Dalla Chiesa contro Saviano. M5s contro Bibbiano. Salvini contro Rackete. Le partite si giocano ogni giorno, e sono piene di casi da moviola.
C’è, disteso sul fondale dormiente, un problema che ultimamente è il vero centro di ogni discussione. Lo schierarsi a favore di, contro qualcuno, questo è il limite e, in parte, la spiegazione del fallimento di ogni discorso italiano a proposito di ogni vicenda.
Allora forse è meglio fare un passo indietro e vedere le cose per quello che sono. Perché se parlare di qualunque avvenimento implica la scelta di un campo, allora qualcosa di distorto effettivamente si verifica quando cominciamo a scrivere o, a volte, persino a pensare.
Il caso Roberto Saviano vs Rita Dalla Chiesa nasce così, dal ventre antropologico di questo problema. Ad alimentarlo ci pensa un’opinione pubblica che di queste dicotomie si ciba e attraverso le quali sfama il proprio bisogno di conoscenza e informazione. Perché nel pacchetto social che si è acquistato non ci sono solo i fatti e le opinioni su di essi, ma anche la grande possibilità di costruirsi una personalità degna in quel sovraffollato e ostico mondo cibernetico in cui viviamo.
Così, se Saviano parla del carabiniere ucciso a Roma, è inevitabile che Dalla Chiesa dovrà fare altrettanto. E’ una questione di completezza di campo, di correttezza di gioco. Però poi si crea quel cortocircuito per cui diventa difficile discernere l’informazione e l’opinione dal rumore del tifoso medio. A seguire le discussioni innescate dai commenti dei due si intravedono le due tifoserie d’Italia. Sono folle di persone di ogni età e specie. Il calcio è lo sport più amato qui, il tifo il più praticato.
Facciamo ancora qualche passo indietro. Si verifica una dinamica simile a proposito della questione “Bibbiano”, solo che i commenti illustri arrivano dopo, quindi si possono osservare le tifoserie allo stato primordiale, prive di guide illustri. Il vero e proprio magma italico che si arroventa e si contorce e si espande inghiottendo e digerendo fiumi di dichiarazioni e manifesti di futuri ed effimeri movimenti di rottura. Poi la giustizia ha i suoi tempi, le prove sono in corso di accertamento, i processi sono aperti, ma qui si va aldilà del tifo, non è centrale.
La Sea Watch. Quello è stato un grande stadio da gioco. Capitana vs Capitano, le coincidenze astrali non potevano portare qualcosa di più adatto al pubblico. Era come in una vera e propria partita: minima attenzione rivolta al gioco, massimo attaccamento alla maglia.
Ecco, per Roberto Saviano e Rita Dalla Chiesa si ripete la stessa circostanza. In un certo senso, loro stessi incarnano la stessa circostanza. Il parere lascia spazio al grottesco tentativo di impersonare un capo tribù, una guida per ognuna delle due fazioni rivali. “La morte di un Carabiniere in servizio non può essere usata come orrido strumento politico contro i migranti” scrive Saviano, poi la replica di Dalla Chiesa: “A me sembra, in forma buonista, una forma di strumentalizzazione pesante. Poi dite quello che volete”.
Ennesima dimostrazione del teorema del tifo. In pochi istanti la diatriba rimbalza da un titolo a un altro, ma, ancora più importante, si ripresenta costante su ogni piattaforma social. Così il magma sociale ribolle e si allarga e sfoga le sue multiple voci.
Se c’è un errore, una colpa da rilevare in tutto ciò, è la più elementare. Si è offerto il gancio a un modo di interpretare e di agire che è tutto tranne che opposizione vera. Si è dimenticato come parlare degli uomini agli uomini.
Paolo Onnis