Le immagini della Cattedrale di Notre Dame in fiamme, che hanno fatto il giro del mondo, ci hanno sconvolto e impietrito al tempo stesso. È l’immancabile senso di stupore e consapevolezza sulla fragilità e la temporalità dell’opera umana che, nel bene e nel male, non è in grado di avere il controllo totale sul destino, né sull’immanenza.
Il cuore della capitale francese che brucia: un simbolo della cristianità, dell’Europa; le dichiarazioni provenienti dal mondo della cultura, della chiesa e della politica si avvicendano cercando di trovare una risposta, per quanto possibile, una volta scampato il terrore terroristico.
Errore umano, fatalità e difetti nella fase di ristrutturazione si faranno strada una volta che le luci della ribalta saranno nuovamente spente su questo ennesimo disastro. Il fatto che non ci siano stati morti, accelererà sicuramente la fase investigativa, focalizzando l’attenzione sui vari attori in corso, compreso il lavoro tempestivo e straordinario dei vigili del fuoco, tra i quali però è da segnalare un ferito.
Tutti insomma faranno la loro parte per ricordare come la struttura non ha avuto conseguenze fatali e soprattutto non vi siano vittime.
Eppure una vittima c’è! Si chiama Notre Dame!
Il valore artistico di una delle costruzioni gotiche più famose del mondo va oltre il suo valore simbolico e spirituale; ovvero le racchiude in esso. La Guglia di 45 metri, costruita nel 1860, che arde, freme e alla fine cade è stata tristemente associata al crollo delle Torri Gemelle e questo la dice lunga sul grado di consapevolezza artistica, prima che storica che manca a buona parte della società contemporanea.
Non è solo una differenza urbanistica e storica quella tra una Cattedrale risalente al 1163 e le torri di New York costruite nel 1966. Il cuore pulsante del misticismo mitteleuropeo non incontrerà mai il destino del cuore finanziario del mondo, se non fosse per l’azione fisica della caduta. E il fatto che la tragedia del 2001 abbia avuto migliaia di morti, è un altro valore distintivo.
Ciò che forse non si comprende è che quando un’opera così viene colpita, è il senso stesso della propria identità culturale ad essere colpita e questo ha lo stesso valore di una strage umana.
La cattedrale della pace interiore e dell’estasi
Chi ha visitato la Cattedrale di Notre Dame, avrà sicuramente un ricordo profondo legato a tante cose: il senso di solennità sacrale delle colonne, degli affreschi; l’ampiezza degli archi e dei pinnacoli che sembrano avvolgere tutto ciò che li attraversa; la presenza della luce che sorge “divina” dalla facciata di Saint – Denis; la terrazza dalla quale i gargoyle scrutano l’orizzonte della città, con inquietante e malinconica attesa.
Ma quello che è davvero unico a Notre Dame è quella strana percezione di “pace”; una pace che ha tanti colori come quelli del rosone settentrionale, dove il silenzio immanente diventa tessuto armonico delle stesse voci che animano la sacrestia e dove tutto ciò “stranamente” non disturba, ma ti guida a un momento di leggera e naturale estasi.
Tutto è fermo e pacato, in quell’esplosione di linee geometriche cangianti; eppure tutto si muove dentro l’animo del visitatore ed è bello rendersi conto di come, una foto o un video possano disturbare quel senso di quiete unico al mondo e quindi; “meglio godersi appieno quel momento di pace.
Notre Dame non è la Basilica di San Pietro; non è la Chiesa siriana di Santa Maria della Sacra Cintura, ora distrutta e che con i suoi 2.000 anni di storia non viene ricordata neanche per essere stata l’ultimo luogo di culto, dove la messa veniva celebrata in Aramaico. Molte opere anche più vecchie non riceveranno la donazione milionaria di Francois Pinault e della bella e famosa consorte/attrice Salma Hayek, ma pensare a com’era Notre Dame e come sarà, dopo è un dovere poiché esseri umani, prima che europei e cristiani.
Non ci sarà probabilmente un novello genio come Victor Hugo che, con le vicende del suo Gobbo Quasimodo, tornò a far rivivere la cattedrale di Notre Dame, dopo i saccheggi della Rivoluzione, le sommosse del 1830 che posero la cattedrale in uno stato di degrado inspiegabile.
La premonizione di Victor Hugo
Nella prefazione de Il gobbo di Notre Dame, Victor Hugo pone l’accento sulle “meravigliose chiese medievali” e su come sono state trattate per duecento anni.
“Forse, lamentava lo scrittore, la chiesa stessa scomparirà presto dalla faccia della terra”.
Quello che molti avranno letto solo nelle ultime ore, riguarda una sorta di profezia che Victor Hugo, a proposito di un grande incendio nella cattedrale.
“Una grande fiamma che montava tra i due campanili, con turbini di scintille e sotto di essa, la cupola balaustrata in tagliata a trifogli di brace e due grondaie fatti a fauci di mostri vomitavano senza posa quella pioggia ardente”.
Una descrizione esaustiva, quanto terribile alla luce di ciò che è successo ieri, ma che ebbe il merito di richiamare l’attenzione generale sull’arte del Medioevo, fino allora sconosciuta ad alcuni, e persino osteggiata da molti.
E mente il Grand’Goule mantiene ferme le sue ali da demone/rettile e quello sguardo indagatore, ormai stanco di non poter entrare nelle grandi stanze divine, un pezzo di cuore collettivo brucia come quella guglia, ma deve tornare presto a battere e comprendere che, nel corso delle epoche la bellezza stessa può cambiare pelle, purché sia lo spirito a rimanere limpido, come la luce dalla facciata di Saint –Denis.
Fausto Bisantis