Con la comoda vittoria della Serbia sull’Angola, sono partiti in Cina i Mondiali di basket.
Al di là di pronostici e risultati, vogliamo soffermarci su alcune delle storie che ruotano attorno ad atleti e squadre partecipanti.
Se il Gallo canta, l’Italia può stupire
L’Italia torna ai mondiali di basket dopo ben tredici anni di assenza.
Nel roster azzurro, l’unico reduce dell’ultima spedizione iridata è la guardia tiratrice Marco Belinelli.
Il leader tecnico della nazionale azzurra è però sicuramente Danilo Gallinari.
Capace di affermarsi come giocatore sempre più importante e considerato in Nba, il talento di Sant’Angelo Lodigiano è chiamato a guidare l’Italia verso quella che alla vigilia sembra essere una vera e propria impresa.
I pronostici non ci danno neanche tra le potenziali prime dieci classificate, ma i ragazzi di coach Sacchetti hanno voglia di stupire.
Le amichevoli di avvicinamento al mondiale, ci hanno mostrato un’Italia con gravi carenze sotto canestro e con i big indietro di condizione, anche a causa di problemi fisici.
Il passaggio del girone è stato poco più che una formalità, Filippine e Angola non potevano rappresentare test attendibili. Saranno le partite successive, probabilmente con una delle favorite per i primi piazzamenti, a dirci se gli azzurri possono farci sognare o reciteranno la parte dei comprimari.
Filippine, un’isola che vive per il basket
”La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso.”
Prendete questo proverbio, rapportate le caratteristiche fisiche che più si addicono alla pallacanestro a quelle degli atleti filippini e scoprirete quanto sia razionalmente inspiegabile la loro seconda partecipazione consecutiva ad un mondiale.
Gli unici tre giocatori abbondantemente sopra i due metri sono Japeth Aguilar, June Mar Fajardo e Andray Blatche.
Quest’ultimo, tra l’altro, in realtà è nato a Siracuse, nello Stato di New York. Dopo una carriera da comprimario in Nba, si è trasferito in Cina, accolto come una superstar.
Centimetri a parte, il Paese del sud-est asiatico vive letteralmente per il basket. Ci sono playground ovunque ed è praticamente impossibile trovarli deserti, così come impianti avveniristici, degni delle arene Nba.
La pallacanestro è lo sport nazionale e le Nba Finals fanno registrare in quelle latitudini dati di ascolto superiori perfino a quelli degli Stati Uniti, nonostante i problemi di fuso orario.
Anche nel nostro Paese, la numerosa comunità filippina si dedica al basket. Chi frequenta i nostri campetti avrà constatato la loro capacità di occuparli “militarmente” per ore.
La partita di esordio al Mondiale, che ha visto l’Italia affrontare la rappresentativa filippina, è stata così ribattezzata dagli appassionati il “derby dei campetti”.
L’Argentina è nelle mani di Campazzo
Dopo il commovente addio alla Generación Dorada, che ha avuto il suo acuto con l’oro olimpico di Atene, l’Argentina è chiamata a ripartire.
Unico superstite di quella squadra, l’ala (ormai trentanovenne) Luis Scola.
C’è però un piccoletto che da qualche anno infiamma con giocate funamboliche e canestri decisivi le platee della Liga ACB e dell’Eurolega con la canotta bianca del Real Madrid, è Facundo Campazzo.
A lui sono affidate le chiavi della squadra, a lui è stata affidata un’eredità pesante come un macigno da Ginobili e co.
Nessun problema perché il playmaker argentino, sebbene non dotato fisicamente, è ampiamente provvisto di una caratteristica indispensabile ad un vero leader: los huevos (lascio a voi la traduzione).
U.S.A. I migliori restano a casa
Gli americani restano i favoriti, questo è sicuro.
In Cina, gli Stati Uniti dovranno però rinunciare alle stelle più luminose del firmamento Nba.
Tra infortuni e rinunce, per preparare al meglio la prossima stagione, saranno infatti assenti i vari Harden, Durant, Curry, Lillard così come l’uomo da copertina del basket mondiale: LeBron James.
Con i migliori a casa, assumerà un ruolo determinante la capacità di Coach Popovich di trasformare un insieme di giocatori, comunque di grande talento, in una versa squadra.
La presenza nelle altre nazionali di alcuni tra i migliori giocatori al mondo, rende il cammino dei campioni in carica ricco di insidie.
Il primo campanello d’allarme è suonato durante la gara amichevole persa con l’Australia.
Il compito degli americani è inoltre complicato da un fattore: se riusciranno a confermarsi campioni sarà considerata una cosa normale, in caso di sconfitta sarà una catastrofe!
La Grecia del dio Giannis
Gli ellenici vantano a roster il protagonista annunciato del mondiale: Giannīs Antetokounmpo.
Fresco di premio di miglior giocatore della Nba, il giocatore di origini nigeriane è chiamato a prendersi sulle spalle una nazionale che aspira al podio dei mondiali di basket.
L’investitura e le aspettative riposte in lui, non sembrano infastidirlo. D’altro canto chi conosce la sua storia ,può immaginare come siano state ben altre situazioni a metterlo sotto pressione.
Un’infanzia vissuta da ambulante ed in clandestinità, aiuta a dare il giusto peso a quello che in fondo è solo un gioco.
Ad affiancarlo ci saranno suo fratello Thanasis (con cui divideva, da ragazzino, l’unico paio di scarpe che la famiglia poteva permettersi) ed alcuni veterani del basket europeo, tra i quali Papagiannis.
Sarà però compito della stella dei Milwaukee Bucks, prendere in mano il pallone quando scotterà davvero e innalzare il livello dei compagni con il suo straordinario talento.
Riusciranno gli Stati Uniti a confermarsi come gli indiscussi maestri del basket mondiale?
In questa edizione più che mai, ci sono pretendenti attrezzate per detronizzare i campioni.
Serbia, Australia, Grecia e Spagna sono pronte ad approfittare di un’eventuale debacle america per mettere le mani sui mondiali di basket.
Luca Carnevale