“Attenzione. E’ entrato un cinese”.
Quando il ragazzo ha ascoltato queste parole provenire dagli altoparlanti del supermercato nel quale era appena entrato, pronunciate da una delle cassiere al microfono, è scoppiato in lacrime.
Era lui il cinese a cui “fare attenzione”. Lui. Che ha sentito all’improvviso tutti gli occhi di quel supermercato di Agrigento addosso, lanciati come dardi. E non poteva crederci.
Visualizza questo post su Instagram
E’ scoppiato in lacrime, ma ha continuato a fare la spesa.
Perché non ha nulla di cui vergognarsi. Perché non ha nulla che possa rappresentare un pericolo per gli altri. Perché non ha fatto nulla di male. Perché non ha alcun virus.
E per conservare la sua dignità.
Una dignità che invece perde, giorno dopo giorno, chi abbandona la ragione per la psicosi, chi fa coincidere un intero popolo con una malattia. Chi smette di temere un virus, per temere un’intera fetta dell’umanità, condannata dal tribunale del popolo ad essere infetta a prescindere.
Siamo arrivati alle cassiere che annunciano l’ingresso dei cinesi. I negozi si svuotano. I ristoranti si svuotano. In uno solo di questi, a Roma, il “Monica Lee”, l’intero personale è stato lasciato a casa per mancanza di clienti. Dodici dipendenti. Tutti italiani.
Perché il paradosso della follia, alla fine è anche questo.
E sogno quel giorno in cui, stando al supermercato, sentirò dagli altoparlanti una voce avvertire i clienti: “Attenzione, è entrato un razzista ignorante”.
Emilio Mola