Il Miur, come ogni anno, ha diffuso i dati sul tasso di scolarizzazione in Italia. Alcuni fanno ben sperare, altri sono i primi fuochi di un fenomeno più vasto: il calo della natalità.
La scuola è il cuore della cultura, lì i bambini imparano a scrivere, leggere e, non di meno, a rispettare le regole nel relazionarsi con i compagni e gli insegnanti.
Sebbene la scuola sia di fondamentale importanza sociale, questo settembre, come molti altri precedenti, ha fatto registrare un calo ulteriore degli iscritti alle elementari.
Rispetto ai dati del 2014, quest’anno circa 150mila banchi di scuola non hanno potuto essere occupati e scarabocchiati da altrettanti bambini al primo anno di scuola elementare. Infatti, secondo i dati diffusi dal Miur, la scuola elementare dal 2014 ha perso 150mila piccoli studenti.
Questo dato non è dovuto solo all’evasione dalla scolarizzazione, ma anche ad un fenomeno ormai registrato da diversi decenni.
Le complicazioni derivanti dal calo della natalità cominciano a mostrare i primi vagiti: in quest’inizio d’anno scolastico, in tutto nelle aule di scuola ci sono quasi 300mila studenti in meno.
Erano 7.881.632 in settembre 2014, oggi se ne contano 7.599.259.
Il calo interessa principalmente la scuola primaria, come già detto in precedenza.
Esiste, difatti, un dato in leggera controtendenza rispetto alla totalità statistica del calo di alunni sui banchi di scuola.
Nelle aule delle scuole superiori ci sono 14mila studenti in più rispetto al dato registrato 5 anni fa.
E, cosa forse più importante, aumentano le famiglie degli studenti che scelgono per i propri figli un percorso scolastico più impegnativo, come i licei o gli istituti tecnici.
Nel 2014, i liceali erano il 47,1% e gli iscritti ai professionali il 21%. A settembre di quest’anno, i liceali erano il 49,8% e ai professionali studiavano soltanto il 18,7% degli studenti.
Il “travaso” di ragazzi dagli istituti professionali ai licei è lampante. Gli studenti liceali sono aumentati del 2% mentre quelli ai professionali diminuiti proprio del 2% “regalato” ai licei.
Esiste quindi un bisogno formativo e una volontà di ricerca culturale nella scuola, che le famiglie italiane esprimono.
Le famiglie italiane, infatti, prediligendo i licei o i tecnici alle scuole professionali, vogliono comunicare alla politica un desiderio di riscossa sociale e un bisogno di investimenti culturali per i propri figli. Spesso, però, le speranze delle famiglie e degli studenti si sgretolano nell’impatto con strutture fatiscenti e una carenza di offerte formative dalla scuola, come spiega bene Camillo Maffia in questo recente articolo.
L’abbandono scolastico è il risultato dello scontro tra i bisogni delle famiglie e l’offerta delle scuole.
E questa incapacità della scuola di sopperire alle richieste legittime delle famiglie ha il suo parossismo nel fenomeno della dispersione scolastica.
L’abbandono precoce della scuola da parte dei ragazzi non riguarda soltanto le scuole superiori, bensì anche le Università. Sembra infatti che metà degli studenti universitari abbandoni il percorso prima di conseguire la laurea.
I prof
Il dato che rimane (quasi) invariato nel corso degli anni è quello relativo ai professori.
Aumentano, anche se di poco, gli insegnanti di sostegno, complice anche l’impennata di ragazzi con il certificato di disabilità.
Giunta l’ora per la scuola di recuperare il proprio posto nel mondo.
Per ora, prendiamo questi dati come un invito alla politica di occuparsi, una volta per tutte, della scuola, vero asse formativo nella vita delle persone, e di quella orrenda piaga che è la dispersione scolastica, se non altro per adempiere al contratto sociale tra famiglia e scuola, dimodoché l’istituzione scolastica possa recuperare il ruolo centrale che gli spetta nella formazione umana delle persone.
Axel Sintoni