La resistenza agli antibiotici negli animali è ormai un problema allarmante, perlomeno nei paesi a basso e medio reddito, ne ha dato notizia il Politecnico federale di Zurigo (ETH), il più prestigioso Istituto universitario politecnico della Svizzera e centro di ricerca di livello mondiale.
La ricerca pubblicata su Science è il primo rapporto globale sulla crescita del problema della resistenza agli antibiotici negli animali di allevamento nel mondo e in particolare nei paesi meno avanzati.
Paradossalmente tutto nasce dall’importante aumento del reddito pro capite che si è avuto in questi paesi. aumento del reddito si traduce innanzitutto in deciso aumento del consumo di carne, dunque necessità di aumento della produzione in paesi che comunque rimangono su standard di regolamentazione sulla sicurezza alimentare molto inferiori a quelle dei paesi occidentali. In altre parole create un mix in cui mettete: allevamenti affollati, uso di antibiotici per favorire la crescita senza troppe regolamentazioni, nessuna o poca documentazione sugli antibiotici usati (nei paesi più avanzati di qualsiasi cosa viene somministrata deve esserci documentazione) e avrete la ricetta per il disastro.
La collaborazione tra scienziati del già citato ETH , Università di Princeton e libera università di Brussels ha portato alla realizzazione di una mappa mondiale della resistenza agli antibiotici negli animali basata sul vaglio di migliaia di pubblicazioni scientifiche e di rapporti veterinari che non erano mai stati pubblicati.
I ricercatori hanno introdotto un nuovo indice il 50% di resistenza, cioè un dato antibiotico funziona solo una volta su due, negli ultimi 20 anni a livello globale questo indice si è triplicato per polli e maiali, attualmente un terzo dei farmaci fallisce il 50% delle volte nei polli e un quarto nei maiali.
E stiamo parlando di dati globali! Come detto nei paesi a basso e medio reddito in cui sta crescendo velocemente il consumo e produzione di carne le cose vanno peggio, tra i paesi messi peggio: nord est della Cina, nordest dell’India, sud del Brasile, Iran e Turchia, in Sud Africa invece le cose non vanno troppo male, va anche detto che sorprendentemente da alcune aree del mondo giungono pochi dati, ad esempio da ampie aree del sud America, c’è meno documentazione pubblica da lì che da certi paesi africani con meno mezzi, se non lo dicono i ricercatori non mi azzarderò io a dire che questa mancanza è sospetta, ma forse non c’è bisogno di dirlo.
Non sarà una sorpresa che la maggiore resistenza si è sviluppata proprio verso gli antibiotici più usati sugli animali: tetracicline, sulfamidici, penicilline e chinoloni hanno quasi perso del tutto la loro efficacia.
Per chi fosse interessato ai dati per curiosità o per ragioni di lavoro il gruppo ha creato un database di libero accesso online.
Roberto Todini