Anonymous, il più grande gruppo di hacktivist italiani si schiera contro il revenge porn su Telegram, promettendo vendetta alle vittime.
La settimana scorsa vi mettevamo a conoscenza dell’inchiesta che smascherava gli inquietanti retroscena dei gruppi di revenge porn su Telegram. Più di 50 mila partecipanti nascosti dall’anonimato avrebbero partecipato allo scambio non consensuale di foto intime, talvolta trafugate da profili Instagram, ma anche di materiale pedopornografico. A una settimana dalla chiusura di questo gruppo, dal nome emblematico “Scopo tua sorella 2.0”, la lotta non è ancora terminata.
Il sistema dei “gruppi di riserva”
Purtroppo infatti il ban dalla piattaforma serve a poco. Gli amministratori hanno escogitato tattiche che consentono l’associazione e la proliferazione di questi stupratori del web in tempi brevi. Alla creazione del gruppo principale ne viene fatto un altro ‘di riserva’, dove custodire il materiale ricevuto e a cui spetterà la nomina di principale quando il primo verrà individuato. Questo meccanismo lascia poche speranze alle vittime, intrappolandole in un circolo vizioso fatto di stalking e disperazione.
#OpRevengeGram
Tuttavia, il gruppo di hacker attivisti Anonymous Italia ha pubblicato un video schierandosi di fatto nella lotta contro l’abuso sessuale virtuale. In perfetto stile “V per Vendetta” gli hacktivisti chiamano alle armi tutti i possessori di smartphone per mettere fine a questa guerra. L’operazione #OpRevengeGram ha infatti come scopo quello di stanare amministratori e partecipanti degli stupri collettivi, attraverso le segnalazioni degli utenti Telegram. Inoltre sulla medesima piattaforma si sono creati gruppi di veri e propri cacciatori, come nel caso di “Stop Revenge su Telegram” che conta già 2900 membri.
E se la vittima fossi tu?
Nel frattempo però, sempre più persone scoprono di essere finite nella rete. Non importa infatti avere o non avere condiviso immagini intime con qualcuno, a volte a finire nel mirino sono le foto della vacanza al mare pubblicate su Facebook. Come agire quindi se si individua una condivisione non consensuale? Da aprile 2019 il revenge porn è reato, punibile con il carcere da uno a sei anni e multe fino a 15 mila euro, ma per poterlo provare non basta un semplice screen. Servono prove digitali che evidenzino la non manipolazione del reperto, attraverso chiavetta usb, link diretti o cd. Dopodiché è necessario affidarsi alle forze dell’ordine, polizia di stato oppure postale, senza dimenticare di ottenere supporto legale da un avvocato.
Fortunatamente si sta a assistendo a una vera e propria presa di coscienza riguardo a quanto la violenza possa essere reale anche se perpetrata attraverso uno schermo. La lotta contro il revenge porn è ancora all’inizio, ma ora le vittime potranno sentirsi forse meno sole.
Anna Barale