The Witcher e Carnival Row sono due serie tv fantasy debuttate nel 2019. Molto diversi tra loro, questi show condividono una fitta rete di rimandi a problemi reali particolarmente spinosi. Mettendoci davanti a un interrogativo scomodo: e se i veri mostri fossero gli umani?
The Witcher e Carnival Row: i veri mostri
Se siete appassionati di serie tv fantasy e avete vissuto come un lutto la fine di Game Of Thrones, due nuovi titoli potrebbero esservi familiari. Cioè The Witcher e Carnival Row. The Witcher, su Netflix dal 20 dicembre, è stata attesissima soprattutto dai fan che già conoscevano la saga. Essa, infatti, segue le avventure di Geralt di Rivia, cacciatore di mostri protagonista dei romanzi Andrzej Sapkowski e della trilogia videoludica di CD Projekt RED. Carnival Row, invece, usciva lo scorso 30 agosto su Amazon Prime, diventando disponibile in Italiano il 22 novembre. Essa racconta una serie di efferati delitti in una città resa una polveriera dalle crescenti tensioni tra umani e fatati costretti a convivere. Nella loro diversità, le due serie presentano un interessante punto di tangenza. Nel dipanarsi delle vicende, infatti, diventa palese allo spettatore che i veri mostri da combattere sono spesso gli esseri umani.
Carnival Row: fate, fauni e umani sanguinari
Ambientata nella grigia città di Burgue, simile alla Londra vittoriana per architettura e società, Carnival Row comincia come un poliziesco in chiave fantasy. Protagonisti sono il detective Rycroft Philostrate (Orlando Bloom) e la fata Vignette Stonemoss (Cara Delevigne), che tentano di fermare un efferato omicida. I due, tuttavia, si trovano ben presto a fronteggiare un’escalation, accelerata dai delitti, di violenza e paura reciproche nei rapporti tra umani e “fatati”. In particolare, gli umani accusano fate, fauni e altre creature – giunti a Burgue per sfuggire alla guerra nel proprio paese – delle difficoltà della città. I fatati, del resto, sfruttati e ritenuti specie inferiori, covano un crescente risentimento nei confronti dei cittadini. Quando, manovrata da una classe dirigente senza scrupoli, la tensione esploderà, saranno molti i mostri sulla scena. Ma non tutti provenienti da un altro mondo.
The Witcher: l’etica dell’ammazzamostri
La nuova serie tv di Netflix racconta le vicende di uno “strigo”, un umano mutato e istruito dalla magia contro i mostri. Eppure, in The Witcher ai mostri è dedicato uno spazio piuttosto esiguo. Un’attenzione molto maggiore tocca alle azioni e alle scelte degli esseri umani. Questo perché nell’universo narrativo della serie la presenza e la ferocia dei mostri è perlopiù una conseguenza inattesa di atti umani sconsiderati. Diviso tra l’obbligo di mantenersi neutrale e un profondo senso di giustizia, Geralt di Rivia (Henry Cavill) non affronta i mostri per ucciderli. La sua azione mira a essere riparatrice. Mostro a sua volta – Geralt infatti, poiché trasformato dalla magia, non è completamente umano – il Witcher è un mediatore. Anche se emarginato e discriminato, il suo ruolo è quello di ago della bilancia in un mondo permeato dalle forze di Ordine, Caos e Destino.
Due mondi immaginari che raccontano una società reale
I mondi in cui The Witcher e Carnival Row ci trasportano sono fantastici, ma permeati da tensioni reali nella nostra società. In entrambe le serie, ad esempio, possiamo ascoltare battute come
non ho niente contro di loro, ma sono troppi / c’è troppa differenza tra noi.
Le stesse che sentiamo regolarmente nei discorsi sull’immigrazione. Ora, come ogni forma di intrattenimento le serie televisive derivano dalla cultura e dall’epoca cui appartengono. Perciò non è inaspettato che esse ripropongano problemi e dibattiti reali nei propri universi. Né che ne cavalchino l’onda. È successo con il movimento Black Lives Matter in Orange Is The New Black e con le critiche al sistema sanitario in Grey’s Anatomy. Il fatto, però, è che – come ogni prodotto culturale – le serie televisive hanno un certo impatto sul nostro modo di ragionare e guardare il mondo. Anche quando le prendiamo come semplice evasione.
Le serie tv come prodotti culturali: stimolanti o tranquillanti?
The Witcher e Carnival Row affrontano, in modo metaforico ma piuttosto scoperto, problemi come razzismo, instabilità politica, disgregazione sociale. Possiamo aggirare la questione e goderceli come puro intrattenimento, chiudendo fuori il mondo reale. Oppure, possiamo decidere di prenderli sul serio come prodotti culturali. In questo caso, recuperando una partizione elaborata da Pierre Bordieu nel 1979, dovremmo chiederci se queste serie siano tranquillanti o stimolanti per le nostre teste. Ovvero: esse ci mantengono nella condizione in cui siamo, oppure ci aiutano a capire qualcosa di nuovo?
Diventare mostri o sconfiggerli
La diffidenza, l’odio verso il diverso, la predisposizione alla violenza possono essere considerati come caratteri universali e ineluttabili della specie umana. Oppure possono essere pensati come mali cui trovare un rimedio si può e si deve. Pur non prendendo una posizione netta, The Witcher e Carnival Row hanno il merito di ricordarci un fatto che era già chiaro a Francisco Goya. Cioè che è il sonno della ragione, soprattutto, a generare mostri. Un fatto che non dovremmo dimenticare, quando spegniamo lo schermo e c’immergiamo nel mondo reale. Perché è nel ricordarlo che può stare tutta la differenza tra diventare mostri o sconfiggerli.
Valeria Meazza