È ormai pressoché imminente l’avvento di Antonio Conte, ex-CT della Nazionale Italiana e di Bari, Atalanta, Siena e soprattutto Juventus e Chelsea, sulla panchina nerazzurra, dopo il biennio passato tra luci ed ombre con Luciano Spalletti in sella e con in dote due piazzamenti Champions consecutivi, e la folla nerazzurra in queste ultime ore, per non dire settimane, molto si è dibattuta circa l’opportunità di vederlo più o meno adatto a guidare una squadra notoriamente umorale come l’attuale Inter.
Premesso e non concesso che ogni opinione, sempre se costruttiva, sia lecita e che come tale debba essere rispettata, è nostra intenzione cercare di spiegare brevemente i motivi per i quali una figura come Antonio Conte, nonostante il suo passato da “uomo Juve”, sia il candidato assolutamente ideale per rilanciare un’Inter che, dopo anni di anonimato puro, è cresciuta decisamente, ma che ancora necessita dell’ulteriore step in avanti per proseguire lungo questa crescita.
In primo luogo, il buon Antonio da Squinzano (provincia di Lecce) ha la stessa incidenza carismatica di un navigato frontman all’interno delle più arcinote Rock Band mondiali: basti pensare al primo anno di Juventus dove, circostanze assai “fortunate” a parte, è riuscito proprio con il suo carisma ad infondere certezze a un gruppo, come quello bianconero di allora, che non aveva certamente la rosa per poter competere fin da subito per il titolo con i vari Pepe, Giaccherini, Bonucci e Chiellini (che prima dell’avvento dell’ottimo Barzagli non erano nemmeno lontani parenti di quelli che poi avrebbero costituito la famosa “BBC bianconera”), ma che comunque al primo colpo, come anche nel Chelsea, è riuscito nel proprio intento.
Il tecnico salentino ha, inoltre, dimostrato, causa la sua indole di uomo ambizioso e, soprattutto, professionista a 360 gradi, di saper prendere di petto ogni situazione e di mettere costantemente al servizio della squadra anche una grande dose di saggezza che, a livello squisitamente tattico, si evidenzia grazie a una capacità di saper impostare e, soprattutto, leggere le partite in modo adeguato: basti pensare che al 4-2-4 impostato ad inizio carriera, ha saputo alternare altri moduli come il 3-5-2, il 3-4-3 e via dicendo, senza però mai smarrire identità di gioco e di squadra.
Oltre a ciò, però, vanno anche evidenziati i punti negativi della suo “modus operandi”: in particolare al secondo anno di Chelsea, anche per via di un mercato estivo/invernale decisamente inadeguato rispetto alle sue aspettative, egli ha avuto praticamente quasi l’intero spogliatoio contro, soprattutto a partire con l’esplosione dell’ “affaire” Diego Costa, e anche al terzo anno di Juventus, nel luglio 2014, ha avuto molto da ridire contro la figura di Andrea Agnelli, per via di richieste di mercato a lui fatte e non esaudite, al punto da dimettersi, rischiando di mettere in una posizione di difficoltà la società bianconera che poi da lì a poco avrebbe ingaggiato dal Milan Massimiliano Allegri. Inoltre, proprio per questa sua indole aggressiva (in senso buono), nella gestione dei singoli giocatori spesso ha anche difettato in realtà, spremendoli spesso e volentieri fino al midollo, un po’ “à la Mourinho”, e non facendoli rendere l’anno successivo come in quello precedente.
Pertanto, la scelta da parte di Marotta di affidarsi alle cure del comunque ottimo Antonio Conte è quindi da comprendere all’interno di un progetto complessivo di crescita sempre più costante della squadra che, come ovvio, andrà necessariamente rivisitata, per non dire ribaltata come ai tempi di Lenin nella celeberrima “Rivoluzione D’Ottobre”, ma che potrebbe anche avere qualche criticità, qualora i risultati non dovessero arrivare da subito…e sappiamo bene come, purtroppo, il pur pazientissimo pubblico nerazzurro, anche quest’anno estremamente ammirevole in termini di presenze medie allo stadio, certe cose non le perdoni tanto facilmente, specialmente se parliamo di un personaggio che, come l’ex-CT dell’Italia, proviene dal mondo di “quelli là”.