Kobe Bryant è morto poche ore fa in un incidente in elicottero, nell’area di Calabasas, in California. Tra le vittime anche sua figlia Gianna, di 13 anni. Lo schianto è avvenuto intorno alle 10 del mattino locali (le 19 in Italia).
(Le prime immagini dopo il tragico incidente)
La notizia della morte di Kobe Bryant, scioccante per tutto il mondo dello sport, è stata data dal sito tmz.com e fonti della polizia locale hanno confermato l’incidente, senza però diffondere notizie sull’identità delle vittime, in un primo momento. Kobe Bryant aveva 41 anni. Lascia la moglie e tre figlie, di cui la più piccola nata lo scorso giugno. La secondogenita, Gianna, è purtroppo tra le vittime dell’incidente. Le prime testimonianze ipotizzano che la nebbia possa essere tra le cause dell’incidente. Sul luogo dell’incidente sono subito giunti i vigili del fuoco, ma l’elicottero ha preso fuoco immediatamente dopo lo schianto e per i cinque passeggeri non c’è stato nulla da fare. L’incidente è sotto indagine, per determinarne le cause e la dinamica.
Una carriera inimitabile
Si era ritirato nel 2016, dopo una carriera costellata di successi e di record. Vent’anni sui campi della NBA, tutti con la canottiera dei Los Angeles Leakers. Il primo a disputare venti stagioni tutte con la stessa maglia. Con la squadra californiana ha vissuto trionfi – 5 titoli NBA – e anni difficili, rimanendo sempre al suo posto e guidando la squadra. Considerato uno dei più grandi giocatori di basket di tutti i tempi, Kobe Bryant era più di un campione. In California lo considerano una leggenda. E per tutto il mondo del basket è stato un mito. Il suo ultimo campionato è stato un lungo farewell tour: dalle tribune di tutti gli stadi, anche da quelli delle tifoserie storicamente rivali dei Leakers, piovevano solo applausi per lui. Fino alla partita d’addio, il 13 aprile contro gli Utah Jazz, in cui segnò 60 punti. Uno dei suoi tanti record. Dopo il suo ritiro, i Leakers hanno ritirato entrambi i numeri indossati dal campione, l’8 e il 24.
Anche con la nazionale Kobe Bryant si è tolto più di una soddisfazione, vincendo l’oro olimpico nel 2008 a Pechino e nel 2012 a Londra. E il mondiale giocato in casa nel 2007.
Per il suo talento e la sua professionalità, tanti sportivi – cestisti e non – lo hanno definito come un modello a cui ispirarsi.
Dall’Italia all’Oscar
Kobe Bryant è vissuto in Italia tra i 6 e i 13 anni, al seguito del padre, anche lui giocatore di basket – militò a Rieti, Reggio Calabria, Pistoia e Reggio Emilia. In Italia Kobe ha mosso anche i suoi primi passi sotto canestro. Una circostanza che lui stesso definì importante per la sua formazione di giocatore, per unire lo stile di gioco europeo a quello americano.
Il giorno del ritiro lesse la lettera di addio per il mondo del basket. Da quella lettera il regista Glen Keane ha tratto un cortometraggio d’animazione intitolato “Dear basket“. Che ha vinto l’Oscar nel 2018.
Il cordoglio del mondo sportivo
In queste ore tutto il mondo dello sport e non solo sta testimoniando il proprio sgomento davanti alla notizia. I suoi compagni ed i suoi avversari sul parquet, ma anche tanti altri sportivi, personaggi dello spettacolo e fans. Tra loro anche l’ex Presidente Barack Obama, che su twitter ha scritto: “Kobe è stato una leggenda sul campo da gioco e aveva appena iniziato quello che sarebbe stato un secondo atto della sua vita altrettanto pieno di significato“, unendosi al cordoglio della moglie Vanessa e del resto della famiglia. E degli sportivi di tutto il mondo che hanno amato le sue gesta.