Di Carlo Nesti
Lo sport è solo uno dei settori, sui quali l’impatto del Covid 19 rischia di essere tremendo. Ma è un settore importante, soprattutto nel momento in cui si spazza via un luogo comune.
E’ chiaro che l’universo mass-mediatico, nel 99% dei casi, documenta i danni inflitti allo sport elitario, ed in particolare al calcio iperprofessionistico. Sono a rischio i diritti televisivi, che alimentano il football di vertice più di ogni altra fonte di guadagno, con ripercussioni inevitabili sugli stipendi.
Ma sarebbe colpevole dimenticare lo sport di base, e cioè quello che coinvolge famiglie, scuole, centri sportivi, e centri di riabilitazione.
In particolare, soffermiamoci su quest’ultimo aspetto. Per tanti ragazzi e ragazze con disabilità, lo sport rappresenta una fondamentale occasione di socialità e di crescita. Per loro, l’isolamento comporta scompensi ancora più gravi, perché lo sport fa parte del percorso riabilitativo-terapeutico: una valvola di sfogo.
L’esempio degli atleti paralimpici, oltretutto, è trainante per l’intera società, se pensiamo ai momenti bui che hanno dovuto attraversare, dopo gli incidenti, paragonabili a quelli dell’umanità intera, colpita dal coronavirus.
Proprio grazie all’attività fisica e agonistica, hanno dimostrato la capacità di resilienza, che serve ora a tutti noi. Hanno dimostrato la capacità di rialzarsi da terra, come dovremo cercare di fare tutti noi.
Ecco perché il problema non è avere rinviato di un anno le Olimpiadi e gli Europei di calcio, ma garantire un sostegno economico anche a questa parte del paese, che merita di essere aiutata.
Il distanziamento fisico, al quale il Covid 19 ci ha chiamati, viaggia di pari passo con il rischio di un distanziamento sociale: i poveri ancora più poveri. Non dobbiamo togliere ai figli di quelle famiglie il diritto allo sport, come fonte di benessere psico-fisico.
Come ha scritto Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico:
“Dobbiamo lavorare perché lo sport non sia misurato solo attraverso il numero, che identifica l’incidenza sul Pil del paese, ma anche attraverso quel valore indefinito, che deriva dall’investimento sulle persone: sul capitale umano”