La filosofia è un lusso? Oggi che la società esige che tutto serva, ritorna un interrogativo posto da Pierre Hadot nel 1992. La risposta richiede che ci domandiamo cosa sia davvero la filosofia e quale sia il suo rapporto con la nostra vita.
Una provocazione di Pierre Hadot
La filosofia è un lusso?
Questa domanda era al cuore di un articolo pubblicato nel 1992 dal filosofo Pierre Hadot su Le Monde de l’éducation. Essa costituiva una sfida al modo in cui la cultura europea contemporanea concepiva la formazione. La società contemporanea, infatti, subordinava l’educazione al conseguimento di un lavoro stabile e ben retribuito. Questo portava a privilegiare il sapere tecnico-scientifico, squalificando quello umanistico – in particolare, quello filosofico. Oggi, a quasi trent’anni di distanza, la domanda di Hadot sembra più legittima che provocatoria, se si considerano le dinamiche economiche e sociali in atto. Del resto, come si potrebbe non considerare un lusso un sapere senza fini pratici che sembra lontanissimo dalle nostre vite?
Lusso e filosofia
Che cos’è un lusso? Per definizione è qualcosa di costoso quanto inutile, che serve a soddisfare la vanità, non il bisogno. È il caso della filosofia?
Se pensiamo a fini materiali, in effetti, è difficile comprendere a cosa serva questa disciplina. Con la filosofia di solito non si producono beni, né si guadagna. Per questo, secondo Hadot, il valore della filosofia – come quello delle arti – consiste nel dimostrare che anche l’inutile serve. La sua utilità, semplicemente, si misura in luce di tutta una vita. Diversamente dal lusso, quindi, la filosofia ci permette di coltivare la nostra umanità.
La filosofia è un lusso, anche se non lo è
La filosofia – in particolare come la concepivano gli antichi, come saper vivere – sembra più la risposta a un bisogno fondamentale che un lusso. Eppure, secondo Hadot, essa presenta un paradosso. Infatti,
la filosofia come modo di vivere è a sua volta un lusso. Il dramma della condizione umana è che è impossibile non filosofare, ma è altrettanto impossibile farlo. Le preoccupazioni, le banalità, le necessità della vita di ogni giorno, infatti, impediscono di vivere praticando appieno la filosofia.
Pertanto, essere filosofi significa sopportare una duplice sofferenza: l’isolamento e l’impotenza. Consapevoli che la maggior parte degli umani, oppressa da miserie e sofferenza, non sembra avere i mezzi per rendersi capace di felicità.
Socrate: ispiratore di una disciplina per pochi?
Hadot propone un’interpretazione elitaria della filosofia: essa è lo sforzo di pochi eletti diversi dalla massa. Curiosamente, però, come simbolo di questo sforzo lo studioso sceglie Socrate. E ci presenta così il filosofo ateniese:
Socrate è un uomo della strada. Parla con tutti, va in giro per i mercati, le palestre, le botteghe. Osserva e discute. Non pretende di sapere, interroga soltanto. E coloro che interroga si interrogano su se stessi. E rimettono in discussione il proprio comportamento, la propria identità.
Socrate, nella descrizione di Hadot, non è un professore o uno scrittore. È un uomo che ha compiuto una scelta di vita. E che scende in strada, dialogando con altri per confrontarsi su questa scelta.
La filosofia di Socrate
Il confronto a Socrate costò caro. Nell’Atene del IV secolo a.C. mettere uomini potenti di fronte alla consapevolezza di non sapere nulla su una vita degna di questo nome era pericoloso. Infatti, nel 399 a.C. il filosofo ateniese fu processato per empietà e condannato a morte. Secondo molti, oggi come allora, non ne valeva la pena. Eppure, alla figura di Socrate resta legata un’indimenticabile lezione di libertà. Quella di non accontentarsi: di promuovere attivamente un cambiamento nella società mettendo in discussione prassi e valori consolidati. Era questo il cuore della filosofia socratica: una filosofia che, secondo Hadot,
in qualche modo si identifica con la vita di un uomo cosciente di se stesso. Che corregge costantemente il proprio pensiero e la propria azione, consapevole di appartenere all’umanità e al mondo.
La filosofia è un lusso?
Come già Hadot notava, le persone oggi tendono a considerare la filosofia un lusso perché essa appare lontanissima dalle loro vite e dai loro problemi. Ciò avviene anche a causa dei resoconti che la vorrebbero una disciplina per i pochi eletti nelle condizioni materiali, intellettuali e morali necessarie a praticarla. Eppure, intesa come la disciplina che insegna a vivere bene, perché rende capaci di felicità e libertà, la filosofia non dovrebbe essere un lusso.
L’unico pensiero che non possiamo permetterci
Descrivere la filosofia come contraria alla natura o alla condizione umana equivale a condannarla all’irrilevanza. Così come sostenere che per praticarla occorre essere ricchi, colti, dotati di molto tempo libero. Per occuparsi di filosofia sono sufficienti un riparo, un po’ di cibo e qualche relazione umana. Oltre al desiderio di non accontentarsi dell’esistente, ma di vagliare il possibile e le sue ragioni. Rimandare l’esercizio della filosofia a condizioni praticamente irrealizzabili significa solo precludersi una possibilità di migliorarsi. Possibilità il cui valore, considerate le condizioni morali e materiali della nostra società, non dovremmo sottovalutare. La filosofia, come disciplina che insegna a valutare le argomentazioni, a rimettersi in discussione, a dialogare con gli altri, non è affatto un lusso. Il vero lusso, quello che non possiamo più permetterci, è piuttosto il continuare a considerarla un sapere, astratto se non astruso, che costa più di quel che vale.
Valeria Meazza