C’è chi lo vede come soluzione alla devastazione portata dal cambiamento climatico, altri come un’annunciata debacle che servirà solo a privarci di panini e gelati. Nonostante posizioni discordanti, le potenzialità innovative del Green New Deal rimangono innegabili. Vale la pena approfondire un tema sociopolitico su cui si potrebbe modellare il dibattito dei prossimi anni, in Italia e nel mondo.
C’era una volta in America
Utilizzato per la prima volta dal saggista premio Pulitzer Thomas Friedman, il termine “Green New Deal” richiama quell’insieme di iniziative economiche e sociale messe in atto dal presidente americano Roosevelt per risollevare il Paese dopo la grande depressione seguita alla famigerata crisi del ’29. Da quel piano di riforme, questo prende in prestito l’approccio economico, ma aggiunge il fondamentale tassello delle risorse rinnovabili e dell’efficienza energetica.
Sono stati i democratici Alexandria Ocasio-Cortez e Edward Markey ad avanzare la prima proposta al Congresso statunitense: pur ambiziosa e di ampio respiro, ha già incontrato il consenso del 60% del popolo americano.
Ocasio-Cortez, la più giovane deputata nella storia del parlamento di Washington, ne ha fatto la pietra d’angolo su cui costruire il suo intero programma elettorale. Al di là dell’abbassamento dei consumi di combustibili fossili e della riduzione dei livelli di emissioni di gas serra, il Green New Deal sarebbe anche in grado di garantire l’apertura di innumerevoli posti di lavoro nel settore dell’energia pulita, concorrendo a risolvere l’annoso problema di disuguaglianza economica che affligge gli Stati Uniti.
Ma perché proprio ora?
Due report sono alla base della proposta avanzata dai democratici americani, oltre ad aver contribuito a focalizzare l’attenzione mondiale su un problema ormai noto da anni. Sia agenzie federali che le Nazioni Unite hanno messo in guardia l’umanità: se le temperature globali continueranno ad aumentare, il mondo dovrà fare i conti con incendi boschivi, alluvioni e molti altri fenomeni atmosferici sempre più spesso.
Un’occhiata ad alcune cifre può dare un’idea di quanto questo problema sia grave anche sotto un profilo economico: negli ultimi dieci anni, il governo statunitense ha da solo speso circa 350 miliardi di dollari a causa di catastrofi meteorologiche.
Ma non finisce qui. Diversi organi di ricerca federali avvertono che se le temperature dovessero alzarsi di due gradi Celsius, il prodotto americano riceverà una batosta superiore ai 500 miliardi di dollari di perdite entro il 2100.
Non solo economia verde
In primo piano, il Green New Deal auspica una transizione degli Stati Uniti a un utilizzo totale di fonti di energia rinnovabile. Al fine di ridurre le emissioni a zero, saranno anche necessari investimenti nel settore dei trasporti: auto elettriche e alta velocità ferroviaria saranno i due motori che traineranno il settore delle infrastrutture.
Già presente nei piani dell’amministrazione Obama, Ocasio-Cortez e Markey vorrebbero portare a compimento l’implementazione del “costo sociale del carbone”. Queste misure sono volte a tener conto di chi usa combustibili fossili: l’impatto che questi hanno sul resto della popolazione è una responsabilità di cui rispondere, e per cui pagare.
Il Green New Deal vuole andare un passo oltre
Con l’aumento di posti di lavoro statali, il piano affronterebbe il problema della povertà, contribuendo a migliorare le condizioni delle comunità più a rischio. Collegato a quest’ultimo tema è la richiesta di assistenza sanitaria universale (settore in larga parte privato), aumento del salario minimo e abbattimento dei monopoli.
In ultima analisi, l’obiettivo del Green New Deal è duplice. Lotta al cambiamento climatico e risoluzione di problematiche sociali, come disuguaglianza economica e discriminazione.
GND e critiche: affamata economia verde
Oltre a paventare un addio al trasporto aereo, il presidente Donald Trump non ha esitato a far sentire la sua voce riguardo alla proposta targata AOC-Markley. “Quando il vento smetterà di soffiare, potrete dire addio all’elettricità”.
Più pragmaticamente, il Wall Street Journal ha calcolato che il progetto democratico richiederebbe un investimento pari a 2900 miliardi di dollari, cioè un anno intero di entrate fiscali. Questa cifra servirebbe a coprire la spesa per potenziare le infrastrutture e adeguare le abitazioni quanto a efficienza energetica.
Attualmente, gli USA attingono per un buon 80% a risorse quali carbone, petrolio e gas naturale
Il Green New Deal nel suo insieme implicherebbe investimenti strategici in politiche che finora possono dirsi territorio inesplorato. Rivedere daccapo la progettazione degli edifici, nonché metodi di spostamento e abitudini alimentari. A questo si collegano alcune problematiche che riguardano in modo particolare il settore dell’allevamento: l’emissione di gas metano da parte di capi bovini e non solo.
L’enorme richiesta di capitale per portare a termine questo progetto è a questo punto più che evidente. Dove pensano di trovare i soldi i democratici? Tassando i più abbienti. la crescente forbice nei redditi statunitensi ha visto concentrarsi in maniera sproporzionata la maggior parte della ricchezza nell’1% della popolazione.
Pur profilandosi come un’emergenza ai soli occhi della sinistra, persino il 39% degli elettori repubblicani condivide un certo malcontento nella gestione delle risorse economiche da parte dell’attuale amministrazione.
Il Green New Deal dall’altra parte dell’Atlantico
A livello europeo, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha già dichiarato che la difesa dell’ambiente e la transizione verso un’economia sostenibile sono parte integrante del suo programma. Si auspica che entro il 2050 l’UE raggiungerà la totale de-carbonizzazione.
Degna di menzione è inoltre la coalizione chiamata “Primavera Europea”, guidata dal greco Yanis Varoufakis. Questa nuova forza politica ha infatti posto il Green New Deal come baluardo al centro del proprio manifesto.
Iniziative omonime hanno anche fatto la loro comparsa oltremanica. Il partito laburista punta infatti a una completa svolta verde entro il 2030, sostenuto dal 56% della popolazione britannica.
Tuttavia è la Germania il Paese del vecchio continente in testa all’implementazione sulla scia di quelle americane. Si va dal ridurre il numero di auto allo stanziamento di fondi speciali, per arrivare al totale divieto di riscaldamento tramite combustibili fossili.
La svolta verde del bel paese
L’Italia, sotto l’egida del governo Conte bis, ha a sua volta adottato alcune misure in linea con l’onda verde scatenata dal Green New Deal americano. La prima di queste è il disegno di legge sul clima, abbreviato in dl clima.
Questo introduce agevolazioni per i cittadini che utilizzano mezzi di trasporto pubblici o biciclette e rottamano la propria auto. Inoltre, sono inclusi incentivi affinché certi negozi passino alla vendita di prodotti sfusi: riso, farina e detersivo, ad esempio. In ultimo, è anche stato creato un fondo per la riforestazione dei centri abitati, con l’appoggio di un database accessibile al pubblico.
In sintesi: tassare le fonti fossili, sanzionare chi danneggia l’ambiente e infine spingere su un’economia auto-sostenibile. Ed è tutto già all’interno della legge finanziaria del 2020.
Tutto il pianeta blu sta venendo investito dall’onda verde, non a caso il colore della speranza.
Marco Mesturino