Non lamentare la tua fame: qualcuno potrebbe restarne traumatizzato.
Non urlarla: qualcuno potrebbe restarne infastidito.
Non allungare il tuo piattino vuoto: qualcuno potrebbe snobbarlo.
E non cercare di spiegare perché sei lì: qualcuno potrebbe non capirlo.
Non sostare davanti al supermercato: qualcuno potrebbe non aver monete. Per te.
Non sostare sul sagrato: qualcuno potrebbe non saper pronunciare preghiere. Per te.
E non sostare sull’uscio del Comune: qualcuno potrebbe non trovar soluzione. Per te.
Non stare allo scoperto quando piove: qualcuno potrebbe ridere dei tuoi vestiti fradici.
Non stare sotto al sole cocente: qualcuno potrebbe evitarti a causa di tutto quel sudore.
Non ripetere ad ogni passante che hai fame: qualcuno, distraendosi, potrebbe perdere di vista la strada verso quel rinomato ristorante.
E non azzardarti a pronunciar la parola ‘fratello’: qualcuno potrebbe risentirsene.
Non aspettarti nulla da tutta questa gente: potrebbe deluderti.
Non sperare che ti guardino senza pena né disprezzo né indifferenza: potrebbero non esser capaci di altri sentimenti.
Non credere che i guai tuoi siano i loro: potrebbero non tenerne lontanamente conto.
E non permetterti di sorridere ad un bambino: potrebbe essere uno shock per lui. Ma ancor più: potrebbe essere uno shock per i genitori spiegargli chi sei.
Non invocare alcun dio: potresti trovare arreso anche lui.
Non ricordare il volto di tua mamma e di tuo papà: potresti non aver le forze per sopportare il peso di una malinconia che la gioventù che ti passa accanto non scorge, non sente, non comprende.
Non aspettare il tuo felice domani: potrebbe non esser stato segnato sul calendario.
Non abbassare lo sguardo lo sguardo quando chiedi aiuto: potresti abituarti a farlo sempre.
E non presentarti sempre ed esclusivamente come uno che ha fame: potresti dimenticare il tuo Nome.
E forse, chissà, il prossimo o la prossima passante, potrebbe chiedertelo.