Lo scorso 8 giugno il Parlamento ha approvato in via definitiva la modifica alla legge Mancino, che punisce la propaganda dell’odio razziale, con l’introduzione dell’aggravante del negazionismo.
Nel testo licenziato dalla Camera viene puntualizzato il profilo penale di chi fonda la propaganda razzista sul negazionismo cioè sulla negazione “della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” con la previsione di una reclusione da 2 a 6 anni.
La norma appena varata giunge al termine di un percorso cominciato almeno nel 2007, sull’esempio di altri paesi europei, in primis Germania, Francia e Spagna.
Infatti, polemiche molto serie hanno accompagnato la ricorrente proposta di stabilire per legge il reato di negazionismo ; e sebbene i protagonisti della discussione fossero gli storici accademici, non v’è dubbio che il tema rappresenta un motivo di spaccatura molto importante, e che questa norma rappresenti un punto di svolta per tutta la società.
Un problema “storico” : negare la Verità
La maggioranza degli storici è stata sempre contraria: ma appunto questo tema non è certo da confinarsi nelle aule dipartimentali.
Non a caso: la moderna scienza storica origina proprio dalle controversie, ferocissime quanto dotte, che opponevano i protestanti e i cattolici durante le guerre di religione. Libri, trattati, studi, orazioni, e memorie, in cui si analizzavano i testi sacri e che con l’ausilio delle tecniche della retorica avvocatizia, di quella politica, e di quella propriamente filosofica, cercavano di dimostrare se avessero ragione, in merito alla retta interpretazione della volontà di Dio, gli uni oppure gli altri.
E spesso la conclusione era l’esilio, la prigione, o il rogo, di chi “perdeva”. Anche i libri, naturalmente, venivano bruciati, in un anelito di purezza (purezza deriva da pyr, fuoco).
Questi dibattiti ebbero comunque il grande merito di incoraggiare la maturazione del metodo storico-critico : il metodo cioè alla base della storia come scienza, in cui la verità non è imposta ma si forma nel libero dibattito.
Alla fine, nel ‘700, la religione e la scienza si separarono, entrando in un’epoca diversa: in cui la discussione sul mondo naturale, e quella sul passato dell’umanità, è stata delegata in primis a un gruppo di specialisti – nel caso che consideriamo, gli storici di professione.
La legge sul negazionismo : un’assurda pretesa
E però sia lungi da me ritenere che di storia debbano parlare solo gli storici “certificati” – anzi, ciò sarebbe tanto assurdo quanto impossibile.
Chi decide cos’è storia, d’altronde? E che cosa sia “vera storia” ? Potrebbe farlo, per legge, solo lo stesso potere politico da cui la storia, per essere una scienza e non uno strumento di governo, ha dovuto emanciparsi.
Chi può decidere cosa sia assurdo (com’è assurdo, a mio parere, anche solo discutere la veridicità delle tesi tipiche del negazionismo)?
Se c’è qualcosa di assurdo, è proprio la pretesa di stabilire per legge l’assurdità.
Potrei decidere altrimenti, forte di una maggioranza parlamentare, che è assurdo credere in dio, o negli omini verdi con le antenne– ma sarebbe democratico? E che senso ha, stabilire qualcosa di intrinsecamente antidemocratico, quando pretendo di farlo in nome dei più alti valori democratici (come certo ritengono i fautori della legge che punisce il negazionismo).
Storia e Politica : una relazione incestuosa
Ha fatto benissimo Alberto Melloni su “Repubblica” a ricordare (come ogni storico ha il dovere primario di fare) che nel momento in cui la storia come scienza venne alla luce, essa soppiantò in veste di discorso laico e secolare l’antica teodicea : la disciplina che indaga sul male del mondo, chiamando in causa Dio.
La domanda delle teodicea era ed è : se Dio esiste, perché c’è il Male?
Dall’illuminismo in poi l’uomo, autoproclamatosi protagonista della storia universale, ha dovuto porre a se stesso la domanda: perché si fa il Male?
Quando la domanda sul male ha come sfondo il passato, è stata la storia a farsene carico.
In ciò, essa ha guadagnato un ruolo pubblico che le ha consentito di porsi da pari a pari, quasi in veste di contraltare, rispetto allo Stato.
Gli storici sono diventati dei “magistrati”, dei controllori, che presiedono un tribunale davanti al quale metaforicamente (ma non solo) chiedono di far sedere come imputati i detentori del potere “esecutivo”.
La storia è diventata un contropotere a tutti gli effetti – quindi a sua volta un Potere.
Ma per far ciò, la storia si è dovuta far carico della Memoria, ovvero della necessità che ogni comunità ha di stabilire per legge cosa ricordare, commemorare, celebrare, ritualizzare (una necessità politica, e imperativa).
Che cosa sia bene o cosa male, di nuovo, da ricordare.
Ma ciò, non è materia di scienza, e non è materia di storiografia.
Moralismo e mitologia della memoria (chiamiamole per ciò che sono!) hanno insomma fagocitato la scienza della storia – nel momento in cui, con la crisi delle ideologia, la comunità ha chiesto nuovi fattori di identità e di condotta etica. E quindi si è rivolta alla storia (domanda di storia e uso pubblico della storia, questo sono).
La legge sul negazionismo : nega le ragioni della Storia
Insomma, la storia, come un topolino, è uscita da un labirinto per ricacciarsi in un altro ancor più complicato.
Ma la storiografia non deve essere una camera di consiglio – ma deve essere una camera di riflessione.
Non certo distaccata dalla vita vera della società, chiusa nelle aule accademiche : ma costituire quella dimensione critica, e autocritica, in cui le braci delle polemiche e delle contese trovino una modalità di confronto che non sia quella della contesa dei tribunali – o delle tribune politiche!
E neanche, se possibile, quelle dei social network.
Non si tratta di vincere o perdere, stabilire torti e ragioni : la scienza mira a far vincere tutti, altrimenti non è tale.
I molti paradossi di una legge sul negazionismo
Si dirà che non è il negazionismo in sé ad essere considerato reato – come ho chiarito iniziando questo articolo- ; che il negazionismo è inesistente sul piano scientifico; che comunque viene punito, in seguito a una modifica durante l’iter della norma, solo se collegato alla propaganda razzista, e via dicendo.
Ma non direi che la questione così si risolva : anzi!
Chi può dire dove dallo sterminio si passi al genocidio, oppure no? E se questo sia quindi negazionismo?
Guardiamo esempi concreti : il primo che mi viene in mente è quello dello storico Bernard Lewis, autorevolissimo studioso del Medio Oriente, il quale ha subito un processo in Francia perché non riteneva di chiamare “genocidio” il massacro degli Armeni da parte degli Ottomani, cent’anni fa.
Non negava i fatti, badate bene: ma l’interpretazione.
Oggi la maggioranza degli studiosi la pensa diversamente su quegli eventi: e d’altronde, è ben noto che lo stesso Hitler, quando progettava la distruzione totale degli Ebrei (e non solo) rassicurava i propri gerarchi facendo presente, già in quell’epoca, “chi ricorda più il massacro degli Armeni? Il mondo dimentica”.
Un genocidio rappresentò forse il modello di quello, più sofisticato, che seguì.
Ma se Lewis non è d’accordo, è giusto che un tribunale lo sanzioni? Lo storico inglese ha dovuto pagare un simbolico euro di multa, ma ciò che conta è il principio.
E se io oggi sostenessi che quello degli antichi americani (gli Indios) non fu un genocidio: semplicemente perchè essi furono sterminati soprattutto a causa dei bacilli portati dagli europei, piuttosto che dalla violenza intenzionale di questi ultimi?
La maggior parte degli studiosi ormai è convinta di questa tesi ; ma un governo latinamericano potrebbe benissimo decidere che anche quello sterminio va “protetto” giuridicamente, e potrebbe imprigionarmi per negazionismo.
D’altronde, quasi dal momento in cui la categoria culturale e giuridica di genocidio è stata inventata (nel 1944), essa è diventata un’arma politica e propagandistica.
La Turchia, per dire, ha preteso di rinfacciare in modo analogo le violenze dei francesi in Algeria.
In Spagna, un governo potrebbe stabilire che quello promosso dai franchisti durante la guerra civile fu un genocidio – o viceversa, che lo fu quello dei repubblicani, e non il contrario. Uno storico, o magari un cittadino, perciò potrà essere accusato di propagandare l’odio, con l’affermare o negare una cosa o l’altra?
Passato un certo principio, una certa linea rossa, chi può garantire sino a che punto si arriverà?
C’è proprio la storia, a testimoniare che quando si fa delle idee materia da tribunale, prima o poi c’è il rischio che si faccia della carne umana materia da plotone d’esecuzione.
E chi si oppone ad Israele, in alcuni casi, non ha preteso di rovesciare su di esso la qualifica di nazista e genocidiario ?
Per dire : così non si va da nessuna parte.
La legge sul negazionismo : uno strumento autoritario
La storia ridiventa strumento di una politica, e una politica tutta nazionale – mentre proprio la Corte di Strasburgo incoraggia invece la libertà di espressione in questa materia.
La verità è che tutto questo, e a maggior ragione la tesi di chi crede che comunque “qualcosa vada fatto” per contrastare il negazionismo, nella società e su Internet ; per combattere il razzismo, il complottismo, e aiutare pace e integrazione ; e che tutto questo sarà d’aiuto ad una conseguente benefica pedagogia – la verità è che questa legge, a mio parere, dimostra una profonda sfiducia nella forza autonoma, intrinseca della cultura e dell’agire comunicativo.
E in definitiva: dimostra scarsa fiducia nella società, e quindi nella stessa democrazia.
Perchè senza fiducia nel popolo, nel suo progresso (persino di fronte ad evidenti prove contrarie), non si può aver davvero fiducia nella democrazia.
La norma in questione secondo me si inserisce in una dinamica di carattere autoritario : per cui cioè le decisioni ultime sulle diverse questioni, persino quelle culturali, debbano far capo ad un vertice, il quale solo possegga l’autorità. Cioè: la capacità di decidere auto-nomamente, mettendo a tacere o in un angolo i dissenzienti, disponendo un concreto potere d’agire e sanzionare.
E che la ragione di tale atteggiamento sia l’esigenza di “proteggere” la società, non è meno inquietante, anzi : come fra gli altri sottolinea un filosofo come Giorgio Agamben.
Il valore scientifico dell’errore storico: la legge sul negazionismo lo ignora
Esagero?
Può darsi, lo spero ; ma rimane, in ultimo, che proprio la storia è la disciplina che più di tutte ha saputo trarre dagli errori, le assurdità, i falsi miti e le false memorie, che costellano la trama dell’universale umana vicenda, elementi per meglio comprenderla e per meglio contrastare tali errori e aberrazioni (leggiamo Bloch, o magari Umberto Eco).
Cercare di ulteriormente soffocarle e spingerle in spazi clandestini, sotto la minaccia della Legge, non aiuterà a eliminarle. Forse proprio il contrario.
Capiremo meno perché, ad esempio, rimanga in circolazione un meme, un virus, un mito infame, come ad esempio quello del complotto ebraico (leggete Furio Jesi !).
Ben che vada : quella di cui parliamo (sempre che non rinfocoli il protagonismo vittimistico tipico dei negazionisti, e relative accuse agli ebrei che censurerebbero chi denuncia i loro mitologici complotti) sarà stata una legge superflua, una fra tante. E quindi comunque un altro “piccolo male”.
I danni della censura : attenti ai custodi della Memoria
Dall’altro lato, seguiamo il filo di un paradosso : negli anni 40, le numerose denunce del massacro degli Ebrei vennero respinte per varie ragioni, fra le quali che esse ricordavano, nella propria enormità, le bizzarre notizie corse durante la prima guerra mondiale, riferite all’uso da parte dei tedeschi di “macchine per riciclare cadaveri umani”.
La propaganda antitedesca durante il primo conflitto aveva inventato che i tedeschi usassero i cadaveri dei soldati nemici morti in trincea per ricavarne fertilizzanti e mangimi.
Tutto falso, si era presto saputo, e quindi poi le notizie della Shoah vennero bollate come un calco delle precedenti frottole. Inventate dalla propaganda di stato, contestabile solo a rischio di passare per traditori!
Ma, una volta introdotta la categoria dello “assurdo per legge”, un giorno potremmo vedere soffocare notizie apparentemente assurde, e invece magari veritiere. Il conformismo è dietro l’angolo, e solo la vera scienza può aiutarci nella distinzione di vero e falso.
Perché, se poi è successa davvero una cosa persino più assurda e allucinante delle “macchine per riciclare cadaveri”, chi può dire che cosa sia davvero “assurdo” da affermare, e quindi punibile per legge?
I tribunali? I quali si avvarranno poi dell’opera di periti, in questo caso “storici provetti” ?
Saranno questi i “custodi della memoria”, e quindi del Bene ?
Ma “quid custodiet ipsos custodes” ? Who will watch the Watchmen ?
ALESSIO ESPOSITO