Se dovesse mantenere anche solo una piccola parte delle promesse portate avanti in campagna elettorale, la quarta democrazia del mondo potrebbe non essere più la stessa. In quattro mesi però, il presidente Bolsonaro è riuscito a fare ben poco.
Soprannominato il «Trump brasiliano», Jair Bolsonaro si è insediato quasi quattro mesi fa come 38° presidente della Repubblica Federale del Brasile. Noto soprattutto per le numerose dichiarazioni controverse snocciolate in decenni di presenza sulla scena politica e militare sudamericana, a ottobre 2018 aveva ottenuto la vittoria con il 55, 13% dei voti.
A oggi il presidente Bolsonaro si ritrova invece con un governo claudicante, che ha perso già due dei suoi ministri, con un’indagine che sta coinvolgendo il suo partito per presunti finanziamenti illeciti e con un figlio senatore, indagato per corruzione. A rincarare la dose in questi mesi sono poi arrivate dichiarazioni sparse contro le donne, gli omosessuali, gli immigrati e inneggianti la dittatura militare. All’attivo del governo Bolsonaro pochi ma eloquenti successi politici: la semplificazione per l’acquisto di armi (mediante un’autocertificazione che dichiari la residenza in una città pericolosa o in un’area rurale e pochi altri requisiti) e un accesso privilegiato alle grandi aziende che mirano a sfruttare la foresta Amazzonica.
Consenso in picchiata
Il consenso attorno al suo operato è però in costante calo. Già a marzo, secondo l’agenzia Bloomberg, la percentuale di coloro che consideravano positivo l’operato dell’amministrazione era sceso al 34% dal 49% di gennaio. Percentuali di gradimento ben lontane da quelle raggiunte a seguito dell’attentato che lo aveva visto vittima, a settembre 2018, un mese prima delle elezioni, quando un uomo con problemi psicologici lo accoltellò.
Il motivo di tanta delusione da parte del popolo brasiliano viene principalmente individuato nella riforma pensionistica che Bolsonaro sta tentando ripetutamente di fare approvare. L’obiettivo è quello del risanamento delle finanze pubbliche. La manovra è però decisamente malvista dall’opinione pubblica, perché punterebbe a innalzare l’età di pensionamento fino ai 65 anni per gli uomini e a 62 anni per le donne. Spazzerebbe via quindi molti dei privilegi che oggi consentono ai lavoratori brasiliani di andare in pensione prima dei 50 anni.
Oltre alla difficoltà oggettiva di fare approvare una riforma così rigida in uno dei sistemi oggi più generosi al mondo, per quanto riguarda l’ambito delle pensioni, c’è un ostacolo soggettivo. Non potendo contare solamente sulla cinquantina di parlamentari del suo partito, il presidente Bolsonaro dovrebbe costituire una vera e propria coalizione per puntare alla maggioranza sui quasi seicento membri del parlamento. La sua personalità intollerante e le sue dichiarazione controverse lo rendono però un alleato difficile da gestire all’interno degli equilibri politici, tanto da essere criticato da deputati e senatori afferenti al suo stesso gruppo parlamentare. A completare un’immagine politica ormai compromessa, lo stesso Bolsonaro ha dichiarato al New York Times di “essere nato per fare il soldato, non il presidente”.
Le divisioni all’interno del partito
Secondo Augusto Heleno Riberio, ex generale e ora responsabile della sicurezza per il governo Bolsonaro, è ai militari che la popolazione oggi guarda come forza moderata e di stabilità all’interno di una situazione politica dominata dall‘impulsività del Presidente. Anche in questo ambito però non mancano le divisioni: tra i sostenitori del suo partito vi sono anche i fedelissimi di Olavo de Carvalho, filosofo di estrema destra a cui Jair Bolsonaro si ispira.
Qualche giorno f,a Carvalho ha trasmesso dagli Stati Uniti un video in cui critica pesantemente il gruppo dei militari e, indirettamente, il vicepresidente e generale Hamilton Mourao. Il presidente Bolsonaro si è quindi visto costretto a una presa di posizione, giudicata però dalla stampa internazionale troppo debole, e ha affidato al suo portavoce un tiepido tentativo di mediazione, sostenendo che le recenti dichiarazioni di Carvalho “non contribuiscono all’ottenimento degli obiettivi del governo”. La riappacificazione sembra però ancora più lontana, visto che alcuni organi di stampa hanno avanzato l’idea che quella di Bolsonaro sia una mossa fintamente distensiva e che sia proprio lui il promotore delle critiche contro Mourao.
Elisa Ghidini