Quando finisce una storia d’amore la cosa forse peggiore da pensare è che siamo stati con una persona che ci sembrava diversa da come si è rivelata. Ci sembra di aver conosciuto un’altra persona. La delusione può essere forte, la fiducia può venire tradita. È questo uno degli indizi che l’amore debba basarsi su una profonda conoscenza reciproca?
Essere sé stessi
E lei: – Tu non credi che l’amore sia dedizione assoluta, rinuncia di sé…
Era lì sul prato, bella come mai, e la freddezza che induriva appena i suoi lineamenti e l’altero portamento della persona sarebbe bastato un niente a scioglierli, e riaverla tra le braccia… Poteva dire qualcosa, Cosimo, una qualsiasi cosa per venirle incontro, poteva dirle: – Dimmi che cosa vuoi che faccia, sono pronto… – e sarebbe stata di nuovo la felicità per lui, la felicità insieme senza ombre. Invece disse: – Non ci può essere amore se non si è sé stessi con tutte le proprie forze.(Italo Calvino, Il barone rampante)
Questo breve scambio di battute tra Viola e Cosimo ci lascia quasi un senso di amarezza. Speriamo che Cosimo si inventi qualcosa per sciogliere la freddezza di Viola. Sarebbe più facile. Speriamo anche in una bugia, che lui le dica qualunque cosa pur di venirle incontro. Invece no, Cosimo sceglie la via della sincerità. Percepiamo un velo di malinconica rassegnazione nel suo constatare che non ci può essere amore se non si è sé stessi con tutte le proprie forze. E dentro di noi pensiamo “è proprio così”, ma un po’ ci fa stare male questa consapevolezza. Perché ci mette così a disagio?
Siamo portati a sognare un amore senza problemi, senza incomprensioni. E per ottenerlo siamo pronti a preferire l’illusione di un’apparente armonia relazionale piuttosto che affrontare la verità del contrasto.
La difficile costruzione del legame
La costruzione di un legame passa attraverso un percorso a volte molto lungo e doloroso. Ed è forse in questa fatica che risiede il vero valore del rapporto che viene instaurato. È la sofferenza di conoscere l’altro e constatare che è diverso da noi. Smussare i nostri angoli per adattarci alla forma dell’altro. Perdere qualcosa di noi, per guadagnare qualcosa di nuovo, di esterno. Dobbiamo addomesticare il nostro cuore. A tal proposito è illuminante la riflessione de Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Il piccolo principe incontra una volpe. Lui è alla ricerca di qualcuno con cui giocare. La volpe risponde che non può giocare con lui, perché non è addomesticata. Così la interroga il piccolo principe:
— […] Che cosa significa “addomesticare”?
— Significa una cosa che è stata purtroppo dimenticata, — rispose la volpe — significa “Creare dei legami…”
— Creare dei legami?
— Certamente — disse la volpe. — Per me tu non sei che un ragazzino, uguale a centomila altri ragazzini. Non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Per te non sono che una volpe qualsiasi, uguale a centomila altre. Ma, se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo. Io sarò per te unica al mondo…
— Comincio a capire — disse il piccolo principe. — C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…
L’unicità del legame
Creare un legame significa instaurare un rapporto di reciproco bisogno l’uno dell’altro. Un legame di unicità assoluta. La volpe torna a parlare:
— La mia vita è monotona. […] Dunque mi annoio un po’. Ma se tu mi addomestichi, nella mia vita ci sarà un sole. Riconoscerò un rumore di passi che sarà differente da qualsiasi altro. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra, il tuo mi chiamerà fuori dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù, i campi di frumento? Io non mangio pane. Il frumento non mi serve. I campi di frumento non mi dicono nulla. E questo è triste! Ma tu hai i capelli dorati. Allora sarà bellissimo quando mi avrai addomesticato! Il frumento, che è dorato, mi farà venire in mente te. E adorerò il rumore del vento tra le spighe…
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
— Se ti va… addomesticami! — gli disse.
— Va bene, — rispose il piccolo principe — ma non ho molto tempo.
La volpe rivela la banalità e la monotonia della sua vita. Nulla di speciale le accade solitamente. Ma se il piccolo principe la addomesticherà, le dedicherà il suo tempo e le sue cure, la sua vita cambierà. Tutto acquisirà un nuovo, speciale significato. Imparerà a riconoscere il rumore dei suoi passi, e non sarà più un semplice rumore, ma un suono particolare, un presagio di gioia. Un campo di grano le ricorderà il colore dei suoi capelli biondi. Il sole tornerà a splendere.
Ma il principe mette le mani davanti: non ha molto tempo.
Il bisogno di tempo
— Non si conoscono che le cose che si addomesticano — sentenziò la volpe. — Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Si riforniscono dai mercanti di cose pronte all’uso. Siccome non ci sono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se vuoi un amico, addomestica me!
— Che si deve fare? — domandò il piccolo principe.
— Bisogna essere molto pazienti — rispose la volpe. — In un primo tempo ti siederai sull’erba un po’ distante da me, così. Io ti seguirò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Il linguaggio è una fonte di malintesi. Ma, ogni volta, potrai sederti un po’ più vicino…
Già nel 1943, anno di pubblicazione de Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupéry si sentiva di dire che creare dei legami fosse qualcosa di desueto, quasi fuori moda. Le persone già correvano, erano incastrate nella frenesia della vita, incapaci di fermarsi per dedicarsi alla costruzione di rapporti profondi. Oggi più che mai, in una società liquida, questa affermazione rivela la sua verità. Poco tempo per i legami, equivale, però, a scarso valore dei legami. La costruzione del legame deve passare attraverso la profonda conoscenza reciproca. E questo richiede tempo, energie, patimenti.
La responsabilità del legame
È il processo di avvicinamento e di affidamento quello che ci fa diventare diversi, unici, necessari agli occhi dell’altra persona. Ma l’amore implica anche una grande responsabilità: la capacità di saper custodire ciò che di diverso, unico, necessario l’altro rappresenta per noi.
Per dirla sempre con Il piccolo principe:
— È il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante.
— “È il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
— Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile
per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa.
Conoscere sé stessi
L’amore non ci porta solamente a conoscere l’altro, ma anche, e forse soprattutto, noi stessi. Può essere un incontro interiore che avviene per la prima volta, oppure un riconoscimento di quello che ci eravamo scordati o non sapevamo di essere.
Si conobbero. Lui conobbe lei e sé stesso, perché in verità non s’era mai saputo. E lei conobbe lui e sé stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s’era potuta riconoscere così.
(Italo Calvino, Il barone rampante)
Anche questo processo di conoscenza può provocare dolore. Scopriamo le nostre mancanze, i nostri limiti, ci ritroviamo ad essere fragili. L’amore ci rende vulnerabili. Ma forse è proprio qui che risiede la sua preziosità. L’amore ci permette di abbassare le difese, di farci conoscere per come siamo. È il luogo in cui possiamo essere finalmente noi stessi.
Ma per mettere sul tavolo tutto ciò che siamo, c’è bisogno di tempo, il tempo necessario a capire che l’altra persona è sincera e pronta ad accoglierci nella nostra interezza.
Una possibile delusione o un possibile insegnamento
A volte né il tempo, né la pazienza possono permettere di costruire un rapporto stabile. Proprio perché l’amore ha bisogno di conoscenza non solo reciproca, ma anche personale, è un sentimento estremamente complesso da gestire. Non sempre siamo nelle condizioni per poter intraprendere il percorso di conoscenza al quale l’amore ci chiama.
Allora eludiamo il problema, cerchiamo delle scorciatoie. Ci facciamo andare bene le cose così come stanno. Alla lunga, però, la relazione rivela la sua mancanza di fondamenta stabili. La scelta a quel punto sta tra l’andare avanti, rattoppando il legame in superficie, o ricominciare da zero, mettendosi davvero allo scoperto. Non è una decisione facile. A volte non siamo neanche nella condizione di farlo, non siamo pronti. Non siamo pronti ad aprire gli occhi e a prendere coscienza dell’illusione che abbiamo costruito nella nostra mente. L’illusione di un amore che in realtà non è mai sbocciato davvero.
La delusione è possibile. Come è possibile sentirsi traditi. Ma vale davvero la pena pensarla così?
Se è stato un rapporto di reciproca conoscenza, anche se non è arrivato fino in fondo, sicuramente ci ha fatto capire qualcosa in più sugli altri, sul mondo, su noi stessi.
Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza. Farsi primavera significa accettare il rischio dell’inverno. Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza.
(Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe)
Giulia Tommasi