La prova élite del mondiale di ciclismo 2019 ha lasciato l’amaro in bocca sia ai tifosi italiani, che hanno visto sfumare all’ultimo metro un oro iridato, sia a tutto il resto del pubblico. Le responsabilità sono in grossa parte dell’organizzazione. Tra cambi di chilometraggio e strade senza un minimo di drenaggio la corsa più importante dell’anno non è andata come previsto.
E’ finito. Il mondiale di ciclismo 2019 l’abbiamo lasciato, fortunatamente, alle spalle ma il rammarico per quella che Lemony Snicket chiamerebbe “una serie di sfortunati eventi” resta viva dentro di noi. Tralasciando l’esito sportivo che ha premiato giustamente il danese Mads Pedersen, il campionato del mondo di Harrogate passerà alla storia come uno dei peggiori disastri organizzativi dell’UCI. E qui non si sta parlando di un passaggio a livello che si chiude durante una Parigi-Roubaix, questa è una questione di sicurezza dei ciclisti e di rispetto verso ciò che significa essere dei professionisti.
Pioggia a catinelle
Inquadriamo il tutto. L’edizione di quest’anno si è tenuta nello Yorkshire in Inghilterra. E’ il 29 settembre, ci troviamo in Inghilterra: che clima pensiamo di trovare? Nella migliore delle ipotesi fa freddo ma non piove. Nella peggiore, oltre al freddo, aggiungiamoci anche un bel diluvio british. Il ciclismo poi è uno sport crudo e la buona sorte di solito non va di pari passo con le fatiche dei campioni alla partenza. Infatti, tutta la settimana del mondiale di ciclismo 2019 è stata fortemente bagnata, dalle prove junior fino alla massima competizione femminile.
La pioggia ha segnato in modo indelebile la storia di questo sport ed è verissimo. Ma infatti, il nocciolo della questione non è il clima, che tra le altre cose è materia privata di qualcuno ben più in alto di noi, bensì un’organizzazione deficitaria. Nello Yorkshire abbiamo assistito ad una serie di eventi con tinte tragicomiche. Pozze d’acqua alte mezzo metro, drenaggio inesistente e corridori che si sono trovati in una sorta di hydrobike che ha dato materiale ai generatori di meme per le prossime settimane. Ciò che stupisce è che le previsioni meteo erano perfettamente corrette e non è stata una sorpresa dell’ultima ora.
Percorso e modifiche
Clima a parte parliamo ora del percorso. La planimetria iniziale, pre modifica per intenderci, presentava già una serie di problematiche. Innanzitutto, erano previsti oltre 150 km prima di entrare nel circuito. Ora, per chi conosce un po’ di storia di ciclismo capisce bene che non sta né in cielo né in terra. Storicamente il mondiale di ciclismo si struttura con una prima parte ridotta, quasi di passaggio, per avvicinarsi al circuito da ripetere per un numero variabile di volte a seconda del chilometraggio. Il bello del mondiale è proprio questo, perché con la presenza di un “tracciato” si racchiudono le decine di migliaia di tifosi su una lunghezza ridotta, creando un vero e proprio stadio a cielo aperto. Un po’ come all’arrivo dello Zoncolan o sull’Alpe d’Huez. Invece no, quattro ore di trasferimento per entrare ad Harrogate. Motivazioni? Non pervenute.
E poi, ultimo ma non meno importante, la riduzione del chilometraggio poche ore prima della partenza. Il mondo si è spaccato. Da un lato i nostalgici che inneggiavano: «eh ma ai miei tempi non si badava alla lunghezza e si pestava sui pedali», retorica trita e ritrita di un’epoca non per forza da prendere come esempio. Dall’altro invece chi si è reso conto che una riduzione di 24 km non è stata una cosa così di poco conto, anzi.
Una breve conclusione
Per i non avvezzi al mondo del ciclismo va fatta una premessa. Fino ai 200 km ci arrivano tutti; ai 250 in pochissimi eletti; ai 280/290 solo i fuoriclasse assoluti delle grandi classiche. Capirete da soli che portare un percorso da 285 a 261 quindi non è un’inezia perché rende il parterre dei contendenti più ampio e, in un periodo storico in cui la strategia regna sovrana, questo ha influenzato. Inoltre, precisiamo che il percorso è stato accorciato per maltempo… Fosse servito ad evitare spiacevoli pozze e hydrobike surreali la modifica avrebbe avuto un senso, spiazzante per i team certo ma comunque logica. Ma tutto ciò non è servito a nulla, anzi.
Di questo mondiale di ciclismo ci ricorderemo in primis della sconfitta del nostro Matteo Trentin, ed in secondo luogo che in autunno in Inghilterra piove tanto. Della serie «Tutto serve a qualcosa».
Federico Smania