Il 13 Febbraio 2020, come ogni anno, si celebra la Giornata mondiale UNESCO della Radio. Questa ricorrenza, fissata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 2012, ricorda la nascita, avvenuta nel 1946, dell’emittente radio delle Nazioni Unite. Ogni anno la giornata viene dedicata a un tema diverso. Nel 2020 è la volta della celebrazione della diversità e del ruolo che la radio ha nella promozione della comunione tra i popoli.
Il mezzo radiofonico inizia a diffondersi, a seguito della sua invenzione, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. Durante i regimi totalitari che hanno segnato l’Europa fin dall’inizio degli anni ’20, le radio vengono spesso usate per scopi propagandistici o come tramite per le comunicazioni tra i membri dei movimenti di resistenza. Solo nel secondo dopoguerra, però, iniziano le trasmissioni di emittenti gestite da entità sovranazionali, come la Croce Rossa Internazionale e le Nazioni Unite. L’importanza culturale della Radio delle Nazioni Unite, in particolare, è facilmente comprensibile, se si pensa che essa viene fin da subito trasmessa in 33 lingue diverse. Questo favorisce notevolmente la diffusione dei messaggi trasmessi.
Ci si potrebbe chiedere quale sia il senso di celebrare la giornata mondiale Unesco della Radio nel 2020, nell’epoca dell’immagine e dell’apparenza.
Se si vanno a vedere i numeri, però, ci si accorge che ancora oggi la radio è lo strumento di informazione e, soprattutto, di informazione libera da censura più utilizzato al mondo. Nei luoghi più remoti della terra, là dove la televisione non arriva o è maggiormente controllata, la radio è ancora un potente mezzo attraverso cui trasmettere messaggi di unità e comunione.
Anche se l’idea di un mondo senza televisioni ci appare lontano, però, non dovremmo faticare a comprendere l’importanza sostanziale del mezzo radiofonico.
Non in Italia, dove il peso che possono avere le parole consegnate alle frequenze radio ci è stato dimostrato, non molto tempo fa, da un ragazzo, poco meno che trentenne, che fondò una radio in un paesino sperduto della Sicilia per denunciare le mafie. Quel ragazzo era Giuseppe Impastato, il paese Cinisi e l’emittente prendeva il nome di Radio Aut. Essa divenne il megafono di una generazione che espresse se stessa trasmettendo la propria musica e gridando le proprie opinioni circa lo stato delle cose. Quelle opinioni furono in grado di spaventare i boss locali che risposero alle parole con l’unico mezzo a loro disposizione, la violenza, senza però poter fermare la forza di principi che, una volta espressi, avevano iniziato a cambiare le coscienze.
Ecco, forse, il vero senso della decisione dell’UNESCO di dedicare la giornata mondiale della radio 2020 alla celebrazione della diversità.
Forse, il motivo di questa scelta è che nel mondo dei social invasi da messaggi di odio e di astio nei confronti dei “diversi”, tocca ancora una volta alla radio farsi megafono di voci contrarie al flusso della maggioranza, di voci che invitino al rispetto reciproco.
Silvia Andreozzi