Eccoci tornati amici di Ultima Voce con la nuova rubrica sportiva”Racconti Europei”, che ci accompagnerà da qui fino alla fine dell’Europeo in Francia 2016, in cui approfondiremo le più interessanti e particolari storie sul Campionato Europeo di Calcio.
Non molti sanno che prima dell’invenzione dei calci di rigore per risolvere una partita in parità dopo i tempi supplementari, la regola utilizzata era basata sulla pura casualità.
Infatti, se dopo i 120 minuti di tempo regolamentare, il risultato era ancora in parità, si doveva decretare il vincitore tramite il lancio di una moneta.
Immaginatevi una semifinale in perfetta parità, tra due squadre che meritano allo stesso modo la vittoria e lottano su ogni pallone per segnare quel goal che regalerebbe la Finale tanto desiderata: il tempo scorre e manca davvero poco prima che la partita venga decisa solo… dalla fortuna.
Fu così che nel 1968, nel primo Europeo giocato ed ospitato dall’Italia, la nostra Nazionale si qualificò per la Finale dell’ 8 giugno.
La semifinale venne giocata contro l’ URSS vincitore del primo torneo nel 1960, e finì 0 a 0 dopo i tempi supplementari, nonostante le splendide giocate di Rivera e Mazzola e la ricerca del goal da parte di Domenghini. Così L’arbitro tedesco Tschenscher chiamò i due capitani nello spogliatoio, mentre un frastornante silenzio piombò sugli spalti, che si interruppe solo al momento dell’annuncio ai microfoni: “Italy!”
Ma l’Italia non aveva esaurito gli aiuti della Dea Bendata, c’era ancora una regola strampalata a cui appellarsi. La finale si giocò contro la Jugoslavia l’8 Giugno allo Stadio Olimpico di Roma, gremito di 85.000 spettatori speranzosi di vedere i proprio beniamini alzare la coppa al cielo. Purtroppo così non fu. E non pensate male, non videro neanche gli avversari festeggiare. Già, perché l’altra antiquata regola in atto in quegli anni, prevedeva che in caso di parità dopo i tempi supplementari di una Finale, la gara si dovesse ripetere a distanza di 48 ore.
Niente rigori, niente monetina, niente braccio di ferro, ma un’ulteriore partita che poteva durare altri 120 minuti senza nuovamente decretare il vincitore, motivo per cui, due giorni dopo, ci furono solo 50.000 tifosi a supportare gli Azzurri.
Questa volta però furono fortunati, perché la Jugoslavia venne spazzata via dalle magie di Riva e Anastasi. Ora si, che si poteva alzare la coppa.
Chi ha vissuto quell’Europeo racconta infatti, partita dopo partita, di una strana consapevolezza, quella che ti fa capire che quella coppa la vincerai tu e nessuno può portartela via.
Eravamo più forti, questo è sicuro, ma con queste strane regole (come nella lotteria dei rigori) non sempre trionfa la squadra più forte. Infatti a volte non serve la tecnica, la caratura internazionale o centinaia di goal per vincere un Europeo o Mondiale.
Servono cuore, grinta e anche un bel po’ di fortuna. Ecco. La fortuna.
Chissà che non ci aiuti anche quest’anno.