Scrivere a mano migliora la memoria e la concentrazione
In un’era sempre più digitalizzata, scrivere a mano è visto come un’inutile e faticosa perdita di tempo, un hobby per gli ultimi romantici. Persino alcuni scrittori hanno rinunciato a questo rito così caratteristico del loro mestiere, scrivendo direttamente al computer, altri invece preferiscono eseguire la prima stesura a mano, e poi ricopiare il testo al pc per inviarlo all’editore.
Invece diversi studi hanno confermato le sue abilità di migliorare la memoria e la concentrazione.
Una docente di neuropsicologia all’Università di Pavia, Gabriella Bottini, spiega a Repubblica: “Nello scrivere a mano, lo sguardo è puntato sulla mano che guida la penna sul foglio. La punta della penna è il luogo dove convergono sia l’atto motorio che quello visivo. Se scriviamo al computer, invece, la mano corre sulla tastiera ma lo sguardo è rivolto altrove, al monitor”; e prosegue: “Questa divergenza tra occhio e mano può penalizzare la memoria, perché diminuisce l’integrazione multisensoriale: se riusciamo a mettere insieme in una sola esperienza più stimoli di diverso tipo – visivi, uditivi, motori, tattili, olfattivi – allora i tempi di richiamo dei ricordi, e la loro qualità, possono essere migliori”.
Se pensiamo agli studenti universitari durante una lezione, questi si dividono in due categorie: quelli che prendono appunti a mano, e quelli che li prendono al computer. Prendere appunti al computer è sicuramente un processo più veloce e consente di trascrivere quasi parola per parola l’intera lezione, ma scrivere a mano, proprio perché è un processo più lento, costringe a selezionare le informazioni più importanti e trascriverle, permettendo di ricordarle meglio e di rielaborarle.
Secondo Dostoevskij la calligrafia è “la testimonianza delle qualità interiori di un uomo”
Nell’immagine di copertina troviamo uno degli “scartafacci” di Dostoevskij, che oltre a essere uno dei padri della letteratura russa, è anche un esperto calligrafo. Secondo l’autore di Delitto e castigo, la scrittura è la più sincera testimonianza dell’individualità di ognuno, perché a differenza delle idee non è manipolabile o influenzabile: la scrittura di ognuno di noi è semplicemente quel che è, un’espressione naturale della nostra unicità. Infatti solo con uno sforzo si può cambiare una grafia che si ritiene brutta, poco armonica, ma in origine sarà per sempre stata diversa.
Inoltre, secondo Dostoevskij la scrittura è parte stessa dell’opera d’arte, e infatti la conoscenza di questo autore non può prescindere dai suoi appunti e dai suoi disegni, che affiancano ogni suo capolavoro. A tal proposito, la filologia ci insegna che l’atto dello scrittore di scrivere la propria opera su carta, è già un atto di copiatura perché l’opera è prima di tutto nella mente, quindi il suo trasferimento su carta probabilmente non porterà all’opera così come era stata pensata. Per questo ci sono cancellature, rielaborazioni, indecisioni sulla parola più giusta da usare. Tutti questi segni dell’opera in fieri, in divenire, sono preziosissimi per il filologo, perché rappresentano le fasi che in successione portano fino all’opera completa, opera che può essere apprezzata del tutto solo conoscendo ogni suo scarabocchio.
Infine, scrivere a mano è un irrinunciabile esercizio di stile e di conoscenza di sé stessi, che bisogna continuare a intraprendere sin dalla prima infanzia: vogliamo privare le nuove generazioni della possibilità di riscoprire da adulti vecchi quaderni delle elementari, dove la grafia era ancora acerba, rotonda e sconnessa? Per poi confrontarla con la scrittura attuale, sicuramente più piccola e uniforme.
Francesca Santoro