Tutti amano le Sardine, anche gli squali
Mi piacciono le Sardine, mi piacciono davvero. Mi piacciono i loro leader pieni di omega tre ed entusiasti. Mi piace quell’hipster allampanato che parla di tutto con disinvoltura e plana con leggera nonchalance su tutto, con quella giovanile freschezza che appartiene solo a chi è impreparato dal restar deluso dalla realtà. Sperando ovviamente – da inguaribile sognatore – che non si rassegni mai ad essa.
Il pesce azzurro però porta in sé il seme del peccato più grande, quello primigenio, un’originaria innocenza gettata tra i lupi. Molte sono le canute forze pronte a prenderne l’energia e prosciugarlo. Da che mondo è mondo – anzi da prima – è l’innocenza il vero e archetipo “destro” porto su un piatto d’argento al demonio. Virginie arriva in città.
Mi ritrovo così a far apparentemente da reazionario, o, chissà, forse lo sono davvero per oggi (ma sperò di no). Nel migliore dei casi forse farò da uccello del malaugurio, e neanche è un granché, credetemi.
Intanto le piazze sono piene di spontanea, pacifica e accolta partecipazione, e questo non può che esser positivo per una democrazia sempre in bilico. In fondo è segno che è viva sotto le sue stesse ceneri postliberiste. C’è poco da dire: raramente, quando l’eredità è il mondo, il figlio non assassina il padre, e ed è difficile non sospettare che il libero mercato – in tutte le sue forme, anche quelle più bieche – non si riempia la bocca in nome della democrazia per succederle.
Nelle nostre dimensioni quotidiane possiamo trovare mille esempi che ci portano ad un nascosto elitarismo mascherato da cosmopolitismo e pluralismo. E’ nella natura della soggettività umana presumere di essere “diversi”, migliori e di operare per appartenere in qualche modo a una schiera di pochi eletti che elevano dai propri simili. Il pensare di essere diversi, unici, appartenenti ad un enclave unica ed insostituibile di “illuminati”, le cui bollette delle luce però le paghiamo noi. E paradossalmente è proprio la sospetta inflazione di questa credenza radicata “di essere prescelti” o “maledetti” (a seconda dei casi) a renderci così scontati o dozzinali, simili in tutto e per tutto a tutti gli altri. “La rivoluzione è romantica per definizione, scriveva Gramsci, ma oggigiorno la maggior parte di noi scambia il romanticismo per un vecchio e mediocre romanzo Harmony. Questo è il guaio!”
Si diventa buddhisti per questo, ci si approccia a danze popolari, movimenti natural borghesi progressisti pro vita, yoga, veganesimo e chi più ne ha e più ne metta per uno spirito di “unicità”, in nome dell’uscita dagli schemi per poi rientrarvi sotto nuove vesti. Le anime davvero originali si perdono tra questa folla di iniziati al nulla convinti non tanto di fare la differenza, ma di “essere essere sempre stati la differenza”. Le intenzioni poi sono sempre buone … all’inizio, sempre delle migliori, forse persino il più accanito degli adepti dello status quo forse aveva voglia di rivoluzionare il mondo.
Ma tutto questo per ora esula dalle dinamiche delle sardine, è ancora presto. Prima dovrà istituirsi un comitato organizzatore, poi una gerarchia prima a livello nazionale e dopo regionale, poi delle sedi attive sui singoli territori e infine l’ingresso in politica e … puff… ! La fine delle piazze, della chiamata a raccolta spontanea, anzi poi la libera iniziativa dei simpatizzanti diverrà di botto controproducente, inopportuna per la causa.
Ammettiamolo, quando Grillo faceva i VaffaDay a chi non era simpatico? A chi non piaceva questa antipolitica cespugliosa e senza pretese, nata – in apparenza – col solo scopo di tirare le orecchie ai politici di professione? Ammettendo per assurdo che esista in questo paese un’alta formazione politica.
Ci mancherebbe, tutto questo non è certo nella testa di questi ragazzi o nei propositi delle folle che riempiono giustamente le piazze, non è affatto nelle loro intenzioni o aspirazioni, ma si farà in modo che diventi così. Il sistema è semplice e rodato, ma dagli anni 50’ del secolo scorso: garantire alla protesta un ruolo, quello di raffreddare, attraverso il suo stesso istituzionalizzarsi e realizzarsi, le tensioni sociali; insomma, far fare loro da valvole del loro pentolone a pressione. E questo sistema non tiene certo conto della destra e della sinistra o di qualsiasi colorazione politica possa esistere, vale per qualsiasi movimento che si opponga “inizialmente” ad ogni status quo, quello che oggi chiamiamo establishment. Anche qui converrebbe chiederci se in fondo questa parola non sia stata coniata non per fare una distinzione ma per generare utili alter ego per garantire lo stato delle cose. Un po’ come la trama del secondo Matrix, ma senza effetti speciali.
Sia chiaro non si parla qui di complottismo o di chissà quale disegno arcano dietro le quinte della mediocrità umana, ma del semplice dispiegarsi della stessa mediocrità umana in nome della “conservazione del potere”. Chi lo detiene ovviamente lo vuole mantenere – mica è fesso? – e deve essere in grado di sfruttare a tal proposito anche ciò che sembra opporsi ad esso. Prima lo si faceva con le controriforme, le restaurazioni o le controrivoluzioni, poi è ovvio che i mezzi si sono raffinati. Perché spargere sangue se si può “inglobare”?
Tutta la storia delle dittature o dei regimi totalitari ci insegna che soffocare il dissenso costa ed è alla lunga controproducente: da Ropesbierre a Stalin non si registrano successi in materia, al massimo logoranti decadenze, quindi mettere in moto una macchina enorme col solo scopo di sopprimere la dissidenza è tanto infruttuoso quanto anacronistico e dispendioso, richiede un continuo esercizio della repressione, della delazione, del controllo, e chi glielo fa fare? Signori tutto questo costa, non è molto meglio e più pulito sfruttare le ambizioni, l’ego e le aspirazioni dei loro oppositori? Giungere a una simpatia reciproca? Ad uno scopo comune dichiarato? Almeno nelle intenzioni ovviamente… .
In fondo il diavolo tentò l’innocenza con una piccola mela, non dichiarò guerra all’eden. Spesso sono le soluzioni semplici ad essere quelle più efficaci.
Però adesso le Sardine mi piacciono.