“Neruda, il poeta dell’amore e dell’impegno civile, Premio Nobel e comunista, più presente che mai dopo quattro funerali e tre riesumazioni, è stato ucciso?”
Punge più che mai l’interrogativo che Roberto Ippolito pone nel suo ultimo libro, Delitto Neruda. Nella sua inchiesta, pubblicata da Chiarelettere editore, lo scrittore ripercorre con lucidità gli ultimi giorni del grande poeta, per tentare di risolvere un enigma che resta in sospeso: Pablo Neruda è morto per cause naturali o è stato assassinato?
Neruda, l’uomo dell’amore e della patria.
Quelle sue poesie, scritte con l’irrinunciabile inchiostro verde, gli hanno valso il più grande riconoscimento letterario, il Premio Nobel, ma anche l’ostracismo di uno dei peggiori regimi totalitari della storia mondiale, la dittatura di Pinochet.
Quando le parole spaventano e l’intelletto terrorizza, l’unico modo per zittire una voce di risonanza internazionale è farla tacere per sempre.
Pinochet si è macchiato dei più gravi crimini contro l’umanità, molti dei quali sono rimasti irrisolti per mancanza di prove o testimoni, e Neruda sembra rientrare tra questi. Il poeta perquisito, maltrattato, ingiuriato. L’uomo a cui hanno incendiato libri, quadri, case e ricordi. Il paziente a cui, anche durante la corsa in ospedale, quel fatidico 19 settembre 1973, non è stato mostrato riguardo.
Pablo Neruda è stato sicuramente una vittima del golpe, morto con il cancro alla prostata. La domande di Roberto Ippolito, tuttavia, coglie di sorpresa: è morto per il cancro? L’intervento di terzi sembra essere cosa certa.
Infatti, Delitto Neruda si presenta come una vera e propria inchiesta. Il racconto è fitto di avvenimenti, date e resoconti in cui la vicenda umana e personale del poeta s’intreccia con la realtà storica. Personaggi importanti, amici letterati e politici, affollano la scena, testimoni di un passato illustre e di una fine silenziosa, accanto a Matilde, nella Clinica Santa Maria, a Santiago. In quella clinica Pablo esalerà il suo ultimo respiro. Nella stanza 406, al quarto piano. L’aero pronto per il Messico parte senza di lui.
Perché?
Quell’uomo, provato dalle notizie insanguinate del suo paese, febbricitante, ma pronto a rifugiarsi all’estero per dare voce ai soprusi, chiuderà per sempre gli occhi, all’improvviso. Le indagini e le testimonianze raccolte da Roberto Ippolito convergono tutte un’unica direzione, l’assassinio. Il golpe ha provato il poeta, ma è stato Pinochet ha premere definitivamente il grilletto o, in questo caso, lo stantuffo di una siringa. La pericolosità di Neruda per il regime era, ed è, più che ovvia. Troppe coincidenze sinistre lasciano poco spazio all’immaginazione e alle inutili “teorie del complotto”. Citare i molti altri poeti, scrittori e letterati che subirono un triste destino durante l’era del generale è d’obbligo. Roberto Ippolito ricorda di Vitorc Jara. Il suo corpo fu trovato senza vita e senza mani, così che non potesse più scrivere e suonare.
Tante sono state le brutalità di Pinochet e scoprirle è piuttosto difficile. Nonostante le richieste, le indagini sulla fine di Pablo Neruda vennero aperte soltanto nel 2011, a più di trent’anni di distanza.
Delitto Neruda è un libro che lascia ampio margine alla riflessione. E’ un libro che grida alla giustizia e che pretende la verità. Il Cile sta ancora lottando per liberarsi dai retaggi di una dittatura che l’ha straziato e dilaniato, l’ha privato della dignità e dei ricordi. Riuscire a dare una risposta all’interrogativo che da quarantasei anni resta insoluto sulla fine del grande Pablo Neruda è un dovere civico. La ricerca della verità è l’unico modo per allontanare quei fantasmi che faticano a scomparire.
Roberto Ippolito porta avanti un’indagine accurata e approfondita, recupera informazioni e dichiarazioni. Con poche parole riesce non solo a descrivere i fatti, ma a delineare quella personalità giocosa e ilare, quell’uomo pieno di vita, amante delle belle cose e dei buoni sapori, che era Pablo Neruda.
“La mia poesia non è né politica né amorosa, né metafisica; essa
rappresenta una logica fusione di tutti questi temi, di queste
sollecitazioni, come del resto avviene nella vita; è il ritratto
dell’uomo che io sono, della mia partecipazione diretta all’esistenza,
non solo come spettatore”Pablo Neruda, Conversazioni, 1972
Antonia Galise