Filofranchisti di nuovo in Parlamento, una Catalogna che rinnega Puidgemont e un’affluenza record: tutto quello che per ora si può dire sulle elezioni in Spagna.
Sono usciti vittoriosi i socialisti dalle elezioni in Spagna che, domenica 28 aprile, hanno visto un’affluenza record di cittadini chiamati al voto. Con un 75,75%, gli spagnoli hanno espresso la loro preferenza, con un aumento di oltre 9 punti rispetto al 66,48%, delle precedenti consultazioni del 2016.
La vittoria è formalmente socialista ma dovrà comunque fare i conti con il non raggiungimento della maggioranza. Le Cortes Generales prevedono infatti una maggioranza assoluta con 176 seggi. Il partito del primo ministro uscente, il socialista 47enne Pedro Sánchez, ha conquistato il 28,7 per cento dei voti e 123 seggi, mentre Unidos Podemos, l’altro partito di sinistra, ha raggiunto il 14,3 per cento e 42 seggi.
Più amara la conta dei voti per quasi tutta la destra: il Partito Popolare (PP) ottiene 66 seggi, mentre Ciudadanos si ferma a 57. Osservato speciale il partito di estrema destra Vox: con la sua ideologia contro gli immigrati e il femminismo ha ottenuto 24 seggi. Si tratta di un risultato dall’importanza storica e sociologica evidente: è la prima volta dal 1982 che un partito di estrema destra riesce a entrare in Parlamento, anche se con un numero di seggi inferiore a quello pronosticato dai sondaggi per le elezioni in Spagna.
Un commento a parte merita poi ERC, il partito della sinistra indipendentista catalana, con i suoi 15 seggi conquistati. Sembra infatti aver ormai scalzato competamente Junts per Catanuya e il partito non indipendentista PSC. Un traguardo conquistato mentre il leader Junqueras si trova a in carcere a Madrid, in attesa della sentenza che potrebbe condannarlo per ribellione e sedizione.
Le possibili alleanze e il pentapartitismo
Complicato ora lo scacchiere delle alleanze: il PSOE di Sanchez potrebbe ora cercare di trovare un accordo con il partito nazionalista basco o con gli indipendentisti catalani. Altri commentatori sostengono che il leader dei socialisti si rivolgerà a Ciudadanos, partito collocato sempre più a destra sulla scena politica spagnola. Se la risposta di Ciudadanos fosse però coerente con quanto annunciato in campagna elettorale dal leader Rivera, non vi sarebbe alcuna possibilità di collaborare.
La situazione che emerge dalle elezioni in Spagna è quasi completamente nuova, anche se ampiamente prevista: El País aveva anticipato nei giorni scorsi uno scenario dominato dal “pentapartitismo imperfetto”. Dopo molti anni, infatti, non è più la sola rivalità tra i due partiti tradizionali (PSOE e PP) a fare da padrona sulla scena politica spagnola. A questi due si aggiungono infatti Unidos Podemos, coalizione di sinistra formata da Podemos e Izquierda Unida, oltre a Ciudadanos e a Vox, che ha fatto il suo debutto politico a dicembre 2018 nel parlamento della regione autonoma dell’Andalusia.
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Le elezioni di domenica 28 aprile sono state elezioni anticipate, convocate a metà febbraio dal primo ministro uscente Sánchez, dopo una lunga crisi di governo. Sánchez è infatti diventato primo ministro a giugno del 2018, dopo che Mariano Rajoy, leader di PP, è stato sfiduciato dal Parlamento. Il governo Sánchez quindi ha potuto contare in questi ultimi mesi sull’appoggio della sinistra di Podemos e sui piccoli partiti indipendentisti e nazionalisti, ma ha avuto vita breve. La legge di bilancio di febbraio ha trovato l’ostilità dei catalani indipendentisti e ciò ha irrimediabilmente compromesso gli equilibri nella maggioranza.
In un Paese considerato fino a poco tempo fa uno dei più stabili dell’Ue, Sánchez si è quindi visto costretto a convocare nuove elezioni, le terze in quattro anni. Elezioni caratterizzate da uno scontro tra leader particolarmente giovani: sulla scena si sono presentati infatti oltre a Sanchez, Pablo Casado di PP, che con i suoi 38 anni la scorsa estate ha scalzato Rajoy (alla guida del partito dal 2003), Pablo Iglesias di Unidos Podemos e Alberto Rivera di Ciudadanos, entrambi quarantenni e Santiago Abascal di Vox, 43 anni, già deputato del Parlamento dei Paesi Baschi.
Elisa Ghidini