Portarsi la claque, snocciolare dati inventati e slogan sempreverdi senza la paura del confronto con un mediatore preparato: questi sono solo alcuni degli indiscutibili vantaggi dei programmi di intrattenimento rispetto ai talk show politici. Che, tra ospiti anestetizzanti e ascolti al ribasso, sono sempre più in crisi.
Per chi non lo sapesse e probabilmente vivesse su Marte, lo scorso weekend è andato in onda l’ennesimo impietoso teatrino trash a tema politico di cui avremmo potuto fare benissimo a meno. A Non è la D’Urso, su Canale 5, la Carmelita nazionale ha avuto come ospite Matteo Salvini. Sì, proprio lui. Colui che un mese fa faceva cadere i governi dalla spiaggia, ora, opportunamente rivestito rispetto alla mise balneare, si è fatto invitare da Barbara d’Urso per uno scontro tra titani. Nella trasmissione, nella recita del talk show, si sono fronteggiati infatti il leader leghista e i suoi antagonisti vip: Asia Argento, Alda D’Eusanio, Idris e Alba Parietti.
Un programma senza contraddittorio
In una cornice senza contraddittorio, è quindi stato trasmesso uno spot politico fatto e finito, condito con gli slogan salviniani più celebri. Barbara D’Urso, infatti, non formula domande e non ferma la claque esagitata di Salvini. Gli ospiti punzecchiano qua e là l’ex titolare del Viminale, ma per quest’ultimo è solo acqua fresca. Ormai la sua strategia è chiara: ha capito che la propaganda politica è più efficace nei programmi di intrattenimento. Non è il caso di andare a farsi seppellire di insulti da Lilli Gruber o di confrontarsi con analisti e giornalisti. Peraltro senza claque al seguito. Molto meglio puntare sulle poltrone patinate di Mediaset, dove si sono seduti in precedenza il padrone di casa Berlusconi e anche un Renzi d’annata. Una domenica d’inizio autunno che ha inchiodato al divano i fan del genere, con un Giletti che su La7 prendeva a cuore le vicissitudini legal-sentimentali di Pamela Prati.
La crisi dei talk show tradizionali
La vera questione però è un’altra. In un mondo in cui ogni rete offre almeno due talk show politici di riferimento, perché anche l’intrattenimento ha iniziato a occuparsi di politica? Non è una categoria ormai satura quella dei talk show? Popolo Sovrano, Diritto e Rovescio, Bersaglio Mobile, Piazza Pulita, Di Martedì, CartaBianca, Porta a Porta, Dalla vostra parte, Quinta Colonna, L’aria che tira, In mezz’ora, In onda, L’Arena e non è finita qui. Ora, per giunta, a sconfinare nella politica ci si mette anche l’intrattenimento. Perché? Le tribune squisitamente politiche si aggirano attorno a ascolti che vedono con il binocolo anche solo la soglia del 10%, talvolta anche del 5%. Gli ospiti sono sempre gli stessi: figure autorevoli e professionisti di livello, come Giannini, Mieli e Bechis, sanno di cosa stanno parlando e trottano da uno studio all’altro senza sosta, ma senza ascolti. Meglio per tutti, dunque, “svecchiare” il talk show e farlo diventare intrattenimento: per i politici in cerca di visibilità e per le reti in cerca di ascolti.
Quando l’intrattenimento diventa politico
Innanzitutto è una questione di target e di montagna che deve andare da Maometto. Se l’utente di Barbara d’Urso non si interessa di politica, allora è la politica che va da Barbara d’Urso. Il bacino d’utenza è interessante e non si può lasciarlo elettoralmente sterile. I dati Auditel potranno essere riconvertiti in voti, giusto? Per farlo, però, bisogna che la politica dismetta i panni della serietà (semmai li indossasse ancora) e che si cali nell’atmosfera giocosa e nelle luci accecanti dei salotti dursiani. Così, sotto gli accecanti riflettori di Cologno Monzese, si approfitta per fare un po’ di propaganda a senso unico, rendendo il clima giocoso e l’ospite politico di turno più umano e più vicino alla gente.
I vantaggi della tv
L’intrattenimento televisivo, per i politici, presenta due indiscutibili vantaggi: in primis, la televisione è ancora un algido guscio protettivo rispetto all’arena rappresentata dai social network, in cui si rompe la quarta parete e il pubblico commenta, critica, ride, condivide. Secondariamente, poi, l’intrattenimento di Barbara d’Urso non metterà mai in crisi un simpaticone come Matteo Salvini: pur essendo un programma che si fregia del titolo di testata giornalistica, in realtà è assente qualsiasi tipo di confronto con la realtà. Nella bolla del salotto televisivo si dà spazio a un politico senza metterlo di fronte ai dati e alle sue stesse contraddizioni.
Avere un politico in studio non è un mestiere per tutti
E’ un discorso che vale per tutti, non solo per Matteo Salvini. Invitare un politico in studio è mestiere estremamente delicato. Anche chi lo fa con professionalità da decenni deve prestare molta attenzione nel fare bene il proprio mestiere, che è quello di informare e non di divertire. Attenzione alle tempistiche, alle domande, alle risposte e ai dati: proprio per questo motivo, con rispetto parlando per i convitati di Barbara D’Urso, Mediaset avrebbe potuto scegliere tra decine di giornalisti esperti e competenti per il confronto con Matteo Salvini. Ma probabilmente non è quello che il pubblico vuole.
Trash, viralità e ascolti
La ricerca disperata del trash che fa ascolti porta le redazioni dei programmi a ospitare nei salotti televisivi poker sgangherati di personaggi politici e di spettacolo. Se si invitano solo politici o analisti, a meno di casi rari, il dibattito si appiattisce: non tutti hanno la verve di Daniela Santanché. Si gioca al talk show con la conduttrice finta e ci si affida alla sperimentazione delle combinazioni più esotiche, come se gli autori dicesero: “Vediamo cosa succede a mettere nella stessa stanza Cristiano Malgioglio, Maurizio Gasparri, Marco Carta e l’ex moglie del cantante delle Vibrazioni”. Si lasciano a briglia sciolta per una mezz’ora davanti alla telecamera e prima o poi qualcuno sparerà qualche tormentone da trasformare in GIF e far rimbalzare nell’etere. A beneficio del programma e dell’azienda, naturalmente.
Stessi ospiti, stessa storia, stesso bar
Dall’altra parte, invece, nei salotti dei talk show politici per eccellenza, si alternano gli stessi ospiti ovunque, si parla di tecnicismi, la caciara che eventualmente ne esce non è così esaltante. A risentirne principalmente è il dato degli ascolti: la gente cambia canale, perché non ha voglia di ascoltare dibattiti stagnanti che ruotano attorno alle logiche interne ai partiti. Nel contenitore pop dell’intrattenimento, invece, si prediligono personaggi il cui nome è già garanzia di divisioni e fazioni, come Asia Argento, e che probabilmente si lasceranno andare a uscite da far rimbalzare sui giornali.
Il Salvini Show
Salvini accetta l’invito: lo studio è uno dei più semplici da conquistare. Lo si introduce con una clip che sembra uscita dall’Istituto Luce. Si parla di odio sui social network? Salvini si erge a vittima. Spara dati inesatti (Greta la bambina di Bibbiano) e mente sapendo di mentire, consapevole soprattutto di aver di fronte una mediatrice che non lo contesterà. Mediatrice che non prende posizione nemmeno sui commenti caustici su Asia Argento e sul suo essere donna. Tra l’aria fritta di cui si discute solitamente nei programmi prettamente politici e un salotto domenicale decisamente più pop e seducente, il pubblico cambia canale e si trova di fronte a un indottrinamento elettorale fatto e finito. Senza la critica dei social, senza la contestazione del pubblico, senza la preparazione dei conduttori. Forte di questa nuova impostazione del palinsesto, pensa di essersi adeguatamente informato solo perché ha seguito Salvini e i suoi slogan dalla D’Urso. E così, si prepara ad entrare in cabina elettorale.
Elisa Ghidini