27 giugno 1980, il DC-9 Itavia partito da Bologna con destinazione Palermo, si squarcia in volo e cade tra le isole di Ponza e Ustica. Nessun superstite, a bordo c’erano 81 persone, 77 passeggeri e 4 membri dell’equipaggio. Dei 77, 13 erano bambini. Dopo la strage, si riuscirono a recuperare solo 42 salme delle 81 totali.
Le cause:
– Cedimento strutturale – Bomba a bordo – Missile – Collisione con un altro velivolo
L’unica ipotesi del disastro che quasi da subito è stata esclusa, è quella del cedimento strutturale dell’aereo o di parti di esso. La compagnia aerea Itavia, a seguito del disastro è stata costretta al fallimento anche per pagare le vittime. Ma, la compagnia aerea non c’entrava nulla e non aveva responsabilità alcuna. Più credibile invece l’ipotesi bomba. Il giorno dopo il disastro i NAR, il nucleo armato rivoluzionario dell’organizzazione fascista fondata anni prima da Pino Rauti, con una telefonata, rivendicarono la strage. A supporto di questa tesi, basti pensare che l’aereo era partito da Bologna, e che due mesi dopo, sempre nella stessa città, e sempre con responsabilità di gruppi fascisti appoggiati da apparati dello stato, ci fu la strage a Piazza Fontana. C’è da dire che all’interno della fusoliera del DC-9 furono rinvenute tracce di C4, esplosivo per assemblare bombe al plastico. Quattro mesi dopo la strage di Ustica, sui monti della Sila in Calabria, viene ritrovato un piccolo aereo libico, che aprì nuovi interrogativi. Nel 2007, Francesco Cossiga, che all’epoca dei fatti era presidente del consiglio, dichiarò che la strage poteva essere imputabile missile che l’aviazione francese avesse esploso per sbaglio contro il DC -9 , ma che in realtà era destinato ad abbattere un aereo libico, sul quale si credeva viaggiasse Gheddafi. L’ipotesi missile, diventa plausibile anche perché quella sera, e su quella rotta, c’erano aerei Usa e Nato in addestramento, tutti i radar che seguivano il DC-9 , hanno registrato anche l’intenso affollamento di quel tratto di cielo. Da registrazioni radio, emergerebbe che alcuni dipendenti preposti al controllo dei radar, scherzavano sul fatto che c’erano troppi aerei Usa. Così come è stato appurato per certo, che dopo l’esplosione in volo del DC-9, partì una telefonata all’ambasciata americana. Le esercitazioni, il traffico aereo, e il piccolo velivolo ritrovato sui monti della Sila, possono avvalorare anche la tesi di un impatto ad alta quota.
Tutt’ora, come nei più classici scenari delle stragi italiane, nonostante anni e anni di indagini e di udienze, non c’è ancora nessuna responsabilità da parte di nessuno , tutto a causa degli innumerevoli depistaggi e insabbiamenti da parte degli organi militari e dello stato, tanto che, anche gli inquirenti nel corso del procedimento penale, in una nota dichiararono : « Il disastro di Ustica ha scatenato, non solo in Italia, processi di deviazione e comunque di inquinamento delle indagini. Gli interessi dietro l’evento e di contrasto di ogni ricerca sono stati tali e tanti e non solo all’interno del Paese, ma specie presso istituzioni di altri Stati, da ostacolare specialmente attraverso l’occultamento delle prove e il lancio di sempre nuove ipotesi – questo con il chiaro intento di soffocare l’inchiesta – il raggiungimento della comprensione dei fatti .Non può perciò che affermarsi che l’opera di inquinamento è risultata così imponente da non lasciar dubbi sull’ovvia sua finalità: impedire l’accertamento della verità. E che, va pure osservato, non può esserci alcun dubbio sull’esistenza di un legame tra coloro che sono a conoscenza delle cause che provocarono la sciagura ed i soggetti che a vario titolo hanno tentato di inquinare il processo, e sono riusciti nell’intento per anni. »
Il 27 giugno del 1980 a Ustica non è successo niente…