Matilde Serao, nata il 7 marzo del 1856, è la prima donna italiana ad aver fondato e diretto un quotidiano quale “Il Corriere di Roma”. Ha avuto una vita avventurosa e fuori dal comune, considerando anche il periodo in cui è vissuta. In un’epoca in cui le donne avevano poco accesso alla parola scritta, si può considerare una pioniera dell’emancipazione femminile, movimento che prenderà avvio solo a partire dal Novecento (grazie alle famose Suffragette).
Gli inizi di Matilde Serao
Nasce a Patrasso da una famiglia benestante e fin dalla sua giovinezza respira l’ambiente giornalistico grazie al lavoro del padre che scrive per la testata “Il Pungolo”. Insieme con la famiglia vive a Napoli e durante l’adolescenza il suo punto di riferimento è la madre Paolina Bonelli, nobile greca decaduta, che si prende cura della sua formazione.
Grazie agli insegnamenti materni ottiene il diploma da maestra, ma finisce per lavorare ai Telegrafi di Stato. Nonostante il lavoro, mantiene viva la passione per la letteratura, tanto che inizia a scrivere sul “Giornale di Napoli” per il quale compone alcune novelle con lo pseudonimo di “Tuffolina”. L’ardore per la scrittura è così forte che a soli ventidue anni scrive la sua prima novella Opale, pubblicata sul “Corriere del Mattino”.
Il trasferimeno a Roma
Il punto di svolta della carriera di Matilde arriva con il trasferimento a Roma. La città le si mostra subito un luogo idoneo per coltivare la sua propensione alla scrittura, soprattutto perché ha la possibilità di vedere con i suoi occhi gli effetti dell’evoluzione della carta stampata e della diffusione di giornali e riviste. La capitale, a differenza della situazione odierna, era un luogo dinamico e vivo in cui la cultura aveva un posto di prestigio, soprattutto nei salotti della “Roma bene” dove la Serao si fa conoscere per i suoi modi spontanei, la fisicità e la sua famosissima risata.
A causa di ciò non viene ben vista, tanto che molti critici recensiscono i suoi scritti negativamente: basti pensare al primo testo che la rende famosa, Fantasia. Il suo modo di scrivere è definito inesatto e inopportuno, denigrandola a scrittrice analfabeta. Solo dopo l’incontro con Edoardo Scarfoglio, la situazione cambia. I due, oltre a intraprendere una relazione amorosa, coronata da un matrimonio e quattro figli, stringono anche un sodalizio lavorativo. Infatti insieme al marito inizialmente fonda il “Giornale di Roma” che non ha lunga vita, per poi successivamente costituire nel 1982 “Il Mattino”.
Nei suoi scritti, la Serao mostra una grande attenzione verso il sociale e la condizione della donna, ciò si avverte non solo nei suoi articoli di giornale ma anche nei testi più lunghi come ad esempio L’anima semplice, pubblicato nel 1901, in cui racconta le vicissitudini di Suor Giovanna, costretta dallo Stato a lasciare il convento che per tutta la vita ha considerato come sua casa.
I due coniugi puntano a far crescere “Il Mattino” invitando i maggiori letterati del tempo a scrivere, fra i molti Giosuè Carducci, Gabriele D’Annunzio e Salvatore Di Giacomo. Ben presto, però, Matilde è costretta a fare i conti con un evento che sconvolge la sua vita matrimoniale: il marito, durante un suo periodo di assenza, intraprende una relazione extraconiugale che vede la nascita di una bambina. In seguito al rifiuto di Scarfoglio di lasciare Matilde, l’amante decide di uccidersi davanti la loro casa. Il fatto di cronaca viene raccontato da diverse testate giornalistiche e pochi anni dopo, nonostante un iniziale perdono, la Serao decide di lasciare definitivamente il marito.
Alle negative vicende personali si aggiungono anche quelle lavorative, in quanto è costretta ad abbandonare la direzione de “Il Mattino” perché coinvolta in un’inchiesta sull’amministrazione comunale della città di Napoli.
Il nuovo inizio
Il 1903 rappresenta un anno di svolta: Matilde conosce il giornalista Giuseppe Natale. I due si innamorano e dopo la morte di Scarfoglio si sposano, dal matrimonio nasce una bambina. Anche in questo caso, l’unione amorosa vede in essere anche un’unione lavorativa: tanto che alla pari di Natale fonda “Il Giorno”.
Il nuovo giornale si distingue subito dagli altri perché, durante la Grande Guerra, mantiene toni più pacati e meno interventisti. Grazie alla testata la Serao, finalmente, ha la libertà di scrivere ciò che le piace, autonomia che continua a mantenere anche dopo la morte del secondo marito.
Nel 1926 viene candidata al premio Nobel per la letteratura, ma il suo nome viene bocciato da Mussolini per le dichiarate posizioni contro la guerra.
Muore a Napoli l’anno successivo a causa di un infarto mentre era intenta a scrivere, spianando la strada a milioni di donne che, nei suoi anni e nelle generazioni successive, hanno saputo ritagliarsi un ruolo di primo piano nel panorama letterario, giornalistico e culturale di questo paese.
Matilde Serao è in assoluto uno dei più grandi pilastri dell’emancipazione femminile italiana, alla quale però si è dedicato troppo poco spazio negli anni, sia nelle scuole che nei media.