LA POTENTE SIMBOLOGIA MASSONICA
Ogni aggregato sociale si è sempre affidato ai simboli. Ambasciatori di un messaggio, i simboli portano con sé le informazioni che un mittente vuol far conoscere a un destinatario. La potenza di un simbolo è nel suo trasmettere un’emozione, coinvolgendo chi lo affronta. Basti pensare alla svastica, al simbolo del dollaro o al crocifisso, per esempio. Il simbolo spesso ha una valenza allegorica: racconta un mito o una storia, fornisce un punto di riferimento e soprattutto una sua morale. Come trascurare l’enormità di informazioni insite nella figura di Ulisse, oppure nella bandiera dell’URSS?
Qual è allora il messaggio del celebre simbolo massonico con squadra e compasso? E qual è la morale nella leggenda di Hiram Abif, i cui valori ispirano la Massoneria? La cultura massonica è una fucina di simboli, allegorie e figure in grado di suscitare attenzione. Lo è tanto il mitico architetto di Salomone, quanto coloro che hanno reso famosa (e temuta) la Libera Muratoria. Tra questi ultimi si annoverano tanti di quei nomi celebri che elencarne solo alcuni sminuirebbe gli altri. Custodita fra squadra e compasso, la grande “G” si riferirebbe a Dio (God), il “Grande Architetto dell’universo”. I due strumenti rimandano a questo antico mestiere, legando in qualche modo l’architetto universale a quello, più “terreno”, che secondo il mito fu incaricato da re Salomone della costruzione del Tempio.
Il simbolismo di questi utensili da lavoro riguarda anche il mestiere del muratore, da cui gli stessi massoni prendono il nome (maçon, in francese). Questa figura assume un ruolo centrale nelle origini della Massoneria, in quanto tale ordine iniziatico affonderebbe le proprie radici nelle corporazioni di muratori medievali. In realtà tale continuità storica è discussa, a differenza delle prime associazioni massoniche le cui documentazioni risalgono al XVII secolo. Tale lacuna (e la segretezza che circondava l’operato delle logge) alimentò le tante incomprensioni a danno della Massoneria, così come altrettante leggende, tra cui una presunta origine risalente ai Templari. A fare da pietra angolare nell’evoluzione storica dell’ordine fu la formazione a Londra nel 1717 della prima gran loggia d’Inghilterra.
Lo stesso termine Massoneria, di uso largamente comune, può risultare fuorviante rispetto ai valori cui si rifà l’associazione, spesso messi in discussione dall’opinione comune. La Libera muratoria rimanda all’ideale della libertà di questo nobile mestiere, agendo appunto da simbolo morale. I tre pilastri massonici dell’amore fraterno, del conforto e della verità servono a trasmettere un messaggio profondo rispetto ai principi che ogni membro dovrebbe far propri: la crescita interiore in comunione con gli altri fratelli, col mondo e col Grande Architetto. Principi che ci riportano alla vicenda di Hiram.
CHI ERA HIRAM ABIF?
Il personaggio di Hiram Abif sarebbe stato creato ispirandosi a Hiram, re di Tiro, citato nella Bibbia (Samuele II, 5:11). Un’altra fonte biblica (Primo Libro dei Re, 7:13-14) cita invece un altro Hiram, abile capomastro al servizio di Salomone e conosciuto come “il figlio della vedova”; così gli stessi massoni chiamano Hiram Abif. Un’altra teoria più azzardata lo collega al dio egizio Horus. Anche le versioni riguardo la sua storia sono diverse, ma grossomodo seguono lo stessa trama.
Nel X secolo a.C. Salomone avviò i lavori del suo Tempio, e ne affidò la direzione all’esperto Hiram. Quest’ultimo poteva contare su numeorsi operai, che divise in tre categorie: apprendista, compagno, maestro (che rappresentano i primi tre gradi fondamentali dell’ordine massonico. Il Rito scozzese antico e accettato ne prevede 33). Ogni grado aveva una sua parola segreta necessaria per accedervi, e da questo dipendeva anche la paga. Tre operai suoi discepoli, desiderosi di accedere prima del tempo ai benefici dei maestri, decisero di estorcere la parola segreta con la forza allo sventurato capomastro. Hiram non li ritenne degni e negò loro la parola desiderata.
Ciascuno di essi lo colpì con degli attrezzi da lavoro, e nell’abisso della morte Hiram portò con sé i suoi segreti. Il corpo fu trovato grazie a un ramo d’acacia, piantato nel luogo dove era stato seppellito dagli assassini. Ai funerali solenni ordinati da Salomone, gli altri maestri indossarono grembiuli e guanti bianchi ad indicarne la purezza, cioè l’estraneità ai fatti. Questi indumenti sono ancora oggi parte essenziale dei rituali massonici. Lo schema delle logge massoniche riprende alcuni elementi riconducibili al tempio salomonico. Tra questi, le due colonne chiamate Jachin e Boaz, come quelle che Hiram fece costruire nel vestibolo.
La leggenda di Hiram Abif da cui la Massoneria fa risalire le proprie origini mitologiche ha una fortissima connotazione simbolica. Conferisce alla Massoneria delle origini “mistiche”, ricche di fascino. È normale nella storia ritrovare esempi di aggregazione umane che, per avvalorare la propria natura, “cercano” origini mitiche. Basti ricordare la stesura dell’Eneide. Opera incompiuta di Virgilio e pubblicata lo stesso per volontà di Ottaviano Augusto, faceva risalire le origini di Roma al grande mito di Enea, portatore di una sua epopea ricca di valori epici.
Mario Rafaniello