Il complesso mondo dell’agricoltura è uno dei beni più preziosi dell’umanità. La forte tendenza di spostamento verso le città, però, porta con sé delle riflessioni necessarie; si stima infatti che entro il 2050 oltre il 70% delle persone vivrà in città. Come sarà l’agricoltura del futuro e, soprattutto, come dovrà cambiare la nostra vita?
Sono molte le menti che riflettono sulle sorti della nostra vita e della nostra alimentazione. Molte delle soluzioni a cui pensano portano ad uno spostamento della campagna verso la città. Avete capito bene, è probabile che l’agricoltura del futuro troverà posto nel panorama urbano. Sembra impossibile? Ecco tre soluzioni che hanno del potenziale.
Il ciclo perfetto
Lo studio Precht ha progettato un sistema di allevamento e agricoltura che ricrea il ciclo dei meccanismi naturali: sfruttando l’acqua piovana e gli scarti alimentari come compost per il terreno, il progetto dà vita ad una fattoria urbana che ospita anche ortaggi e frutta.
La superfarm
Lo studio Nab, invece, ha lo scopo di creare un vero e proprio ecosistema in ambiente urbano: il progetto ruota attorno ad un singolo edificio dedicato alla produzione di cibi con alto valore nutritivo. L’edificio dovrebbe ospitare alghe, arnie e colture acquaponiche, in serre e in spazi aperti, sviluppando così una “superfarm” (super fattoria).
L’agrivillaggio
L’ultima soluzione di cui parleremo è quella italianissima dell’agrivillaggio: un incrocio tra un’azienda agricola e un quartiere eco-sostenibile, che mira ad abbattere i costi alimentari ed energetici. L’idea è di Giovanni Leoni, imprenditore agricolo di Vicofertile, a 3 km da Parma. Il progetto punta ad ospitare circa sessanta famiglie in immobili unifamiliari ordinati nei 260 ettari di proprietà dell’azienda. L’obiettivo è quello di provvedere al sostentamento alimentare, energetico e sociale di tutti gli abitanti, sfruttando una tipologia di agricoltura che soddisfi in primis l’agrivillaggio e solo eventualmente l’esterno. I campi verrebbero lavorati solo da manodopera altamente specializzata e le decisioni verrebbero prese democraticamente. Gli abitanti quindi non sarebbero impiegati totalmente nella vita di campagna: continuerebbero a lavorare in città spostandosi con mezzi pubblici, avendo però sempre cibo di ottima qualità sotto casa. Non si tratta quindi di una “comune”, ma un villaggio molto vicino alla città, che si integri con essa perfettamente.
Delle tre possibilità proposte, quella dell’agrivillaggio sembra essere la migliore per quanto riguarda la qualità del cibo perché la coltivazione avviene lontano dallo smog. Le altre due proposte, però, sviluppandosi verso l’alto, non necessitano di grandi porzioni di spazio, e non comportano spostamenti verso le periferie delle città.
Prevedere come sarà l’agricoltura del futuro è ancora difficile, ma è fondamentale conoscere le possibilità che potremmo avere come cittadini. Come saranno le nostre case? Come riusciremo a nutrirci? Soltanto il tempo ce lo dirà.
Angelika Castagna