Di Stefano Mayorca
Cercando tra le innumere strade del Sapere al fine di rinvenire il “Misterium”, ci imbattiamo nell’Aurea ricerca della vera ragione ermetica e delle sue implicazioni di ordine iniziatico. Qui rinveniamo l’immagine rifulgente di una concezione cavalleresca che ben si attaglia alla struttura di un pensiero puro e incontaminato che sottende a una trasmutazione interiore. Trasformazione volta a rendere manifesta la sorgente immaginativa-creativa, deputata ai grandi cambiamenti e alla magia del fare. Se analizziamo determinate concezioni simboliche connesse con le armi rituali, ci renderemo conto dell’importanza di alcune di esse. Nell’essenza che contraddistingue la pulsione più intima, collegata alle energie sottili di ordine sessuale, scopriremo l’autentica fonte del potere interno. Fin dai tempi più remoti, la magia delle punte è collegata alla dispersione dei coaguli astrali e la spada, da questo punto di vista, è lo strumento elettivo che incarna la fiamma sapienziale, la purificazione, la difesa occulta e il fallo fecondante, in perfetta sintonia con quanto abbiamo detto circa le energie sessuali trasmutatorie. Non a caso, il fodero che la contiene è paragonabile simbolicamente all’utero, elemento lunare che deve essere fecondato. La sua lama tagliente e affilata, splendente e scintillante, riflette la luce del Sole e ne rimanda i bagliori. Il magista che ne impugna l’elsa entra immediatamente in contatto con le forze che si sprigionano dal metallo e dalle sue valenze marziali. La spada squarcia le tenebre interiori e spazza via i fantasmi ottenebranti che tentano di ghermire il Cavaliere-Iniziato. Lo protegge dalle concrezioni stagnanti sprigionatesi dalle tenebre interiori.
Spada e Croce
Il dualismo dell’arma Divina
L’elsa di quest’arma, come si può facilmente rilevare, forma una croce e assume per questa ragione valore spirituale e sacrale, divino e universale. La lama, come già detto, esprime potenza e pone in rilievo il potere delle punte. La spada di San Michele ne svela la componente ignea e mistico-ermetica. Allo stesso modo, San Giorgio che trafigge il drago evidenzia il carattere solare di questi archetipi in seguito cristianizzati. A proposito di San Michele, è interessante notare che i miti solari appartengono da tempi immemori a quel messaggio trascendente che indica il trionfo delle forze di Luce sul buio ottenebrante. Queste allegorie, che rinveniamo in tutte le civiltà del mondo antico, riflettono l’eterna lotta tra Luce e Ombra, tra il Bene e il Male. Vibrazioni squilibranti, individuabili nelle forze bestiali e destabilizzanti che cercano di sopraffare l’aspetto armonico del Creato e delle creature umane che anelano al Signore di Luce, l’autentico Principio generatore. Dietro il mito si cela la scienza, l’Arcano che addita con sibilline simbologie l’azione di opposte nature e di elementi contrapposti. Questa visione ermetica e per certi versi fautrice di una concezione arcaica che si perde nella notte dei tempi, la ritroviamo celata dal velame occulto nel complesso abbaziale di Mont Saint Michel (Francia), il cui edificio principale fu eretto nel XII secolo. Un luogo di potere già sacro ai Druidi con il nome di Mont Belaine, il Monte di Lugh-Belenus, il dio luminoso dei Celti, legato alla leggenda mitica di San Michele che trafigge il drago. Analizzando il racconto simbolico, ci rendiamo conto che la figura di questo eroe leggendario è assimilabile a Horus (mitologia egizia), a Zeus, ad Apollo, a Cadmo, ad Eracle, a Giasone (mitologia greca) e a Sigfrido (mitologia celtica), tutti archetipi che potremmo definire apportatori di Luce. In sintesi, Michele, arcangelo solare in perfetta analogia con Apollo, dio della luce, configura la sorgente luminosa che prevale sull’energia tenebrosa costituita dalla terra (materia pesante), incarnata simbolicamente dal serpente astrale (Ouroboros o Uroboros). Questa valenza negativa tuttavia viene attenuata da quelle energie cosmico-magnetiche (positive) che si sprigionano dal suolo. Non a caso, alcuni santuari dedicati a San Michele, e nello specifico Mont Saint Michel, sorgono su delle alture in prossimità del mare e all’interno di grotte; tutti luoghi utilizzati nei culti pagani allo scopo di sfruttarne le proprietà, anche terapeutiche, nel corso delle cerimonie di iniziazione legate alla Madre Terra. L’esoterista Maurice Guinguand a tale proposito affermava: “Le cattedrali dedicate a San Michele racchiudono peculiarità telluriche quasi identiche a Notre Dame, ma sono in grado di dominare in particolare le forze negative prima dell’autunno, prima dell’attacco dei draghi dell’inverno e delle forze nere, all’equinozio”. Il drago, dunque, riveste una simbolica oscura, rappresenta il temibile Guardiano della Soglia, il Signore della materia e Principe di questo mondo. La sua impronta energetica, incline alla più profonda negritudine, lo pone in antitesi con le forze della luce assumendo così il ruolo di divoratore delle energie luminose, colui che inghiotte la materia luminescente. Il drago è in intima connessione con le eclissi di Sole e, in virtù del loro carattere straordinario, rivestono valenze simboliche profonde, che hanno influenzato anticamente diverse civiltà e che hanno visto in questo fenomeno l’impronta di forze, di volta in volta maligne o benigne. Quando la luce viene occultata, reca con sé un elemento di oscurità che consente al regno del male di prevalere su quello del bene. Si tratta della immemore lotta tra questi due poli, la cui interazione è da sempre ritenuta indispensabile, infatti, dalla loro diversità si genera l’eterno equilibrio. Il regno delle ombre è stato raffigurato in tutte le culture come un luogo privo di luce, per questa ragione le eclissi di Sole esprimono un significato funesto, presagio di catastrofi o della morte di un monarca. Le eclissi, in poche parole, hanno dato vita a numerose leggende, superstizioni, miti e simbologie, a volte arcane. Un mito assai diffuso, la cui origine si perde nella notte dei tempi, vuole che durante l’eclissi un drago divori il Sole ma, come vedremo, l’immagine del drago appare anche in altre credenze. Gli antichi cinesi durante una eclissi di Sole cercavano di produrre un frastuono assordante, allo scopo di contrastare gli effetti nefasti del fenomeno e scacciare il terribile drago che aveva ghermito l’astro luminoso. Questo rito si avvaleva del supporto di tamburi, suonati con grande foga nel corso del fenomeno celeste, e di frecce che venivano fatte schioccare nell’aria. O ancora, si percuotevano fragorosamente alcune pentole. La valenza esoterica che compone la spada, nella sua accezione di arma fiammeggiante volta al bene, esprime giustizia, forza, spiritualità. Tra le varie benedizioni officiate attraverso il potere delle punte consacrate va segnalata quella chiamata “I Soccorsi Spirituali”, utilizzata per la benedizione delle case, delle stalle e di altri luoghi. Questa cerimonia particolare viene espletata con l’intenzione di mettere fine agli attacchi degli spiriti perversi e ai sortilegi oscuri operati da persone negative. La più alta e ascosa verità enunciata dalla spada è rinvenibile in Exalibur, la potente arma presente nella saga arturiana. Qui il simbolo diviene forza ermetica trascendente e conduce nei reami arcani del Segreto Incanto, in cui la dottrina aurea della spada fiammeggiante diviene Credo e il Cavaliere iniziato trascende la materia senza rinnegarla e si proietta oltre il tempo e lo spazio, al di là dei confini dell’Universo.
Spada e simbologia occulta
Quest’arma rituale si colloca nel contesto della simbolica occulta anche per la dualità che la contraddistingue. La sua azione nell’Invisibile si esterna a difesa dei pericoli insiti nella sfera sottile (astralizzata), ingenerati da esseri fantasmatici e larvali, la cui pericolosità è tangibile e l’influenza esercitata notevole. Protegge, dunque, da tutti quegli aspetti malefici e conferisce la vittoria sulle forze destabilizzanti della negritudine, a patto che coloro che se ne servono conoscano l’arte segreta per utilizzarla efficacemente. Come la fiamma che guizza, la punta del brando (dal franco brand, “tizzone” = spada fiammeggiante) rivolta all’insù rappresenta le forze benefiche e all’ingiù, invece, quelle che sono in opposizione all’iniziato e alla sua via. Delle magiche proprietà che la riguardano si parla nell’opera attribuita a papa Leone, il celebre Enchiridion, nella quale viene fornita una descrizione nel capitolo intitolato: “Orazioni contro tutti i pericoli”. Eliphas Levi ne delinea la composizione materica più consona affinché sia realmente attiva e potente: “Questa spada deve essere di puro acciaio con una impugnatura di rame, fatta in forma di croce, con tre pomi, o avente per guardia due crescenti. Sul nodo centrale della guardia, che deve essere rivestito di una placca d’oro, bisogna incidere, da un lato, il segno del macrocosmo e, dall’altro, quello del microcosmo. Sul pomo bisogna incidere il monogramma ebraico di Michael e sulla lama da un lato caratteri ebraici, dall’altro il monogramma del labarum di Costantino seguito da queste parole: Vince in hoc, Deo duce, ferro comite”. La magia delle punte riveste quindi grande importanza. Pensiamo, per esempio, al noto sigillo (o cifra occulta) di Cagliostro ornante il “Rituel de la Maconnerie egiptienne”, in cui è raffigurato un serpente trafitto da una freccia con la punta terminante verso terra. Il corpo del rettile forma una S e nella sua bocca stringe un pomo. Ecco la spiegazione che viene fornita proprio nel “Rituel”, nel capitolo conosciuto come Ricevimento d’apprendista della Loggia egiziana d’adozione: “L’albero di vita, di cui vedete qui l’immagine, è circondato dall’orgoglio, simbolizzato dal serpente, l’orgoglio, causa di sventura che, dall’elevazione delle nostre sublimi conoscenze, ci ha fatto cadere nello stato inferiore e tenebroso in cui noi viviamo. Il pomo è il simbolo del frutto proibito; ha prodotto tutte le nostre disgrazie: noi donne, abusando del nostro dominio siamo riuscite a far mangiare all’uomo il seme funesto di questo frutto proibito, ma questo stesso seme, per la grazia dell’eterno, diverrà un giorno il mezzo per riparare a questa perdita…”. In quest’ultimo passo Cagliostro si riferisce all’Antico Testamento, nello specifico a Salomone il quale, come spiega il Rituale, mostrò alla Regina Balkis questa immagine speciale. L’emblema, cifra o sigillo di Cagliostro da questo punto di vista, è riconducibile ai testi di Plutarco concernenti l’utilizzo di anaglifici – rappresentazioni puramente emblematiche – di norma usate dagli Egizi. Tali elementi cifrati non vanno confusi con gli jeroglifici, anche se sussistono delle similitudini per via del loro carattere prettamente simbolico. Non dobbiamo dimenticare inoltre, che il serpente nella sua veste occulta è presente in numerosi bassorilievi scoperti nell’antico Egitto. Anche a Roma, sia nella religione di ordine esoterico detta Mitraismo che nel contesto del culto asclepico (Esculapio a Roma), il serpente assume notevole valore e simboleggia la pratica oracolare. Asclepio era dio e patrono della medicina e il suo culto si officiava in una grotta presso Tricca. Qui l’entrata era segnata da una effigie serpentina. I santuari dedicati ad Asclepio, i cosiddetti Asclepiei, erano costituiti da una fonte o un pozzo circondati da un bosco sacro e dalla “clinica” chiamata adyton. È importante notare a riguardo che la freccia, la lancia o il brando che trafiggono la serpe indicano la sconfitta del Male, come nel caso della lancia che ritroviamo nella leggenda del Graal. Questa lancia, vista dal cavaliere perfetto simbolizza il rinnovamento che scaturisce dalla ferita inferta. La lancia di Achille, in proposito, aveva il potere di guarire le ferite che essa stessa infliggeva, come del resto quella del dio Marte con la punta rivolta verso il suolo. Nel comparto metaforico che riguarda le punte, in particolare la lancia, intravediamo una doppia simbolica: essa è l’arma che colpisce mortalmente, ma al contempo è in grado di conferire rinnovamento e rinascita per mezzo della sua forma acuminata che esterna, in virtù della sua matrice fecondante insita anche nella forma fallica, un potere germinativo. Ma ora torniamo alla spada. La sua natura più intima va posta in relazione con l’energia Kundalini (Candalì), forza ignea e serpentiforme che dorme ravvolta alla base della colonna vertebrale. L’elemento igneo la connette alla Shakti dell’Induismo tantrico e l’apparenta con la Shekinah, la Gloria del Signore. Questo aspetto femmineo è rapportabile a un fiore che sboccia nell’Albero Sephirotico, o Albero della Vita, il cui elemento simbolico è la rosa, spesso presente nell’impugnatura delle spade. La rosa rossa, in tal senso, è l’emblema di Hod (Gloria od Onore); bianca, di Netzach (la Vittoria); bianca e rossa, infine, di Malkuth (il Regno). Il fiore da noi analizzato, che riporta alla mente la forma di una coppa (il Graal), è assimilabile all’elemento femmineo passivo o sostanza plastica universale denominata Prakriti. La Rosa o Vergine Theokotos (Madre di Dio) è identificabile pure con la forza mistica o ente fluidico (doppio eterico). Come già spiegato, tantricamente la controparte femminea è detta Shakti, ma è conosciuta anche come Saraswati, Lakshmi e Kalì. Rileggendo gli atti processuali della Camera apostolica, legati agli interrogatori subiti da Cagliostro, possiamo comprendere meglio l’arcano custodito nel sigillo precedentemente descritto. Affermava in merito Giuseppe Balsamo, vero nome del grande alchimista: “Faccio gran caso del serpente con il pomo in bocca, che è la mia cifra, in quanto denota la causa del peccato originale e di tutte le nostre disgrazie; la redenzione di Nostro Signore Gesù Cristo l’ha trafitto, come noi dobbiamo sempre avere sotto gli occhi e nel cuore; infatti gli occhi e il cuore sono lo specchio dell’anima e ogni uomo deve essere sempre in guardia contro tutte le tentazioni del diavolo”.
Spada e Mistica pantacolare
La maggior parte degli elementi simbolici che si riferiscono alla difesa con la spada sono contenuti nella mistica pantacolare (da Pan = Tutto, da non confondere con pentacolare “penta” che al contrario indica un insieme costituito da soli cinque elementi). Cosa vuole esprimere la mistica menzionata? Possiamo dire che l’esoterismo sul quale la scienza o arte pantacolare si regge è antichissima e le sue origini si perdono nella notte dei tempi. La sacra scienza dei pentacoli dinamizza l’efficacia dei riti protettivi e richiama a sé certe forze universali connesse con specifiche deità e con il Principio creativo. Parlare di tale argomento è riservato esclusivamente a chi opera ed è veramente iniziato alla pratica magica, non sulla carta ma realmente, per mezzo di un rito consacratorio e iniziatico secolare. Nella sostanza, la tecnica collegata alla pentacolarità attiva si serve di un Dio del quale il cosmo è una diretta emanazione. Il pentacolo differisce dal talismano giacché in linea di massima può essere adoperato da chiunque, mentre il talismano è strettamente personale. Il pentacolo, in poche parole, è uno strumento volto a manifestare il suo contributo mediante la utilizzazione della legge ermetica di Corrispondenza. Il loro potere radiante, emanante una forza magnetica, li pone in corrispondenza con i circuiti magnetizzati che sprigionano onde di forma (onde emesse dalla forma delle figure geometriche). L’apporto dei versetti tratti dai salmi davidici ne potenzia l’attività. Essi presentano tra l’altro figure geometriche quali il cerchio, il pentagramma, l’esagramma e il quadrato, veri e propri veicoli di potenza che fanno capo a un complesso simbolismo in cui è inserita la spada. In uno di questi glifi magici è raffigurato un dragone con il corpo trafitto, al di sotto del quale è riportata, usando l’alfabeto convenzionale, la seguente frase estrapolata dal celebre salmo 90, v. 15 : “Super aspidem et basiliscum ambulabis: et conculcabis leonem et dragonem”. Tradotto vuol dire: “Tu camminerai sull’aspide e il basilisco e calpesterai il leoncello e il dragone”. Questo sigillo devia le manovre occulte poste in opera dalle forze oscure, dai demoni negativi, dai cattivi spiriti e dai nemici visibili e invisibili. L’altro pantacolo di cui parleremo è tratto dall’Enchiridion. In esso viene rappresenta la spada e la banderuola che ivi è riportata si snoda attorno alla lama. Sulla superficie della banderuola si leggono queste parole che Levi inserisce in modo più completo nella sua descrizione della spada rituale: “Deo, duce, ferro comite”. La sua traduzione significa: “Dio è il mio capo e la mia spada la mia fedele compagna”. La difesa offerta dalle punte ci ricorda che le energie che sono al suo servizio non dimorano sui piani visibili, ma riceve la forza dai piani di Causalità a cui possono accedere solo gli iniziati che hanno superato lo stadio connesso con il mondo degli effetti tangibili. “Iniziato” risulta essere al giorno d’oggi un termine abusato, mercificato da chi vorrebbe svilirne il senso più riposto, di colui che cerca, attraverso la menzogna e la mistificazione, di gettare ombre su chi si affranca dalla mediocrità, perché non sarà mai un predestinato. E la spada, quella rifulgente che vive e agisce nell’animo puro e incontaminato, non può essere impugnata dai tanti delatori dell’occulta sapienza, da coloro che offendono con le loro oscure azioni la Sacra Dottrina, il Vero Deus.