L’emergenza Covid-19 ha mostrato una volta per tutte l’estinzione del principio di coesione politica di fronte a emergenze e gravi minacce. Lo stretto legame tra politica e interesse particolaristico hanno nei decenni distrutto questo valore.
In questi giorni di preoccupazione generata dall’emergenza Coronavirus, social network e cronaca continuano a essere riempiti dalle provocazioni e dalle accuse contro l’azione del governo. Non solo la destra sovranista, a plasmare una strategia tutt’altro che costruttiva è anche il centrismo renziano.
Un quadro sconfortante che fa da cornice all’instancabile lavoro di medici, infermieri e istituzioni che stanno dando il 110% per placare la minaccia sanitaria. L’abbraccio tra politica e interesse, sempre più saldo negli ultimi decenni fa sembrare un miraggio lontano il valore di coesione tra i partiti che si identificano nei valori della Costituzione e dell’antifascismo.
L’antifascismo: presioso perno costituzionale
Se l’unità partitica sembra destinata all’estinzione, i valori dell’antifascismo resistono agli attacchi della destra sovranista grazie all’impegno di associazioni e volontari. L’accusa di divisività, impostata partendo da una tendenziosa narrazione della Guerra civile di liberazione, hanno contribuito a degradare proprio quel principio di coesione di fronte all’emergenza. La Resistenza contro il regime fascista fu basata sull’unione di tutte le organizzazioni partitiche bandite durante il “ventennio”.
La battaglia del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) per la liberazione di un Paese ostaggio della dittatura, portò alla definizione dei principi che animarono la Costituente. Dal Dopoguerra numerosi sono stati i tentativi eversivi di abbattere quel valore di unità e coesione. Allo scioglimento del CLN, con le amnistie concesse per unificare le identità di una nazione spaccata dalla Guerra civile, nacque nella sua interezza la Repubblica. Dal 1946 numerosi furono i tentativi di attacco e condizionamento della vita politica e sociale italiana. L’anticomunismo della Guerra Fredda e l’evoluzione della galassia nera creatasi attorno all’MSI, condusse alla completa assimilazione di quel ceto politico missino dentro il sistema berlusconista.
L’estinzione della coesione da Berlusconi al sovranismo
La storia repubblicana ha vissuto fasi di particolare instabilità politica e sociale. L’ascesa di Berlusconi e la definizione moderna dell’uomo solo al comando, hanno dato il via a un cambiamento nel fare e nel parlare di politica. La caduta dopo la trionfale vittoria del ’94 acuì la retorica della persecuzione da parte di avversari sleali. Negli anni 2000 l’ex presidente diede un’ulteriore svolta alla sua macchina mediatica, facendo penetrare prepotentemente concetti quali “garantismo” e “giustizialismo” nel dibattito politico. Un’azione compiuta a bassa intensità che cambiò lentamente i perni della dialettica tra partiti.
Fu proprio la caduta del cavaliere di Arcore nel 2011 a determinare la seguente rivoluzione nel linguaggio partitico di destra. Il parallelo incremento del disagio provocato dal rigore dell’Unione Europea, consentì in breve tempo la nascita di nuovi leader d’opposizione. Salvini e Meloni gettarono le basi per la definizione di un’immagine nuova per i rispettivi partiti, riuscendone quasi a eclissare il passato. Cavalcando la dirompente onda anti-europeista, tra gaffe e scelte comunicative, la “nuova” Lega ha raggiunto i banchi di governo sul tramonto del renzismo.
L’ostilità perpetua e l’emergenza
Ad accomunare il periodo berlusconista al sovranismo di Salvini e Meloni è la scelta dell’intreccio tra politica e interesse particolaristico al bene della nazione. Una scelta evidenziata specialmente dall’attitudine mostrata dai banchi dell’opposizione. Da settimane assistiamo a continui rimpalli tra il governo e l’opposizione sovranista sulla gestione dell’emergenza Covid-19. Una lotta serrata che non guarda in faccia l’estrema difficoltà provocata dal virus ed ha inglobato piani istituzionali locali. Le dichiarazioni di Fontana e Zaia, sempre critiche sulle azioni del governo hanno contraddistinto le prime due settimane di quarantena nazionale. Episodio altrettanto grave è stata la divulgazione della bozza di decreto ministeriale inviato alle regioni interessate dalla prima zona rossa. Divenuto virale in poche ore, il file provocò il panico in città come Milano, comportando l’assedio delle stazioni per evitare la quarantena.
Dopo settimane di contradditorie dichiarazioni dell’ex ministro degli interni Salvini, l’approvazione del decreto Cura Italia rischia di vedere peggiorare ulteriormente la strategia di opposizione. Il centrodestra in Senato ha minacciato di bocciare la manovra economica di supporto, mentre la Lega si è scagliata contro il Primo Ministro Conte, chiedendo una relazione in aula. L’ostruzionismo leghista rischia di allungare l’iter di approvazione in una situazione emergenziale che le forze di governo stanno valutando come gestire proceduralmente.
La coesione partitica in altri Paesi
Se l’Italia in questa emergenza può considerare estinto ogni valore che richiami l’attenzione di tutti i partiti al bene della nazione, lo stesso non si può affermare in Spagna. Nonostante i toni duri nei confronti del governo Sanchez per il contenimento del virus, Casado, leader del Partido Popular, ha appoggiato (non senza riserve) il piano di aiuti economici delineato dalla maggioranza. Un miraggio rispetto all’avvilente dibattito parlamentare italiano.
Il valore dell’unità nazionale può certamente essere un’arma a doppio taglio dando vita a tirannie della maggioranza. Negli Stati Uniti dopo l’attacco del 2001, l’appoggio di parte del Partito Democratico al Patriot Act, ha comportato l’entrata in vigore di cavilli giuridici che hanno permesso al Paese di spingersi oltre il limite di rispetto dei diritti umani nelle zone di guerra mediorientale. In altri casi come quello francese, la convergenza elettorale per arrestare l’avanzata del lepenismo ha garantito la sconfitta di quest’ultimo.
Nell’emergenza che stiamo vivendo, unità nazionale e coesione partitica sarebbero elementi importanti per superare al meglio una crisi globale, riuscendo forse a sensibilizzare l’intera nazione sul rispetto di regole fondamentali per il bene della collettività. Tuttavia l’Italia sembra aver estinto questo sentimento di unità, cadendo verso la decantazione del modello applicato dalla Cina per il Covid-19. Modello basato su presupposti istituzionali autoritari.
Fabio Cantoni