Molte sono le canzoni che si sono susseguite in questo 2019, cantate a gran voce, divenute slogan, veri e propri motti, “manifesti” dei vari movimenti e partiti. Anche durante i vari raduni politici, si uniscono più voci in una sola per rimarcare maggiormente un’idea, a volte tirando in ballo ritornelli della nostra tradizione. Vediamo quali sono stati i motivetti più memorabili, sia nel nostro paese che all’estero, e cantati da chi.
In Italia
- “Immigrato”: l’esempio più recente è forse la canzone di Checco Zalone che pubblicizza l’uscita del suo film “Tolo Tolo” ad inizio 2020. Lo spot merita attenzione per aver suscitato l’indignazione di numerosi rappresentanti politici, tacciando il cantante di razzismo e, addirittura, sessismo. La canzone invero, riprendendo stilemi stereotipici della canzone italiana, tratteggia e ironizza su alcuni luoghi comuni, indipendentemente dallo schieramento politico.
- “Bella Ciao” e “Com’è profondo il mare”: pur non essendo ancora finito il 2019, questi ultimi mesi sono stati marchiati dal fenomeno delle Sardine. Il movimento delle Sardine è un’organizzazione apartitica, nata spontaneamente dai social e riversatasi nelle piazze. Gli aderenti al movimento cantano “Bella Ciao” e “Com’è profondo il mare”, inneggiano alla libertà e battendosi contro l’odio ed il populismo. Sulla prima canzone ancora molto si dice (si veda la recente critica di Salvini) e ancora molto la si canta. La serie tv “La casa di carta” ad esempio l’ha inserita all’interno della propria colonna sonora. La canzone di Dalla, invece, parla della libertà del pensiero, inafferrabile “come l’oceano” che “non lo puoi bloccare non lo puoi recintare”.
- “Io sono Giorgia”: di diversa natura politica è sicuramente Giorgia Meloni, divenuta oggetto di una canzone-parodia circa un mese fa. La canzone, dal titolo “Io sono Giorgia”, ha attualmente più di 7 milioni di visualizzazioni. La particolarità di questo brano è che, nonostante dovesse rappresentare una parodia di un politico, una caricatura del suo discorso, ciò tuttavia non è avvenuto, anzi forse l’esatto contrario: probabilmente la Meloni ha acquisito maggiore visibilità (nel 2019 equivale ad un maggior prestigio politico).
- “Shish is the word”: Quando fu Matteo Renzi ad essere parodizzato non ebbe la stessa fortuna mediatica di Giorgia Meloni. Con questo esilarante brano si torna di qualche anno indietro, precisamente nel luglio 2014, nel momento in cui Matteo Renzi stava tenendo una conferenza in lingua anglofona. Da quel momento in poi è rinomata la sua non brillante conoscenza dell’inglese.
In America
In America la politica è un mondo dove la musica non può mancare: essa infatti ha un compito fondamentale per accentuare la marcia del candidato. I politici molti spesso o scelgono canzoni-inni oppure si fanno accompagnare da cantanti che lo sostengono, cantando per lui alle diverse manifestazioni e comizi. Un’impostazione e mentalità che in Italia non è presente in modo così vivido.
- L’esempio più eclatante è stata l’ultima sfida per le presidenziali del 2016, tra Donald Trump e Hilary Clinton. La candidata democratica per la sua campagna elettorale si è servita di brani come “Roar” di Katy Perry e “Fight Song” di Rachel Platten, canzoni che parlano di forza, di voglia di lottare. La risposta del candidato repubblicano arriva una volta eletto presidente. Egli infatti, la notte della vittoria, con “You can’t always get what you want” dei Rolling Stones si prende gioco di lei (e ha quanto pare anche degli stessi Rolling Stones, non avendo chiesto loro il permesso per utilizzarla).
Anche in Italia, nei primi anni 2000, si è tentata un’impostazione simile a quella americana, accompagnando le campagne elettorali dei politici con brani musicali. Originale per la sua autoreferenzialità è sicuramente “Meno male che Silvio c’è”, la canzone scritta per la campagna elettorale di Silvio Berlusconi del 2008. Attualmente, vedendo come la politica si sia irrimediabilmente spostata sui social, l’utilizzo della musica è polarizzato su due opzioni: o è usata per fare satira o parodia, o per schernire un avversario (che è la scelta principale); oppure come “auctoritas”, per elevare il proprio messaggio politico. Irrimediabilmente in Italia le canzoni vengono prese o con leggerezza o, al contrario, troppo sul serio: “in medio stat virtus”.
Jacopo Senni