È conosciuto dai più per le sue partecipazioni a Zelig e Zelig off, ma Flavio Oreglio è anche uno scrittore ma soprattutto un musicista molto legato alla musica popolare e alle sonorità tradizionali saggiamente mescolate a quelle più moderne. Pianista e chitarrista Flavio Oreglio racchiude in sé una molteplicità di forme artistiche ed espressive. Lo abbiamo incontrato ed intervistato al FIM (Salone della Formazione e Innovazione Musicale), giunto alla sua settima edizione.
In veste di musicista, ci spiega un pò la sua ‘Anima popolare’?
Intanto il concetto generale, io arrivo dalla musica sono nato come musicista e cantautore ed ho sempre fatto questo tipo di attività. Casualmente sono stato conosciuto per una serie di motivi, come ‘poeta catartico’ ma va benissimo, è una cosa che non rinnego. Però anche lo spettacolo del poeta catartico a ben vedere era uno spettacolo musicale. Un gruppo di 4 elementi a cui mi aggregavo io con la chitarra e pianoforte cantando. E lo spettacolo era fatto di canzoni e monologhi e poi c’erano le poesie catartiche che erano 5 minuti su uno spettacolo di due ore. Anima Popolare è il nuovo progetto nato del tutto casualmente nella terra dell’Oltrepò Pavese perché ho incrociato dei musicisti che sono cultori di una musica tradizionale, una delle 5 musiche autoctone italiane, la così detta musica delle 4 provincie che viene coltiva proprio nell’Oltrepò pavese. Una landa che si incunea tra l’Emilia Romagna la Liguria e il Piemonte. Pavia Alessandria Genova e Piacenza sono appunto le 4 provincie. Questa musica viene fatta con dei pifferi che sono antenati dell’oboe ed esiste da più di 500 anni, è molto radicata. Adoperano anche fisarmoniche e cornamusa. Loro con questo animano le feste popolari e le musiche sono sempre associate anche a dei balli specifici.
Come hai conosciuto quindi questi musicisti?
Loro sono venuti ad una festa che io avevo organizzato nell’Oltrepò, ci siamo trovati subito e abbiamo pensato che potevamo fare qualcosa insieme. La musica delle 4 provincie richiama molto quella popolare italiana ed è una commistione che richiama anche le tonalità celtiche.
Io ho una mentalità che deriva dalla mia adolescenza, I primi anni 70. Nel mondo imperversava una grande creatività. Che produceva dei capolavori e delle cose terrificanti. Sono gli anni dei Genesis e dei King Krimson, questo mondo era caratterizzato dalla sperimentazione perché mescolavano I generi. Io sono cresciuto con questa mentalità e ancora oggi a 60 anni me la porto dietro.
Cosa ci dici della grande scuola cantautorale milanese?
È un mio grande riferimento ma stanno emergendo in questi anni delle connessioni interessantissime fra diversi mondi che magari apparentemente possono sembrare diversi. Per esempio la canzone d’autore a Milano nasce dal cabaret. Io sono 20 anni che mi occupo del tema del cabaret, la storia del cabaret in Italia non è mai stata raccontata, non si sa cosa sia il cabaret e si pensa che si qualcosa che non è, cioè quello che si vede in televisione. Dagli anni 70 in poi c’è stato un cambiamento che non è stato arginato. Il cabaret per esempio con I comici non c’entra niente, I comici fanno il varietà, fanno l’avanspettacolo…
Io curo l’archivio storico del cabaret italiano che studia la storia di questa arte in Italia ma anche in Europa e le connessioni tra le due.
In Italia dove nasce il Cabaret?
Il Cabaret in Italia è una storia di Milano, ma non è una storie di milanesi. Questo è il punto. Il Cabaret, lo dice la storia, è stato fatto solo a Milano. Però io rilevo il fatto che il cabaret fatto a Milano non è una questione campanelistica ma una questione nazionale, perché era fatto da gente che arrivava da tutta Italia. Un esempio emblematico e caratteristico è proprio il Gruppo Motore di Enzo Jannacci, nato in un locale, il CUP 64, di cui non si parla mai. Chi erano? Cochi e Renato che arrivavano dal varesotto, Bruno Lauzi, dalla Liguria, Lino Toffolo dal Veneto e Felice Andreasi dal piemonte: non c’era un milanese. Però erano a Milano. Perché Milano permetteva quel tipo di espressione e di spettacolo. Nebbia partì da Roma per venire a fare il suo spettacolo, quindi Milano è stata la culla del cabaret italiano. E nei locali di Milano, dal Cabaret è nata la canzone d’autore. Fo, Jannacci, Gaber, I Gufi, Svampa, Valdi. Ma dirò ancora di più: tutta la canzone d’autore nasce dal Cabaret, dalla fine dell’800 Il lato oscuro della bella epoque che era un periodo di crisi economica dove c’era gente che stava benissimo e gente che non arrivava a fine mese, esattamente come oggi. Aristid Bruand concentrava le sue canzoni sui delinquenti e sui disadattati, sui barboni e sulla gente che non ce la faceva, sulle puttane…questo se ci pensi bene è il mondo delle canzoni di De Andrè ma anche di Fo e Jannacci.