La Legge Spahn è stata finalmente approvata. Ora le terapie di riorientamento sessuale sono vietate sui minori omosessuali.
Lo scorso venerdì 7 maggio è stata segnata una vittoria importante a favore della comunità lgbt tedesca. Proposto dal ministro della Salute Jens Spahn e caldamente sostenuta dalla cancelliera Merkel, il disegno di legge si propone a tutela degli omosessuali minorenni talvolta obbligati a intraprendere percorsi “curativi” di riorientamento sessuale. La legge prevede sanzioni fino a 30.000 euro per la promozione e la pubblicità e pene fino a un anno di carcere per coloro che vi costringono soggetti minorenni.
Soddisfatto il ministro della Salute Jens Spahn, apertamente gay e da sempre contro queste pratiche, da lui stesso definite come socialmente fuorvianti, poiché porterebbero a considerare l’omosessualità come una malattia. Non molto contenti il partito dei Verdi e della Linke, astenutisi dal votare una proposta poco coraggiosa, che ignora la tutela dei giovani adulti in un paese in cui si registrano tra i 1000 e i 2000 casi di cura all’anno. Alle critiche il ministro ha affermato:
I minori sono quelli costretti a terapie di conversione, quindi è molto importante che trovino supporto attraverso questa legge, un chiaro segnale che lo Stato non vuole che ciò accada.
Cosa dice la scienza?
Una pratica dalle tante denominazioni: conversione, riparazione, riorientamento, lasciando intendere che il soggetto da trattare sia contro natura. Il fine ultimo è il cambiamento dell’orientamento da omosessuale ad eterosessuale attraverso tecniche di trattamento comportamentale: terapia dell’avversione, psicoanalisi, preghiera e addirittura l’esorcismo. Alla base vi è la convinzione che l’omosessualità sia una devianza psicologica curabile, avvenuta in seguito a traumi come lo stupro, la violenza o ancora l’esposizione precoce alla pornografia. Lo stesso Freud, pregato da una madre disperata per il figlio, l’aveva dichiarata una devianza del complesso di Edipo non completato. In seguito egli ritrattò, dichiarando che non poteva trattarsi di vizio, di depravazione e tantomeno di malattia.
Le maggiori organizzazioni della salute in tutto il mondo sostengono che non esiste alcuna prova di una terapia che possa cambiare l’orientamento sessuale. Nonostante ciò, oggi esistono gruppi determinati a debellare l’omosessualità indesiderata. Hanno principalmente matrice religiosa, come il Movimento degli Ex-gay negli Stati Uniti. I componenti si ritengono dei veri e propri “guariti” pronti a creare una rete di supporto e consulenza.
La maggior parte di questi miracolati sceglie di condurre una vita di astensione per evitare eventuali ricadute, ma esiste anche una percentuale che riesce ad avere rapporti esclusivamente eterosessuali. Tutti i movimenti di supporto come Ex-gay si propongono come un aiuto, una scelta libera, compiuta consapevolmente. Tuttavia nel 2005, il caso di Zach Stark ha rivelato un lato controverso, quello degli adolescenti forzati dai genitori ad intraprendere il riorientamento.
La storia di Zach
La vicenda di questo ragazzo quindicenne del Tenesee inizia nel giugno del 2015, quando sul social MySpace riporta la propria esperienza di outing. Dopo pochi giorni, torna a scrivere sul blog informando di aver avuto un colloquio con i genitori. Delusi, lo hanno iscritto a Love in Action, un campo di fondamentalisti cristiani che aiutano i gay a ritrovare la strada di Dio.
Con un altro post Zach riporta in prima persona l’esperienza al campo: divieto di ascoltare musica, di indossare indumenti a maniche corte e avere contatti fisici con gli altri componenti se non una stretta di mano. Ognuno è costretto a tenere un diario con il resoconto dettagliato delle proprie giornate, letto durante gli incontri collettivi. Non esistono spazi privati, in bagno non si può chiudere la porta e restare più di 15 minuti. Le funzioni religiose sono obbligatorie, così come le periodiche ispezioni degli effetti personali.
Niente lieto fine…
Presto da MySpace la polemica si allarga, si arriva a un’indagine interrotta per la mancanza di irregolarità nel campo. Zach non può essere liberato, deve terminare le sue 8 settimane di prigionia sotto il direttore John Smid, convinto che il suicidio sia meno grave di uno stile di vita gay.
Zach non è che una tra le tante voci smorzate dalle volontà dei genitori, schiacciati a loro volta dalla vergogna di avere un figlio omosessuale. Una colpa resa tale da un mondo che ancora stigmatizza l’omosessualità per poi pretendere di curarla e indirizzarla a suo piacimento. La lotta contro questa discriminazione ha trovato con la Legge Spahn un nuovo alleato, schieratosi con paesi come Cina, Taiwan, Argentina e alcuni stati degli USA. In Italia su questo fronte tutto tace. Quanto dovremo aspettare per liberarci dall’influenza della tradizione cattolica e allinearci davvero sul fronte dell’uguaglianza?
Anna Barale