sudata con mesi di studio matto e disperatissimo io e il mio amico Carlo decidemmo che era l’ora di andare alla conquista del mondo. Avevamo diciannove anni e pensavamo ai grandi sistemi, a cambiare le cose credendoci invincibili. Prendemmo il nostro zaino e un folle pullman da Firenze e ci vollero trentasei ore per arrivare a Victoria Station con due fermate tecniche di venti minuti a Torino e a Parigi. in piazza Stalingrado.
Arrivammo che eravamo diventati due parallelepipedi umani.
Da allora ci sono stato molte altre volte e ancora oggi quando prendo l’aereo e con un’oretta e mezzo scarsa mi ritrovo nella terra di Albione continuo a stupirmi perché, per me, Londra è ancora quella delle 36 ore di viaggio per arrivarci. Insomma, uno dà per scontato che per andare a New York o Tokyo ci voglia un Boeing, ma London town persino nella mia maturità tendente alla vecchiaia no.
Perché Londra è Europa.
Credo che sia per questo che l’esito del referendum di qualche giorno fa che ha sancito la volontà inglese di uscirne mi ha toccato nel profondo. Mi sono sempre sentito un cittadino europeo rifiutando di andare a vivere negli Stati Uniti quando è capitata l’occasione e porto ancora dentro il sogno mazziniano di una comunità che riesca a superare i confini degli Stati sovrani. Ho accolto con grande entusiasmo la nascita della UE pur ben consapevole che ci sarebbero volute molte generazioni per riuscire a vedere quell’integrazione che auspico. Del resto popoli che si sono combattuti per millenni, infliggendosi l’un l’altro ferite profonde non possono che guardarsi in cagnesco, specie di fronte ai problemi che la grande crisi economica c’ha messo davanti. Ognuno di noi è stato abituato a guardare al proprio orticello e a pensare solo in termini micro economici e mai macro. L’uscita del Paese con meno vocazione europea è l’inevitabile conseguenza delle difficoltà a superare le barriere culturali che ci sono tra noi. Inutile far finta di niente. Che poi abbiano votato per il “Leave” proprio coloro che avranno più da perdere da questa fuori uscita è l’ennesimo paradosso di questi nostri tempi. Quando ero giovano esistevano le ideologie e le strutture politiche formate da partiti che incanalavano le rivendicazioni delle classi che rappresentavano. Oggi invece gli operai votano a destra e l’antipolitica sta mietendo vittorie su vittorie con la sinistra che è diventata solo terreno per sterili questioni di potere e il centro di cattolico non ha più nulla se si pensa in termini tradizionali.
Il voto inglese di uscita dalla UE non ha nulla di razionale, è anzi una cosa costosissima per loro più che per noi, ma se solo qualche anno fa il voto di protesta era limitato a manifestazioni di basso impatto nella vita di tutti i giorni stiamo assistendo a un’escalation che ha colto tutti di sorpresa. Il tanto peggio tanto meglio che sa tanto di fascismo e nazismo sta vincendo contro il buonsenso. Gli operai di Sunderland che hanno votato per il 62% per l’uscita perderanno nel giro di poco tempo il loro lavoro a causa dei mancati finanziamenti e incentivazioni europee eppure continuano a gioire rivendicando una gloriosa vittoria che sa molto di nazionalismo da quattro soldi buono per le partite di calcio e poco altro. Continueranno a sbandierare le loro bandiere ancora qualche mese poi si metteranno a piangere, ma nel frattempo hanno creato il dramma in tanti loro compatrioti che saranno in grandi difficoltà in tutti i posti dove si sono decisi a vivere. Conosco personalmente molti inglesi che vivono nella mia città che si sono svegliati una mattina stranieri in una Patria adottiva dove cominciavano a sperare di avere diritti di voto e di scelta. Saranno invece costretti a cambiare le loro abitudini e alcuni di essi persino a togliere il disturbo perché non avranno più le coperture legali e sanitarie che gli verranno negate. Follia? Si. Pura e semplice pazzia.
Il vero problema è che questo tipo di demenza è contagiosa. Il tanto peggio tanto meno, che fa molto Grillini e associati che hanno costruito il loro successo esattamente su questo assioma vergognandosene poi a distanza di tempo e anzi negando, oggi, di averlo mai incarnato, può arrivare a disintegrare non solo l’Europa ma la nostra identità nazionale. Ho visto la BBC passare interviste ai cittadini che alla domanda: Perché hai votato “leave”? rispondevano candidamente: sono curioso di vedere che cosa succederà adesso!
Ecco il mondo si è trasformato in un grande reality show. Una soap opera o una mini serie dove la differenza tra realtà e finzione non è più chiara.
La prima volta che sono stato a Londra, nel 1982, assieme al mio amico Carlo, ci obbligarono a passare i controlli della frontiera e della dogana e ricordo di aver pensato che era un mondo che avrei voluto combattere, quello in cui si chiede a qualcuno di dimostrare qualcosa per dargli diritti che sono naturali. Forse al tempo ero solo un povero ragazzotto che viveva nell’Utopia che si poteva davvero cambiare tutto quello e oggi l’uomo maturo sa che è cosa impossibile, ma so anche che forse qualche battaglia possiamo ancora vincerla.
Quindi miei cari inglesi
COME BACK ASAP WE LOVE YOU AND WE MISS YOU VERY MUCH