Una domanda su quattro respinta mentre cresce il numero di chi rifiuta il Reddito di cittadinanza
A distanza di tre mesi dall’avvio del Reddito di cittadinanza appare il primo bilancio strutturato dell’Inps, relativo alla manovra che, secondo le aspettative, avrebbe dovuto cancellare la povertà. Il bilancio ridimensiona drasticamente sia l‘entità delle domande che le cifre. Mettendo inoltre in evidenza un inaspettato numero di famiglie disposte a rinunciare al reddito preferendo, al suo posto, il lavoro in nero. Nel frattempo, a monte, non sono state completate le selezioni per i Navigator, figure professionali semi-precarie, con il compito di ricercare offerte di lavoro per i beneficiari del Reddito di cittadinanza.
Il primo dato che salta agli occhi è sicuramente il tasso delle richieste rifiutate: 26%. L’importo medio che viene invece registrato è di 540€, con grandi varianti e differenze a seconda dell’area geografica. Ancora più basso l’importo medio delle pensioni di cittadinanza, che si aggira sui 210€.
Chi sono i beneficiari?
Le previsioni iniziali prendevano in considerazione un milione e 700 mila famiglie di possibili utenti. Per queste ragioni il governo aveva stanziato ben 5,6 milioni per il 2019 e altri 7,2 per il 2020. Tuttavia, già dal sei marzo, l’Inps ha ridimensionato le cifre e lo stesso Di Maio si è detto disposto a usare parte del budget per finanziare i benefici alle famiglie.
Tra le regioni con più richiedenti spiccano la Campania (123 mila), la Sicilia (117 mila), la Puglia (62 mila) e il Lazio (62 mila). Tra le città il primo posto spetta a Napoli, seguita da Roma e Palermo. Analizzando il numero di domande presentate al 30 maggio, inoltre, emerge un’enorme flessione mensile che conduce dalle 820 mila richieste di marzo fino alle 187 mila di maggio.
La Banca d’Italia stima che il 6% degli individui classificabili come “poveri assoluti” sono stranieri risiedenti in Italia da meno di 10 anni e, per questo motivo, esclusi dai benefici del Reddito. Un 35%, invece, non è in possesso dei requisiti patrimoniali o reddituali richiesti. Al Nord, dove il costo della vita è più alto, un povero assoluto ha più difficoltà a rientrare nei requisiti. La percentuale di poveri che beneficiano del reddito, infatti, si attesterebbe sul 45% per il Nord e sul 72% per il Sud.
Sempre più rinunce
Cresce sempre più il numero di chi sceglie di rifiutare il Reddito. In alcuni casi è il percorso di reinserimento lavorativo incluso nel Reddito a scoraggiare. Chi percepisce meno di 100€, infatti, spesso decide che il gioco non vale la candela. In altri casi invece la scelta è tutta “economica”. Si calcola che un numero crescente di persone rifiuti il reddito perché, si suppone, non disponendo di dati ufficiali, guadagni meglio e di più, in nero.
Il messaggio lanciato da quest’ultimo fatto ci ricorda una questione che spesso dimentichiamo. La povertà non è mai un mero problema economico ma un fenomeno culturale complesso e articolato. Fattori sociali, economici, psicologici, culturali. Non basta il denaro a eliminare la povertà così come non basta e non può bastare, come deterrente contro il lavoro in nero.
Ciò che il Reddito di cittadinanza non riesce a cogliere è proprio la dimensione socio-culturale della povertà. La triade povertà-lavoro-denaro non riesce più a soddisfare le esigenze di una classe sociale che spesso necessità di integrazione, sostegno e consulenza di natura anche economico-lavorativa, ma non solo. Ecco forse il motivo in grado di spiegarci tutte le rinunce, il drastico calo di richieste e la bassa affluenza. Gli “ultimi” hanno in un certo senso rifiutato il Reddito, chi per obbligo e chi per convenienza, sottolineando, ancora una volta, la distanza concettuale che separa lo stato Italiano dai suoi cittadini.
Andrea Pezzotta