In questi giorni, il mondo si è diviso in due. Da una parte, chi si è dichiarato al fianco di Greta Thunberg nel Fridays for Future, evocando le sue parole come fossero quelle di un capo spirituale. Dall’altra, tutti coloro che hanno espresso più o meno veementemente le proprie perplessità, chi sulla base di una semplice antipatia, chi sulla base di uno scetticismo altisonante, chi infine più timidamente, poiché consapevole della complessità della vicenda.
Per Fridays for Future, come per ogni fenomeno globale, le osservazioni che si possono sviluppare sono molteplici e non contengono mai l’intero. Sicuramente, guardando alle piazze ricolme di giovani non si può che essere grati a Greta Thunberg, un’adolescente sui generis, dotata di un senso di responsabilità fuori dal comune e una ostinazione sconosciuta ai più. Forse, solo la passione e la determinazione di una ragazzina potevano fungere da miccia.
La semplicità del dibattito di fronte alla complessità del fenomeno chiamato Fridays for Future
D’altro canto, la situazione climatica è nota da anni. Tanti i saperi esperti che si sono espressi delineando i possibili scenari futuri, convenendo sulla matrice antropica del fenomeno, sulla sua rapidità e sulla sua possibile irreversibilità. Nulla di nuovo quello che scrive e afferma la giovane svedese, ma dirompente è la carica simbolica del suo messaggio, efficace il suo linguaggio, contagioso il suo entusiasmo.
Un messaggio semplice, espresso in parole semplici, “ci state rubando il futuro”, con l’entusiasmo indignato tipico di una certa età. Tutto questo si è reso utile affinché si parlasse quotidianamente di clima e che lo facessero le giovani generazioni. C’è da domandarsi però se una tale semplicità di dibattito sia davvero funzionale a permettere quel cambiamento di rotta tanto decantato.
Sciogliere le contraddizioni che affliggono l’evoluzione umana
Si è letto spesso in questi giorni: le piazze in sciopero sono le piazze della parte ricca del mondo, quella maggiormente responsabile del fenomeno, quella cui oggi si chiede di correre ai ripari.
Ci sono, tuttavia, varie contraddizioni insite in quanto appena detto: il mondo non è più diviso in un nord ricco e un sud povero, ma le disuguaglianze sono ovunque e in crescita ovunque; i paesi emergenti stanno superando in emissioni quelli sviluppati; il cambiamento climatico non ha colpevoli, ma tanti partecipanti.
Per correre ai ripari bisognerà sciogliere queste intricate contraddizioni che hanno reso finora fallimentari tutti i tentativi concertati volti a contrastare il cambiamento climatico. La crisi non è solo politica ma è soprattutto umana.
Giulia Galdelli