L’altro giorno Bruno Vespa ha attaccato le ong. Con un’acidità ed un cinismo davvero bassi: “Sono scomparse”, ha detto. “Anche se non ci sono tv internazionali, anche se non c’è risonanza mediatica, tornino a bordo…”, ha detto sorridendo. Quel sorriso malizioso, cinico. Rancoroso.
Ecco. A Bruno Vespa “risponde” questo signore qui, Gino Fasoli, che aveva 73 anni. Un prete francescano diventato dottore. Missionario per quelle “ong scomparse”, per Medici Senza Frontiere, per Emergency. Gino era in pensione da ben 4 anni. Ma quando è scoppiata la pandemia “a bordo” c’è tornato. A 73 anni è andato in prima linea a curare, a stare vicino ai malati di coronavirus. Così vicino da essersi ammalato. Così vicino da essere caduto sul campo.
Gino, oggi, non c’è più. È morto per fare quello che ha sempre fatto in vita sua: aiutare il prossimo. È morto da ex prete, da medico, da missionario di quelle “ong scomparse”. Quelle ong che senza visibilità non scendono in campo. È morto da uomo.
Nella sua vita, sta allora la risposta a Bruno Vespa. Ai tanti Bruno Vespa di questo paese, di questo mondo.
Così come nella sua caduta sul fronte, il loro oblio. Il loro cupo, tetro, infinito oblio. Che un giorno questi Vespa del mondo ce li farà dimenticare.
Buon viaggio Gino. Di te no, non ci dimenticheremo.
Non ci dimenticheremo mai.
Leonardo Cecchi