“Mentre il tempo passava sulla nostra età. Mentre mille canzoni finivan già...”
Il 2 giugno del 1981, a causa di un incidente stradale, moriva Rino Gaetano. È morto sulla strada uno dei cantautori grazie ai quali di strade, se sono aperte tante. E lui, in modo particolare, ce ne concesse un Ingresso Libero.
Chi lo ha conosciuto da ragazzo, lo descrive come una persona sempre impegnata in qualche riflessione, in qualche elaborazione, in qualche fatica mentale. Un pensatore, prima di tutto.
E noi, che lo abbiamo conosciuto attraverso le sue canzoni, attraverso i suoi scritti, non possiamo che godere dei frutti di quei suoi travagli.
Erano anni di grandi cambiamenti, anni di rivolte e di rivoluzioni; erano anni in cui le università erano occupate e le piazze erano gremite da giovani che, semplicemente, ci credevano. Erano anni in cui fabbriche e case spuntavano come funghi, le donne rivendicavano i loro diritti e l’amore chiedeva di esprimersi liberamente.
Erano anni in cui Letteratura, Giornalismo, Musica e Cinema oltrepassavano i limiti imposti da politica, società e chiusure culturali.
E Rino ha raccontato e cantato tutto questo, vestendo significati, rabbie e provocazioni con un sottile umorismo e con un’affilata ironia, che pochi, poche compresero.
Morto a soli trent’anni un artista venuto dalla Calabria, figlio di persone semplici, abitante di un paese del sud in cui il tempo sembrava essersi fermato, autore di pezzi che non solo raccontavano la storia, ma l’hanno anche fatta.
Nei suoi testi tutto ha trovato il suo spazio: la solitudine di un fratello figlio unico, le bellezze di un sud dimenticato e la nostalgia e il coraggio di un emigrante; la figura sempre attuale di un Capofortuna con addosso un foulard di chiffon, la storia di tutte le donne di un’ Italia che oggi festeggia i suoi 70 anni di Repubblica e la compagnia di un cane che si distingue dai cattivi per la sua fedeltà. Per tutto questo, per tutto quello che nelle sue canzoni viene celebrato e denunciato, Rino Gaetano non è stato solo un cantante ma è stato anche un sociologo, uno storico e un filosofo, promotore della Cultura tipica degli incompresi di ogni tempo. E per tutto questo, parlare di Rino Gaetano corrisponde ad un’impresa ardua così come ardua è stata la sua vita, la sua carriera, soprattutto dal momento in cui le due sono diventate una cosa sola.
“La gente non ti capisce, Rino!”, eppure, come l’ha raccontata lui, la realtà, nessuno lo ha fatto. Attraverso rime e metafore, attraverso un reggae che da stile musicale è diventato un urlo contro il grasso ventre dei commendatori e gli evasori legalizzati, attraverso il suo Ti ti ti deluso, amareggiato e non compreso.
Note, parole da cui i giovani e le giovani di quegli anni, hanno potuto attingere nuovi modi di guardare la realtà per non subirla, per sfidarne i limiti e le repressioni e da cui noi, oggi, possiamo sempre imparare. Perché dall’Arte c’è sempre qualcosa da imparare. Soprattutto quando a farla è un ragazzo a cui un giovane Venditti deve prestare la chitarra durante una manifestazione perché la sua gli è stata strappata dal padre prima che uscisse da casa, soprattutto quando è un giovane che per farsi apprezzare dallo stesso padre, partecipa al festival di Sanremo con una canzone che odierà per tutta la vita e soprattutto quando è un giovane che cede alle richieste della discografia e della semplicità degli ascoltatori e le accontenta, soffrendo per un talento e per un modo di pensare che non ne vogliono sapere di farsi da parte.
Un grande artista, di cui l’Italia deve esser fiera e di cui dovrebbe sempre ricordare i contributi sempre attuali e sempre realmente validi.
E da cui i giovani dovrebbero trarre spunti preziosi per poi attualizzarli in pensieri, parole e azioni finalizzati alla crescita personale e sociale e culturale.
Rino Gaetano ha avuto lucidità e coraggio per dire come stavano le cose: a chi è venuto dopo, spettano caparbietà e impegno per cambiarle e migliorarle.
Deborah Biasco