A Washington, a parlare è Visco di fronte al Fmi: “Reddito di cittadinanza e quota 100 potrebbero non aiutare la crescita”
Ѐ proprio a Washington, durante la prima sessione primaverile del Fmi, che il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, invia il suo monito al governo italiano gialloverde: “Reddito di cittadinanza e quota 100 – afferma Visco – potrebbero non aiutare la crescita”. Le preoccupanti affermazioni del governatore aprono così una sessione di domande, una tempesta di interrogativi che egli ha dovuto affrontare, presso il Council on Foreign Relations, portando così la delicata questione del debito italiano nelle pagine internazionali, nei palazzi della grande economia, dove si decidono le sorti e dove si esercita il potere delle persuasione ma anche della dissuasione.
“Il debito pubblico va tenuto sotto controllo”, ha osservato Ignazio Visco di fronte ai partner internazionali, seduti a Washington in un incontro plenario contornato di incontri bilaterali, come quello con Steve Mnuchin, il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti. Un annoso debito attanaglia l’Italia e la formula ‘Reddito di cittadinanza e quota 100’ non può dirsi una soluzione, piuttosto, secondo il governatore della Banca d’Italia, le due manovre a firma gialloverde rischiano di frenare la crescita italiana, non dando alcuno slancio alla produttività e quindi al Pil.
Nel programma di stabilità, le ragioni della bassa crescita italiana
La crisi del debito pende sull’Italia come una spada Damocle. Nell’ultimo aggiornamento del Def, le stime del governo sono salite di due punti, dal 130,7 al 132,6 per cento, un obiettivo criticato poiché si basa su 1 punto di Pil di privatizzazioni non ancora concretizzato. Contestualmente, la spesa per interessi crescerà dai 64 miliardi di quest’anno ai 73,7 messi in programma nel 2022. Ne risulta che, nei prossimi tre anni, il servizio al debito costerà in media il 9,1% in più di oggi; in valore assoluto, il conto aggiuntivo accumula 17,4 miliardi in tre anni. Nelle tabelle del Def, pubblicate dal ministero dell’Economia, si va alla ricerca delle spiegazioni. Nel programma di stabilità, si rintracciano le ragioni della copiosa forbice nel differenziale di rendimento italiano rispetto ai principali Paesi dell’area euro: sono state le «forti tensioni sul mercato dei titoli di Stato» alimentate dalle «vicende politiche che hanno caratterizzato la formazione del governo italiano» e «l’elaborazione del programma del nuovo governo» a determinare una tale preoccupante situazione. Contestualmente, le tensioni geopolitiche internazionali hanno contribuito a determinare lo scenario odierno. D’altronde, se non si è in grado di rispondere ai problemi interni, ancor meno si è in grado di far fronte a quelli provenienti dall’esterno.
Una molteplicità di dichiarazioni e il caso-Italia chiude l’incontro plenario del Fmi
Il caso-Italia resta quindi all’ordine del giorno nei tavoli internazionali di cooperazione. Nella conferenza stampa plenaria della direttrice dell’Fmi, Christine Lagarde, il tema della bassa crescita italiana è prepotentemente riemerso. “Apprezziamo le intenzioni – ha asserito la Lagarde – ma è necessario tradurle in provvedimenti identificabili, misurabili e credibili”. Nel frattempo, Visco ha tentato di formulare rassicurazioni, affermando che “l’export italiano tiene” e l’Europa “non è vicina alla recessione”, ma che il problema della crescita “anemica” italiana ha all’origine un “problema strutturale”.
Si è chiuso così l’incontro plenario del Fondo Monetario Internazionale, con una molteplicità di dichiarazioni che ha visto protagonista di nuovo l’Italia. Il Presidente della Banca Centrale europea, Mario Draghi, ha rincarato la dose, affermando che le priorità per l’Italia sono crescita e occupazione. Mentre l’Italia veniva additata come un possibile rischio per la stabilità dell’economia europea, il ministro Tria ha negato l’esistenza di un problema-Italia e il governatore Visco ha ribadito la necessità di un’ampia riforma fiscale. Se il problema è strutturale, i problemi vanno affrontati alla radice: curare i sintomi non eradica la malattia.
Giulia Galdelli